Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Ma l'ultimo giorno di scuola sarebbe stato necessario
Niente conclusione vera ed elaborata, quindi, dell’asilo, delle elementari, delle medie, delle superiori. Saltare il termine di un percorso scolastico durato anni non è più una questione didattica, ma esistenziale, cioè di perdita di esperienze, relazioni, ricordi e simboli. Chiudere o non chiudere un ciclo della vita non può non incidere sul futuro. I cicli sono i processi che cominciano, si sviluppano e si concludono nel corso dell’esistenza.
Per delibera del Comitato tecnico scientifico, l’anno scolastico si chiude con un click sul tasto “Leave Meeting” di Zoom. E’ stato deciso che bambini e ragazzi, rivedendosi dopo tanto tempo a causa del confinamento domiciliare, si abbraccerebbero creando assembramento.
Niente ultimo giorno di scuola con foto, gelato per tutti e gavettoni per i più scatenati. Ma non solo questo. Che dire delle classi 2001, 2006, 2009, 2014? Sono, comprendendo anche i ragazzi di altre età che hanno dovuto ripetere, gli studenti destinati a non rivedere più la stessa scuola, aula, banco, compagni, insegnanti e bidelli con cui hanno condiviso un percorso.
Niente conclusione vera ed elaborata, quindi, dell’asilo, delle elementari, delle medie, delle superiori. Saltare il termine di un percorso scolastico durato anni non è più una questione didattica, ma esistenziale, cioè di perdita di esperienze, relazioni, ricordi e simboli. Chiudere o non chiudere un ciclo della vita non può non incidere sul futuro. I cicli sono i processi che cominciano, si sviluppano e si concludono nel corso dell’esistenza.
Se un qualunque ciclo rimane sospeso, interferisce sullo sviluppo personale, un po’ come un rubinetto non riparato che continua a gocciolare. Come si poteva far elaborare la conclusione a questi bambini e ragazzi senza “assembrarli”? Proprio come quando vengono consegnate le pagelle, o come nell’orale di maturità di quest’anno, il Ministero poteva prevedere almeno per questi alunni un appuntamento personale con maestri e professori.
Ogni scolaro avrebbe avuto l’opportunità di sedersi sul proprio banco, essere rassicurato in presenza dai docenti, vedere consegnate di persona le proprie cose. Una dignitosa mezz’oretta per elaborare con adulti significativi quanto accaduto, per portare un disegno fatto in quarantena, una poesia sul compagno di banco, una ricerca su un argomento a piacere. Neppure i sentimenti degli insegnanti sono stati considerati, né il diritto di mamme e papà di commuoversi fuori dal cancello della scuola.
E’ importante concludere e dare un senso alle vicende umane, non fosse altro perché si impara a portare a termine le cose buone. Allora forza genitori, potete farcela ancora! Voi che conoscete i vostri figli non fate passare inosservato l’ultimo giorno di scuola, create riti di conclusione adatti, passate davanti alla sua scuola e fate in modo che la saluti, perché tornare a settembre e vedere la classe occupata da altri studenti non è la soluzione.
Era il 10 luglio 1882, ultimo giorno di scuola per il piccolo Enrico Bottini in Cuore.
«Entrò il maestro: si fece un grande silenzio. “Ragazzi, questa è l’ultima volta che ci troviamo riuniti. Se qualche volta m’è scappata la pazienza, se qualche volta, senza volerlo, sono stato ingiusto, troppo severo, scusatemi. Scusatemi -ripeté il maestro- e vogliatemi bene. L’anno venturo non sarete più con me, ma vi rivedrò e rimarrete sempre nel mio cuore. A rivederci, ragazzi!”
… Corsi da mio padre e da mia madre. Mio padre mi domandò: “Hai salutati tutti i tuoi compagni?” Dissi di sì. “Se c’è qualcuno a cui tu abbia fatto un torto, vagli a dire che ti perdoni e che lo dimentichi. C’è nessuno?” “Nessuno” risposi. “E allora addio!” disse mio padre, con la voce commossa, dando un ultimo sguardo alla scuola. E mia madre ripeté: “Addio!” E io non potei dir nulla».