Da quasi un mese, nella sua malattia, Francesco è sostenuto giorno e notte da una incessante preghiera...
7 aprile 1944: il ricordo di Anna, che scampò alla morte insieme ai genitori: “Quel terribile boato”



Certe date non si possono dimenticare: 7 aprile 1944. Avevo 6 anni, mi trovavo a Treviso con i miei genitori perché dovevo essere sottoposta a delle cure ortopediche. Avevamo raggiunto il centro storico con il calesse guidato da mio papà Vittorio. A un tratto, erano le ore 13 circa, sentimmo l’ululato della sirena: era l’allarme antiaereo. Mio papà voleva portare me e la mamma al rifugio, mentre lui avrebbe trovato un posto dove lasciare il carro e il cavallo. Mia mamma cominciò a supplicarlo con tutte le sue forze di prendere la via del ritorno: dovevamo tornare a casa perché c’erano altre due figliolette (di 9 e 2 anni) che aspettavano. Vedevo una moltitudine di persone disperate che correvano al rifugio antiaereo: in breve tempo era già stipato di gente. Papà voleva lasciarci lì. Mia madre Serafina, però, non sentì ragione e, da donna risoluta qual era, gli intimò di portarci a casa. Ho davanti a me il volto terrorizzato di mio padre: stava rivivendo l’angoscia a lungo provata sul fronte del Piave. Sento ancora le frustate che cominciò a dare alla cavalla: eravamo in pericolo e bisognava uscire al più presto dalla città. La carrozza correva velocissima in un arco di tempo interminabile e disperato. Ancora oggi ricordo la sensazione di presagio per una catastrofe imminente, che si è materializzata in un suono, un boato così orribile che ancora oggi può risuonare nelle mie orecchie. A Porto di Fiera il papà fermò il calesse e ci voltammo tutti e tre: fumo e fiamme si levavano nel cielo. Una scena da Apocalisse, peggio dell’Inferno. Quel giorno ci furono a Treviso migliaia di morti e un’ecatombe nel rifugio antiaereo; è grazie alla determinazione e all’istinto di mia madre se oggi sono qui a ricordare quel giorno.
Perché ho voluto raccontare a un giornale tutto questo, a 87 anni? Ho deciso di farlo soprattutto per i miei nipoti e per tutti i giovani: quello che ho vissuto è ancora vivo nella mia mente anche se è trascorso tanto tempo. Quando ti tocca o soltanto ti sfiora la tragedia della guerra, ti segna per sempre, in un modo o nell’altro. Vedo scenari di guerre lontane, ma c’è da parte nostra la consapevolezza che possono diventare vicine? Si continua a vivere come se niente fosse, ma, se siamo arrivati dove siamo arrivati, vuol dire che la Storia non ci ha insegnato nulla. Peccato, perché chi ci rimetterà non saranno i potenti, anche questo la Storia ce lo insegna, ma la gente comune, cioè noi. E passi per i vecchi e gli adulti, che poco hanno da perdere, ma i giovani, i bambini no. È per loro che scrivo: alzate la testa dai cellulari, dal conformismo, dal ben-avere, dal mito dell’apparire e andate al nocciolo di ciò che vale davvero nella vita, prima che ci si chieda: “Come abbiamo potuto arrivare fino a questo?”.