Solo eccentrico o anche pericoloso?
Quelle che molti ritenevano delle “sparate” un po’ eccentriche di...
L’Indo-Pacifico e la Cina
Trump vuole a qualsiasi costo arrivare a una pace con Vladimir Putin e definire le rispettive sfere di influenza nell’Eurasia, perché per l’America rimane sempre prioritario il fronte militare ed economico dell’Indo-Pacifico, con al centro la Cina. Però, mentre Biden voleva smorzare le pretese imperialiste di Mosca con una guerra che essa non avrebbe potuto vincere, allo scopo di indebolirla e concentrarsi, così, sulla vera sfida cinese, Trump, invece, pur avendo lo stesso obiettivo finale (la sfida con la Cina), ritiene che il sostegno dell’Occidente all’Ucraina, contro la Russia, non abbia fatto altro che spingere Mosca tra le braccia di Pechino, rafforzando, così, il vero concorrente commerciale e politico degli Stati Uniti. Per gli americani, dunque, l’obiettivo è sempre lo stesso, ma, chiaramente, il metodo e la strategia seguiti da Biden e da Trump sono molto diversi. Di questo imprevedibile cambio di politica, Europa e Ucraina devono farsi una ragione, e comportarsi di conseguenza.
Mire imperialiste
Da sempre, chi è potente e prepotente può permettersi di usurpare il trono del vicino. È sbagliato e ingiusto, ma la storia insegna che gli interessi economici portano molto spesso in quella direzione. Purtroppo, chi ha ambizioni imperialiste e neocolonialiste come le grandi potenze, Russia, Usa e Cina (ma anche Iran, Turchia e India), ha bisogno di marcare bene i propri confini e di circondarsi di zone “cuscinetto” neutre, costituite da Paesi satelliti amici, sufficientemente deboli, mansueti e senza velleità verso il “sovrano”. Da questo punto di vista, gli Stati Uniti sono in una situazione privilegiata avendo come “cuscinetti” naturali i mari e gli oceani tolta, però, la vasta area verso il Circolo polare artico, presidiata dal Canada e, soprattutto, dall’appetibile Groenlandia, non a caso oggetto di particolare “attenzione” da parte di Trump.
Certo che, un cambio così repentino della politica e degli interessi americani in Europa non se lo aspettava nessuno. Se una tornata elettorale può portare alla modifica radicale della politica estera degli Usa, c’è, allora, da chiedersi quanto l’Europa possa ancora fidarsi di quello che è stato finora il suo principale alleato e cosa possa fare per la propria sicurezza e piena autonomia, tenendo conto che alle porte di casa abbiamo la Russia, con le sue, mai sopite, mire imperialiste.
L’illusione della vittoria
In questi tre anni di guerra, l’ex presidente Biden e quasi tutti i governanti europei hanno aiutato e sostenuto, forse, anche un po’ illuso, Zelens’kyj di poter sconfiggere e ricacciare indietro l’invasore russo, senza, però, mai muovere un dito per avviare una qualsiasi iniziativa diplomatica per cercare una soluzione al conflitto. La consegna era che con l’aggressore Putin nessuno poteva e doveva trattare. Ora, a suo modo e con i suoi metodi arroganti e spicci, ci sta pensando Trump, attraverso trattative bilaterali con Putin, lasciando fuori l’Europa e bistrattando la povera Ucraina.
Francamente, pur comprendendo l’iniziale scelta di difendere Kiev dall’aggressione, ci ha sempre meravigliato che i principali leader europei pensassero davvero di sconfiggere la Russia, prima con le sanzioni, poi contando sull’illusoria convinzione che ci sarebbe stata una rivolta interna contro il regime putiniano e, infine, mandando a Kiev fiumi di soldi e di armi, non prendendo forse in seria considerazione il fatto che mai una superpotenza dotata di 6.000 testate nucleari, avrebbe potuto accettare di capitolare senza trascinarsi dietro, in una tragica apocalisse, tutta l’umanità.
Ripensare l’Europa
Ora, dopo lo “schiaffo di Washington”, quasi tutti i Paesi europei si stanno chiedendo come procedere sia verso l’Ucraina, sia verso un fondamentale alleato come gli Stati Uniti, i quali, è bene ricordarlo, hanno lasciato, nel 1945, sulle spiagge della Normandia e in Europa, migliaia di morti e hanno garantito, tramite la Nato, la nostra sicurezza anche negli anni difficili della guerra fredda.
Per la prima volta, dopo la Brexit, si è mosso anche il premier britannico, Keir Starmer, il quale, in accordo con Emmanuel Macron, ha convocato a Londra un vertice tra alcuni leader europei per cercare almeno una tregua (ipotesi bocciata da Mosca) e individuare un percorso di pace da sottoporre a Trump e al Consiglio europeo straordinario del 6 marzo. Tuttavia, dovrà anche cogliere la “tragica” occasione per ripensare il suo futuro, la sua politica estera, la sua difesa, ecc. Non potrà certo farlo con tutti i 27 Paesi membri della Ue, ciascuno dei quali ha diritto di veto, perché troppe sono le differenze e divergenze. Forse è il momento di dar vita a una nuova Europa a due velocità, nella quale entri chi è disposto a sostenere un determinato progetto politico. E verrà il momento delle scelte, anche per l’Italia.