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Europa, protagonista o marginale?

Purtroppo, come Paesi europei, continuiamo a “mungere” dall’Europa quanto più possiamo, mentre ragioniamo come se fossimo al tempo delle singole Nazioni ottocentesche, sempre divise e in conflitto tra loro
20/02/2025

Solo eccentrico o anche pericoloso?

Quelle che molti ritenevano delle “sparate” un po’ eccentriche di Trump, fatte echeggiare in campagna elettorale per intimidire avversari e alleati (sia interni che esterni), miranti spesso ad “alzare la posta” per portare a casa maggiori vantaggi, non lo sono affatto.

Lo testimoniano gli scossoni che sta subendo la vita sociale e amministrativa negli States, a causa dei tanti decreti esecutivi firmati da Trump fin dal giorno del suo insediamento, non ultimi quelli su immigrazione e welfare, le “purghe” di tutti coloro che in passato avevano in qualche modo osato contraddirlo o indagarlo, il ritiro da importanti Agenzie internazionali, ecc. Ma anche le sue intenzioni geopolitiche, calate come “petardi” nello scacchiere internazionale: rivendicazione del canale di Panama, ripetute “avance” sulla Groenlandia, progetti sul futuro di Gaza e dei palestinesi, nuovo rapporto con Vladimir Putin, questione Ucraina e “marginalità” dell’Europa, ecc. Quella dei dazi, però, (che ci sono sempre stati) è la vera scarica che ha mandato in fibrillazione i principali Paesi esportatori verso gli Usa, suscitando reazioni e innescando quella che ormai viene chiamata la nuova “guerra dei dazi” che, alla fine, danneggerà tutti (vedi i servizi a pagina 19).

Debolezza dell’Europa

In questo nuovo ordine (o disordine) mondiale, l’Europa si trova stretta nella morsa di tre grandi problemi, strettamente interdipendenti che, al momento, sembra impossibilitata ad affrontare: quello politico, quello economico e quello militare.

Ad esempio, sul versante politico, è risaputo che la mentalità sovranista ed euroscettica di alcuni Paesi governati da democrazie illiberali, impedisce di trovare una linea comune tra tutti i 27 membri dell’Unione europea. L’unanimità nelle decisioni e il diritto di veto ci stanno paralizzando, impedendo di presentarci come una “potenza” unita, in grado di competere e avere un posto di rilievo nel confronto con altri grandi della terra. Di fatto, appariamo non come una Unione, ma come l’insieme di tanti Paesi autonomi e ideologicamente divisi su troppe cose.

Quello che è successo all’inizio della settimana sull’Ucraina è emblematico: al tavolo delle trattative, per cercare un accordo, c’erano solo gli Stati Uniti e la Russia. “L’amico” americano non ci ha degnato di alcuna considerazione. E non sortirà certamente alcun effetto l’urgente “contro vertice” convocato, dal presidente francese Emmanuel Macron: solo otto Paesi invitati, tra i quali l’Italia, rappresentata da una Giorgia Meloni che continua a dare l’impressione di voler tenere il piede in due staffe: sostenere gli interessi di Trump e del suo sodale, il plutocrate Elon Musk, e quelli dell’Europa, nella illusoria speranza, forse, di fare da ponte tra le due sponde dell’Atlantico.

Non votarci all’irrilevanza

Purtroppo, come Paesi europei, continuiamo a “mungere” dall’Europa quanto più possiamo, mentre ragioniamo come se fossimo al tempo delle singole Nazioni ottocentesche, sempre divise e in conflitto tra loro. Di questo passo, siamo destinati all’irrilevanza politica, militare ed economica e, per star nella metafora manzoniana, a fare la fine del povero don Abbondio, il quale, nella vita, si trovò a essere come “un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro”. Di sicuro, a Trump non interessa più di tanto un’Europa unita, come non interessa certo a Putin o al cinese Xi Jìnpíng. Tutti preferiscono trattative e accordi bilaterali con i singoli Stati (vale sempre il vecchio assioma “divide et impera”: dividi e domina). Noi, però, non dobbiamo cadere in questa trappola, né svenderci come vassalli a nessuno. L’Europa dobbiamo costruirla e difenderla, pena di sprofondare nell’irrilevanza.

L’ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi, da tempo sostiene che nell’Ue una strada percorribile per superare il paralizzante unanimismo e il diritto di veto è quella di dar vita a una Europa “a due velocità” nella quale un gruppo di Paesi (una decina) si accordano su nuove “regole del gioco” e prendendo decisioni a maggioranza qualificata, su problemi urgenti, come ad esempio quello della costituzione di una difesa comune o di un autonomo e competitivo polo High tech e per l’Intelligenza artificiale, in modo da poter procedere più spediti ed essere più incisivi.

Verso un nuovo Medioevo?

In Europa, ma anche in tutto il mondo, corriamo il rischio di ritornare, soprattutto a livello economico, al feudalesimo medievale, dove comanda solo uno e gli altri sono tutti vassalli (la moderna plutocrazia o governo dei ricchi). Emblematico è in proposito il recente discorso fatto dal presidente, Sergio Mattarella, a Marsiglia. Egli, pur senza mai nominare Elon Musk, afferma che si stanno sempre più imponendo nel mondo figure di neo-feudatari, di veri corsari che cercano di farsi affidare dai poteri politici privilegi e signorie nel campo della “cosa pubblica”, per gestire in proprio beni comuni riguardanti il cyberspazio e lo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche. Purtroppo, il connubio tra potere economico e politico, con il sopravvento del primo sul secondo, cioè la cosiddetta plutocrazia, può diventare una sciagura per tutti.

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