Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Domenica delle Palme - della passione del Signore: Pellegrini di speranza: il passo del dono

Il lungo cammino verso Gerusalemme, l’«esodo» annunciato sul monte della Trasfigurazione (Lc 9,31), si va compiendo oggi nella via verso il monte della crocifissione. Il passo è il passo del dono. Proseguirà, incredibilmente, fino a Emmaus e oltre. Ma, oggi, si ferma sul Calvario.
Testimone di misericordia. Il racconto degli ultimi avvenimenti a Gerusalemme viene, dall’evangelista, reso coerente con il volto di Gesù presentato lungo tutto il terzo Vangelo: il volto di chi ad ogni rischio continua a essere testimone di un Dio che è Padre di misericordia. Sia i passi propri di Luca, sia le sfumature con cui ripropone alcuni dei tratti comuni agli altri vangeli, sono orientati in tal senso. Se in Marco lo scandalo è un Messia che muore sentendosi solo e abbandonato perfino da Dio, se in Matteo lo scandalo è che questa morte sia, comunque, “secondo le Scritture”, in Luca lo scandalo è che chi è stato dichiarato tre volte innocente (Lc 23,4.14-15.22) muoia giustiziato, testimoniando un Dio di misericordia. In Luca risaltano una serie di presenze, a cui Gesù risponde con cuore di com-passione. Lo sguardo rivolto a Pietro, l’attenzione al dolore delle donne che lo piangono, l’intercessione per il perdono di chi lo sta crocifiggendo, l’associare a una speranza che sembra impossibile chi sta morendo in croce con lui (e che, unico, lo chiama con il nome nudo, Gesù/Dio-salva), e, da ultimo, il consegnare/donare tutto il suo essere, tutta la sua vita, al Padre, sono i passi di un dono che non si arrende di fronte all’ultimo Male. In Gesù, Dio raggiunge l’uomo sulla croce, non per distruggere i propri persecutori, ma per render possibile, perfino nella profondità ultima dell’ingiustizia e del Male, uno spiraglio di speranza, fondato sulla misericordia del Padre.
Dono di una vita intera. La vicenda della condanna, della passione, della morte si apre con il racconto che la interpreta come dono di chi si è posto a servizio della vita altrui (Lc 22,14-30): dono di un corpo, di una vita intera, consegnato nella forma di un rito, che ne garantisca la possibilità di tornare a ricevere il dono. Il rito della Pasqua, che rinnovava l’Alleanza di Dio, il suo impegno a continuare a liberare il suo popolo da ogni schiavitù, diventa l’offerta di liberazione da ogni terrore di morte e dalla morte stessa. E’ il più grande desiderio di Gesù, che i suoi possano accogliere questo dono: «L’ho tanto desiderato» (22,15), è «dato per voi», «versato per voi» (22,19-20). Ancora, il momento decisivo in cui Gesù “vince” la sua lotta con le proprie paure, è un momento di preghiera: «entrato nella lotta, pregava più intensamente» (22,44). E’ nella preghiera che si è ricordato di Pietro, della fragilità grande del suo discepolo (22,31-32). Anche l’ultima sua parola diventa preghiera, dono ultimo di sé al Padre (23,46, cf. Sal 31,6).
Non ne sono capace, ma lui non si scandalizza. No, io non credo di esserne capace. Non credo di reggere a camminare verso la croce senza perdere la speranza. Eppure, per Gesù questo non è un problema. Lui ha conosciuto già, in Pietro, la debolezza di tutti i suoi discepoli, anche la mia. Nel malfattore che lo prega, ha già ritrovato ogni peccatore fallito, ha ritrovato anche me. Nelle donne che lo piangono, ha già intravisto lacrime che non cambiano il cuore dei violenti, anche le nostre. Addirittura, in chi lo sta uccidendo, ha già intuito una incapacità di rendersi conto delle profondità del Male. E non se ne è scandalizzato, ha invece perseverato nella misericordia del Padre: non sceglie di «salvarsi da se stesso» (23,35.37.39), sceglie di affidarsi alla salvezza del Padre, pur se tale salvezza passa attraverso la morte e gli inferi.
Ancora mi convince, ancora m’innamora. Nell’intravedere tanta sofferenza quotidiana, in volti e corpi e gesti e sguardi di rabbia o smarriti – vicini e lontani, nell’avvertire intorno una storia che con sempre maggior evidenza si piega allo strapotere del denaro, della violenza, dell’arrogante pretesa di pochi sulla dignità e i diritti calpestati di tutti, nel sentire il mutarsi di tempi e stagioni, il morire di intere bellezze di diversità e di vita, di fronte al grido «Ma Dio dov’è?!!» che sale da troppi campi profughi, prigioni lager, rotte di migrazioni e di morte, ancora mi convince un Volto, che sceglie, tenace e insistente, di lasciarsi crocifiggere con gli sterminati crocifissi e crocifisse di oggi e di ieri e di sempre... ancora mi convince un Amore, che si fa prossimo fino agli inferi di ciascuno e di ciascuna, di ogni vita che muore... ancora m’appassiona, ancora m’innamora il Volto di Gesù, che passo passo, nuovamente divide con noi le nostre croci, non per condannarci a rimanere sul patibolo di ogni morte, ma per un ostinato donarci possibilità di incontrare il cuore di com-passione e misericordia del Padre, per aprire un’incredibile fessura che dal profondo apre a vita-di-Pasqua. E ci chiama ci sostiene a seguirlo, fin d’ora, fin da qui, fin dentro la Via Crucis come pellegrini di speranza invocata, di speranza risorta.
Con profonda umiltà, con disarmata gratitudine, chiediamo per noi, per le nostre comunità, per la Chiesa intera di essere capaci di accogliere quest’incredibile dono, di lasciarlo agire nel nostro cuore, nelle nostre azioni, di lasciar strabordare speranza fin nelle ferite e nelle angosciate attese dell’intera umanità.