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La poesia esistenziale “Nonostante” di Valerio Mastandrea

Regala riflessione e commozione il nuovo film di Valerio Mastandrea, “Nonostante”. Con ironia gentile e grazia diffusa, Mastandrea si interroga sulla vita al crocevia della morte: la condizione di esistenze sospese, in stato di coma, in attesa che la vita riprenda oppure passi all’Aldilà. L’autore fa di nuovo centro, con un’opera che segna la sua maturità anche nella regia.

Mastrandrea è uno degli attori più prolifici del cinema italiano contemporaneo. Romano, classe 1972, ha all’attivo oltre ottanta film in trent’anni di carriera, vincitore di 4 David di Donatello. Nel 2018 ha diretto il suo primo film, “Ride”, sguardo sociale sul mondo del lavoro. A distanza di sei anni ha presentato all’81ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2024) la sua seconda regia, “Nonostante”, inaugurando la sezione Orizzonti. L’opera segna un nuovo traguardo per Mastandrea, la conferma di uno sguardo autoriale solido e maturo, legato ai temi sociali. Prodotto da Viola Prestieri, Valeria Golino e Malcom Pagani con Rai Cinema, “Nonostante” esplora con delicatezza il difficile tema della condizione di chi si trova in coma, sospeso tra la vita e la morte. Mastandrea si intesta con efficacia il ruolo di protagonista, scegliendo poi dei validi comprimari: Dolores Fonzi, Lino Musella, Laura Morante e Giorgio Montanini.

La storia. In un ospedale si aggirano individui stanchi e annoiati, piegati da una ripetitività che non li abbandona. Tra una risata condivisa e un giro di ironia scacciapensieri, si fanno compagnia.

Ben presto si scopre che sono tutte anime bloccate, ferme in quel luogo perché i loro corpi sono in coma, appesi a un filo. Tra la vita e la morte, in attesa che qualcosa accada.

Tale incedere subisce uno scossone quando arriva una nuova paziente, che porta una ventata di “ribellione” e di sentimento, che spinge a rimanere aggrappati alla vita...

“Raccontare una storia d’amore – ha indicato Mastandrea – come quelle che scoppiano improvvisamente a una festa di scuola, di pomeriggio, a casa di sconosciuti, dove ti innamori senza un motivo reale e ti accorgi che la vita da quel giorno non sarà più la stessa. (...) Per questo ci serviva uno spartito semplicissimo, molto classico (...) suonato però in un mondo quasi astratto dove la condizione dei nostri personaggi senza nome è metafora dei momenti dell’esistenza in cui stare fermi, immobili, rischia di diventare una forma di difesa dagli urti”.

Qua e là qualche suggestione cinematografica sembra giungere da Hollywood, dal cult “Ghost” (1990) di Jerry Zucker, come pure dall’acuta miniserie Rai “La linea verticale” firmata dal compianto Mattia Torre (e interpretata dallo stesso Mastandrea). Il nuovo film di Valerio Mastandrea, “Nonostante”, trova comunque una sua precisa identità e linea di racconto.

Il tema di fondo, a tratti dominante, è la morte, la condizione che si fatica ad accettare nella nostra società caotica e vorticosa. Fulminante la battuta che ricorre nel film: “La paura di andare via da soli”.

L’autore si sofferma soprattutto sulla “sala d’attesa”, la condizione di chi vive in un limbo, non cogliendo però lo strazio dei parenti. Servendosi di ironia acuta e brillante, ne descrive lo stato di incertezza. Quando però arriva l’amore a sparigliare le carte, tutto cambia. Si riafferma il desiderio di vita, il suo valore, acceso dall’esperienza del Noi. E questo irradia di fiducia e speranza tutto il racconto, al di là dei possibili sviluppi della trama.

“Nonostante” brilla come storia intessuta di sentimenti, paure, coraggio e mistero. Si tratta di un film “audace” per l’argomento, ma accorto nel suo svolgimento, girato con tonalità spesso contrastanti, giocate tra gioia e amarezza, ironia e malinconia. Un’opera che l’autore controlla bene sia come regista che come interprete, abitando il protagonista con intensità e disinvoltura. Un film denso e al contempo lieve, assolutamente splendido. Consigliabile, problematico-poetico, per dibattiti.

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