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Urbanistica a San Donà: grattacieli, perché no? Ma si pensi ai più deboli. L’analisi di Francesco Finotto

Nell’ultimo decennio la città di San Donà di Piave ha registrato una sostenuta crescita urbanistica. Recentemente, proposte di realizzare nuovi grattacieli hanno suscitato accese discussioni in città. Ne abbiamo discusso con Francesco Finotto, architetto e fotografo, profondo conoscitore del Veneto Orientale. Vincitore del prestigioso premio fotografico Hemingway nel 2024, Finotto da anni indaga il rapporto tra campagne, città e periferie nel Nordest: “Manca strutturalmente un intervento da parte pubblica che sostenga le riqualificazioni e le fasce medio-basse”
14/03/2025

Nell’ultimo decennio la città di San Donà di Piave ha registrato una sostenuta crescita urbanistica. Recentemente, proposte di realizzare nuovi grattacieli hanno suscitato accese discussioni in città. Ne abbiamo discusso con Francesco Finotto, architetto e fotografo, profondo conoscitore del Veneto Orientale. Vincitore del prestigioso premio fotografico Hemingway nel 2024, Finotto da anni indaga il rapporto tra campagne, città e periferie nel Nordest.

Negli ultimi anni a San Donà edifici di grandi dimensioni stanno sostituendo piccole case con giardino: è più forte la necessità di non consumare suolo o fare cassa con gli oneri di urbanizzazione?

Considero San Donà una città fondata 100 anni fa. La sua forza sta nella posizione vicina a Venezia, all’aeroporto e alle spiagge e nei servizi essenziali come scuole e ospedali. La città, con i Comuni limitrofi, ospita aree produttive di grande rilevanza per tutto il territorio e, a differenza di altre città venete, non perde abitanti in favore dei centri confinanti. Con la crisi del 2008-2010, le urbanizzazioni estensive, legate a finanziamenti regionali, sono entrate in crisi e le aziende che le mettevano in atto sono fallite. Da allora, è cambiata la tipologia dell’intervento, che ora predilige la riqualificazione, ma si è persa la componente sociale, legata alle fasce più deboli. Manca strutturalmente un intervento da parte pubblica che sostenga le riqualificazioni e le fasce medio-basse. Non ci sono finanziamenti regionali per imprese che riqualificano facendo alloggi erp (edilizia residenziale pubblica). Questo segmento di mercato non c’è più. Si riqualificano lotti a macchia di leopardo, laddove i proprietari sono disposti a vendere.

Si può delineare un cliente tipo che acquista questo nuovo genere di alloggi?

Nelle vecchie case si insediano le fasce più deboli, i nuovi interventi sono per i più abbienti: si chiama “gentrificazione”. Perlopiù sono anziani, che giungono a San Donà dal circondario, per i servizi a portata di mano che offre. A volte vi sono anche coppie più giovani. I nuovi edifici non propongono appartamenti di grande metratura, il taglio è due camere e doppi servizi. Rispetto alla costa, non è ancora un mercato di lusso.

La crescita di San Donà negli ultimi 20 anni è stata supportata da molte famiglie giovani. Avviene ancora?

Tutti gli indicatori ci dicono di sì. Voglio sottolineare che la città non arriverà a 50 mila abitanti, è irrealistico, perché all’orizzonte c’è un contesto di debolezza demografica con una piramide d’età rovesciata. La prospettiva deve essere quella di continuare ad avere capacità attrattiva, sviluppando servizi come asili nido o its (istituti tecnico-superiori).

Una grande crescita urbanistica che non risponde alla richiesta di case in affitto.

Credo che il problema sia fiscale: a livello nazionale, manca una politica che agevoli gli affitti. La carenza è legata al rinnovo urbano, fatto da piccole imprese che non vogliono affittare. Se si affida la riqualificazione a questo livello economico non ci si può lamentare se non ci sono affitti. Aggiungo che l’Ater ha problemi di manutenzione su parte del patrimonio, e ha ultimamente la tendenza a venderlo. Ritengo, infine, il co-housing un’esperienza limitata, perché sono interventi rivolti a un numero molto esiguo di persone, non è una risposta di sistema.

Come proteggere il verde sottratto ai nuovi edifici?

San Donà possiede un sistema di parchi giovani, come il “Fellini”. È vero che, costruendo sul costruito, i piccoli giardini vengono sostituiti da un aumento della superficie impermeabile. L’addensamento, inevitabile, va fatto con accorgimenti volti a scongiurare isole di calore e allagamenti.

Nuovi grattacieli comprometterebbero il paesaggio circostante?

Nel paesaggio di San Donà il grattacielo è una presenza acquisita: si inserisce nel contesto, senza suscitare giudizi troppo negativi. La presenza di nuove torri non metterebbe a rischio il profilo del centro storico cittadino: le città, che hanno vita più lunga delle persone, sono in grado di assorbire stili diversi. Dentro le nostre città ci sono differenze architettoniche straordinarie che non riconosciamo, come palazzi gotici e case rinascimentali. Vedo, quindi, la possibilità di sperimentare, motivando le scelte.

Non c’è rischio di speculazione con progetti di questa portata?

Speculazione in edilizia ha assunto significato negativo se all’intervento immobiliare non si associa una finalità sociale. Ci vuole la componente di controllo sociale, ma il mercato immobiliare deve avere le sue convenienze. Dal 2009 si è incentivata la demolizione e ricostruzione delle singole abitazioni, dando spazio al rinnovo puntuale. La legge Veneto 2050 consente la demolizione e ricostruzione con incrementi fino al 60% sui singoli lotti e non credo verrà modificata.

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