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È stata annunciata con tutti gli onori mercoledì scorso al teatro Del Monaco la nuova mostra del curatore d’arte Marco Goldin, trevigiano doc, stella internazionale e fondatore di Linea d’ombra. “Da Picasso a Van Gogh: capolavori dal Toledo museum of art. Storie di pittura dall’astrazione all’Impressionismo” sarà al museo di Santa Caterina dal 15 novembre al 10 maggio 2026 e, secondo il sindaco di Treviso, Mario Conte, sarà “un’importante occasione per affermare Treviso come centro culturale di primo piano”. Presente (non a caso) alla presentazione anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, che non ha mancato di sottolineare il tema della ricaduta economica della mostra e il suo “effetto moltiplicatore che contribuisce in termini di crescita turistica, economica e di indotto sull’intero territorio”.
La mostra
Sono ben 61 le opere che arriveranno a Treviso al termine di un lungo viaggio che le vede partire dal Toledo museum of art in Ohio, Stati uniti. Si tratta di quadri di elevato valore artistico, assicurati per la cifra da capogiro di un miliardo di euro, che comprende tre capolavori di fuoriclasse come Monet (una grande tela del ciclo delle ninfee), Van Gogh (“Campo di grano con falciatore a Auvers”) e Hopper (“Due in platea”). Il percorso espositivo va a ritroso nella storia dell’arte, partendo dall’astrazione americana del secondo Novecento fino ad alcune esperienze capitali di quella europea; non mancano tele di Gauguin, Renoir, Manet, Degas, Morandi, Braque, Picasso, Matisse, De Chirico, Modigliani, Cézanne e altri ancora.
Il ritorno di Re Mida
In un lungo monologo, il 26 febbraio Goldin ha presentato la mostra ai 700 cittadini e autorità che quella mattina, nonostante la pioggia battente, hanno affollato con aspettative ed entusiasmo il teatro. La memoria, però, corre a quello (almeno apparente) strappo avvenuto con il cambio di Amministrazione, da Manildo a Conte: dopo i grandi successi del 2016 e 2017, sembrava che Goldin non fosse più il benvenuto nei palinsesti culturali trevigiani. Le accuse di una mancata sintonia con l’allora assessora alla Cultura, Lavinia Colonna Preti, sono state ancora una volta smentite e anzi, il sindaco ne ha approfittato per ringraziare Colonna Preti per il lavoro svolto, e che, ribadisce Conte, ha portato anche a questo momento. Il gap di sette anni è stato ricordato anche in Consiglio comunale, con Carlotta Bazza (Pd) all’attacco, definendo la mostra uno “spottone politico” e una “mostra-panettone”. Più conciliante Stefano Pelloni, capogruppo Pd: “Vediamo di sfruttare al meglio questa grande opportunità”. Gigi Calesso di Coalizione civica, invece, sottolinea la “mancanza di una visione complessiva, organica delle politiche culturali da parte delle Amministrazioni Conte che, infatti, hanno appaltato ai privati la gestione dei musei e hanno, finora, inutilmente tentato di dare alla fondazione Mazzotti il ruolo di «braccio» dell’Amministrazione proprio nell’ambito culturale cittadino”.
Le speranze dei commercianti
In effetti, l’attesa del pubblico (trevigiano, ma non solo) è grande, e lo dimostrano i duemila biglietti speciali a data aperta messi a disposizione subito dopo la presentazione e “bruciati” in un solo giorno. Certo è che, se arriveranno davvero i 200 mila visitatori previsti, sarà bene che la città sia pronta ad accoglierli con i lavori in stazione terminati, “le infrastrutture e i servizi che servono, ad esempio parcheggi, trasporti, cantieri in ordine, e poi anche le attività commerciali devono essere veicolo di promozione della mostra: abbiamo otto mesi per trasformare questo grande evento culturale in una grande opportunità commerciale - spiega Federico Capraro, presidente Confcommercio Treviso -. L’evento è molto atteso dai commercianti, lo hanno chiesto, e il periodo è lungo e ottimale, visto che coincide con la bassa stagione. Per questo siamo diventati partner della mostra e l’abbiamo sostenuta con un contributo economico”.
Un possibile moltiplicatore
Il ritorno economico della mostra è potenzialmente molto ampio e Alessandro Minello, docente di Economia dell’arte e della cultura a Ca’ Foscari, lo ha quantificato con ipotesi studiate. La certezza, però, è che per la buona riuscita dell’operazione, a essere fondamentale “sia il rapporto che la mostra instaura con il territorio locale, che non può essere solo il contenitore, ma deve dialogare con la mostra, ad esempio con eventi paralleli, coinvolgimento delle istituzioni in attività artistico-culturali, un intero programma “fuori mostra” che agganci il territorio alla mostra stessa”, spiega Minello. “Se il territorio non è coinvolto e partecipe nei servizi a supporto dell’esperienza espositiva e il visitatore si limita a mangiare, bere e dormire a Treviso (e generalmente queste mostre solo per il 30 per cento attirano persone da fuori), rischia di essere una cattedrale nel deserto. Creare sinergia tra il grande evento culturale e l’ambiente locale è difficile, perché ci vuole disponibilità da ambo le parti, ma il successo deve andare necessariamente oltre il numero dei biglietti staccati. Quindi bene il coinvolgimento di Ascom, ma vanno messe in moto anche agricoltura, industria, fondazioni, scuole... il territorio a 360 gradi”.