Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Speciale Liberazione: la scelta di Tina


I corpi penzolavano dagli alberi, appena mossi da una brezza mortale. Attorno al collo, lungo quello che oggi si chiama viale dei Martiri, a Bassano del Grappa, un cavo telefonico recuperato chissà come. Trentuno impiccati, con una tecnica sommaria, qualcuno tirato per le gambe perché non riusciva a morire. Questo fu lo spettacolo che, il 27 settembre 1944, Tina Anselmi - una delle figure politiche più grandi per l’Italia: sindacalista, maestra, deputata e ministra della Repubblica, oltre che presidente della Commissione P2 - vide assieme alle sue compagne di classe. Molti anni dopo, ricordò quel giorno come il momento della scelta: diventare partigiana con il nome di battaglia “Gabriella”.
I trentuno giovani erano stati catturati durante le tragiche giornate del rastrellamento del Grappa, iniziato il 20 settembre 1944. Quel rastrellamento fu, forse, il più grande disastro della Resistenza italiana. I tedeschi, alleggeriti per quell’inverno dalla pressione degli Alleati, lungo la linea Gotica, pensarono di garantirsi la ritirata verso le Alpi. I partigiani erano riusciti a creare una linea continua di collegamento dal Cansiglio all’Altopiano di Asiago, dal monte Baldo al monte Cavallo. I tedeschi, il 7 settembre, rastrellarono il Cansiglio, l’8 il Bosco Nero di Asiago. Dal 20 settembre in poi, via libera sul Grappa.
Sul massiccio erano raccolte le brigate Garibaldi, Matteotti, Buozzi, Italia libera dell’Archeson e Italia libera di Campocroce. Uomini che, invece di disperdersi, si ritirarono a Cima Grappa, mentre il fuoco dell’artiglieria tedesca e la furia dei soldati li incalzavano. Chiunque venisse trovato con un’arma, veniva sommariamente processato e ucciso. I trentuno furono catturati e giustiziati da Karl Franz Tausch, conosciuto dalla popolazione locale con la triste fama di “boia tedesco”, che il giorno della strage non aveva nemmeno 22 anni. Ebbe la collaborazione di giovanissimi fascisti italiani.
“È molto probabile che la Anselmi avesse già fatto la sua scelta, spinta dall’amica Marcella Dallan e da Gino Sartor, comandante della Brigata Cesare Battisti - spiega Mauro Pitteri, uno dei suoi principali biografi -. Quello che è chiaro nel testo scritto nel 1964 da Anselmi e che fa riferimento a questo episodio, è che la sua adesione alla Resistenza non partiva da motivazioni politiche, ma principalmente morali e religiose. Non era accettabile uno Stato come quello fascista, che si sostituiva alla morale e alle scelte religiose di ognuno, diventando uno Stato etico”.
Attorno a lei, una cerchia di persone che condividevano quella scelta, con cui era entrata in contatto a Castelfranco, a Campigo e a Riese. Tra questi, Nino Acoleo, studente di medicina e unico grande amore della Anselmi, e la Dallan, che con Tina aveva condiviso l’attività sindacale tra le operaie della fabbrica di munizioni Marnati Larizza di Castelfranco Veneto. Il biennio 1944-45 fu l’ultimo anno delle magistrali di Tina, e coincise con la sua attività di staffetta partigiana.
“La guerra si era fatta sentire anche a scuola - spiega Pitteri -. Troppo vicino al ponte nuovo sul Brenta, oggetto di bombardamenti alleati, nel gennaio 1945 l’Istituto magistrale del Sacro Cuore si spostò a villa Fanzago”.
“Le sue compagne non sapevano della sua attività clandestina - ha ricordato nel 2024 Margherita Tessarolo, compagna di classe -. Non ha mai fatto scoprire niente. Le suore l’avevano così tanto in simpatia, che vedevano solo quello che volevano vedere. Era religiosissima. Faceva la pendolare, non era fissa in collegio”.
Il suo insegnante aveva subodorato qualcosa: “Don Secondo Barban aveva un’attenzione particolare per Tina, le dava del pane di nascosto, perché aveva intuito la sua missione di partigiana”. Proprio i viaggi in bicicletta per recarsi a scuola da Castelfranco a Bassano le permettevano di muoversi senza destare sospetti.
Tra le sue compagne di classe c’era anche Francesca Camonico, sorella di Lino, ucciso sul Grappa durante il rastrellamento del settembre 1944. Nonostante la sua attività clandestina, nell’estate del 1945, Anselmi conseguì il diploma di abilitazione all’insegnamento elementare.
Nel ricordare l’episodio dei martiri, Tina Anselmi continuò a ribadire le profonde riflessioni morali che nacquero dalla visione di quei corpi penzolanti. Ricordò che, tornate in classe, non tutte la pensavano come lei. Anzi, qualcuna credeva davvero che fossero dei banditi. La discussione fu così vivace che dovette intervenire il preside, don Ferdinando Dal Maso, per richiamare le studentesse. Disse: “Quello che avete visto è un assassinio, perché lo Stato non può essere al di sopra della morale. Questo Stato non è legittimato e non è legittimo”.
Una condanna morale del fascismo che, per Tina, fu un’ulteriore conferma della necessità di entrare nella Resistenza. E da protagonista: tanto da partecipare, il 28 aprile 1945, alle trattative con il comando tedesco per la liberazione pacifica di Castelfranco Veneto.