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Quanto bene nell'attesa/Storia 2: Nella prova tanta prossimità

Don Daniele Michieli, parroco di Casale sul Sile, colpito dal Covid-19, racconta come ha vissuto il tempo della malattia. Un tempo difficile, ma anche ricco di vicinanza e solidarietà di tanti fratelli e sorelle

“Devo dosare le forze in questi primi tempi, ma dopo queste settimane dure sono contento di rivedere i miei parrocchiani, di tornare a celebrare con loro, di incontrare le persone”. Don Daniele Michieli, 58 anni, parroco di Casale sul Sile e Bonisiolo, è uno dei sacerdoti diocesani che in questi ultimi tempi sono stati colpiti dal Covid-19. Nel pomeriggio della solennità di Tutti i Santi le prime avvisaglie del contagio e la decisione di bloccare tutte le celebrazioni in parrocchia. E anche la necessaria scelta dei sacerdoti, che vivevano in canonica insieme a lui, di mettersi in isolamento fiduciario.

“Il primo sentimento che ti prende è la paura, siamo umani - ammette don Daniele -. Paura per la tua salute, certo, ma anche paura di aver potuto contagiare altri, i confratelli, qualche amico, le persone della comunità. Si tocca con mano la propria fragilità. Fortunatamente c’è stato quasi subito il sollievo di non aver trasmesso il virus ad altri, una dimostrazione che avevamo rispettato tutte le indicazioni e le procedure”.

La notizia della situazione di don Daniele e di altri sacerdoti si è sparsa subito, anche sui giornali. “Al momento non è stato piacevole, però forse ha aiutato le persone malate a sentirsi meno sole, sapendo che c’erano anche i loro parroci che stavano soffrendo, come loro, e che li portavano nelle preghiere, così come io mi sono sentito accompagnato dalla preghiera di tanti. Mi ritengo fortunato per non aver dovuto vivere il ricovero in ospedale - sottolinea don Daniele -, sono stato seguito molto bene a casa dal medico di Medicina generale. La parte più dura, passati i giorni con i sintomi più forti, è stato l’isolamento, da solo in camera. Tre settimane impegnative, durante le quali ho pregato e ricordato tutte le persone che soffrivano, spesso in condizioni più gravi delle mie. Quando sono stato meglio ho potuto leggere, fare e ricevere telefonate, in un rapporto molto bello con le persone”.

Parla di prova, don Daniele, ma anche di tempo ricco, abitato dal Signore, dal suo sostegno e dalla sua cura, e dalla vicinanza e la solidarietà di tanti fratelli e sorelle delle comunità parrocchiali, dei confratelli sacerdoti, del Vescovo del vicario per la Pastorale che si sono fatti continuamente presenti con telefonate e messaggi. Ho avuto le telefonate anche dei sacerdoti anziani della Casa del clero: davvero una bella fraternità sacerdotale, rinsaldata da questa prova. Oggi ci sentiamo con chi è stato contagiato più recentemente, per un consiglio, per un sostegno”.

Come ci si appresta a vivere l’Avvento in questa situazione? “Ora devo accettare questa debolezza, i ritmi diversi, trovo le persone molto comprensive, molto vicine. La comunità prosegue il suo cammino. Domenica scorsa con un gruppo di famiglie abbiamo vissuto un incontro su Zoom, siamo anche riusciti a portare avanti il «Vangelo nelle case» grazie a Whatsapp. E’ bello il desiderio di ritrovarsi e di trovare la Parola di Dio come riferimento a quanto stiamo vivendo. Il confronto è stato bello e arricchente. Ci siamo incontrati online con il Consiglio pastorale per una proposta di Avvento da fare alla comunità e abbiamo deciso che in questo tempo lavoreremo per contagiarci di positività, creando, anche in questo tempo di quasi isolamento, relazioni buone, per non perdere quella prossimità che abbiamo riconosciuto preziosa. Con l’accensione delle quattro candele di Avvento abbiamo pensato di riflettere su quattro «parole - guida» che declinano la prossimità: pazienza, coraggio, solidarietà, generosità”.

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