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Editoriale: Una settimana di passione

Con questa sesta domenica di Quaresima denominata “delle Palme e della Passione del Signore” inizia la Settimana santa detta la “Grande Settimana”, la quale non ha solamente la funzione di prepararci alla Pasqua, ma anche di farci vivere il mistero pasquale nella sua dimensione di passione

07/04/2022

Con questa sesta domenica di Quaresima denominata “delle Palme e della Passione del Signore” inizia la Settimana santa detta la “Grande Settimana”, la quale non ha solamente la funzione di prepararci alla Pasqua, ma anche di farci vivere il mistero pasquale nella sua dimensione di passione, per cui si prospetta come un vero itinerario di fede che il discepolo e tutta la comunità cristiana percorrono con Gesù, il quale sale verso Gerusalemme per compiervi la volontà del Padre.

E’ stato con la riforma liturgica di Paolo VI che si è voluto ridare alla sesta Domenica di Quaresima il carattere originario di “Domenica di Passione” (prima della riforma era la V domenica ad avere tale titolo) per cui è stato concentrato nella stessa Domenica sia il ricordo-memoriale dell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme per portare a compimento il suo mistero pasquale, sia quello della sua passione redentrice. Il significato della celebrazione è espresso molto bene nella monizione introduttiva al rito delle benedizione degli ulivi: “Fratelli carissimi, questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la penitenza e con le opere di carità fin dall’inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagniamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione”.

Una Pasqua “sofferta”
Purtroppo, tutti speravamo che, dopo le restrizioni imposte dalla pandemia, potessimo vivere, almeno quest’anno, una Pasqua un po’ più “normale” e gioiosa. E invece il dramma della guerra in Ucraina con il suo strascico di sofferenze e di morte ci toglie la possibilità di vivere in pienezza, con il cuore e la mente liberi, anche questo importante appuntamento. Certo, i riti religiosi possiamo celebrarli e parteciparvi regolarmente ma, con una guerra combattuta alle porte di casa, il canto dell’Alleluia in molti sarà adombrato dalla tristezza e, forse, dall’angoscia. Anzi, per quanti ne sono coinvolti direttamente o indirettamente, sarà una vera e propria settimana di passione e di morte. Per questo sarà importante che nei prossimi giorni ci ricordiamo di pregare e di essere solidali con le vittime della guerra e anche con quelle causate dalle nostre omissioni e silenzi colpevoli. Troppo spesso siamo abituati anche qui, in casa nostra, a volgere lo sguardo altrove piuttosto che incrociare quello che ci interroga e ci provoca del fratello immigrato che soffre, del povero emarginato da tutti, della famiglia che vive nell’indigenza, ecc. E’ sempre facile commuoversi con il male che affligge chi è lontano da noi.
Anche per molte persone che ci vivono accanto questa Settimana santa sarà una settimana di passione e, forse, non riusciranno a intravedere la luce della speranza e il dono della pace che porta con sé Gesù risorto.

Di fronte alla croce
La morte e la passione che spesso la precede e la anticipa, soprattutto del giusto, sono la cifra per comprendere la vita e l’opera di una persona; per rendersi conto di chi veramente era ma, anche, per fare verità e chiarezza in noi stessi, nel nostro cuore e nelle nostre intenzioni. E’ significativo che nel racconto della passione di questa domenica, l’evangelista Luca annoti che nel momento della morte straziante di Gesù in croce (e non prima) il centurione pagano realizzi e professi che “veramente quest’uomo era giusto” e che tutta folla che era andata a vedere un simile “spettacolo” che si consumava al Calvario, ripensando quanto era accaduto se ne ritornasse a casa “battendosi il petto” come segno di compunzione e di pentimento. I parenti di Gesù e le donne che lo seguivano fin dalla Galilea, invece, “guardavano” da lontano quanto stava accadendo, certamente con quel sofferto silenzio che accompagna il dolore per la morte straziante di una persona cara.
Di fronte alla morte in croce di Gesù anche noi siamo chiamati a professare la fede in lui, a batterci il petto per i nostri peccati, negligenze e omissioni e, infine, a contemplare la croce nel più profondo silenzio, perché ogni parola che tentiamo di dire può essere vuota, interessata perché auto - giustificatoria, ambigua e, forse, capace di procurare ancora altro male. Solo allora potremo beneficiare della grazia di portare e sopportare la “nostra” croce ed essere così investiti dalla potenza della risurrezione.

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