Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Quanto bene nell'attesa/Storia 1: Il miracolo della vita
Elisa Adamo, fotografa trevigiana, sta raccontando, soprattutto attraverso i social, la sua personale esperienza di malata di Covid e quella di tutta la sua famiglia. "Proprio ora - ci scrive in questa testimonianza - aspettando un risvolto positivo che casualmente (o forse no?) coincide con il tempo dell'attesa della Nascita del Signore, vedo tutto il suo infinito amore. Non siamo soli"
“Perché a me? Perché alla mia famiglia?”. Queste sono le domande più spontanee quando una tragedia colpisce noi o i nostri cari. Sono, però, anche i quesiti più stupidi del mondo! Nella condizione umana in cui siamo, abbiamo troppo spesso la presunzione di essere perfetti o migliori di altri. Come se ci fosse una scala gerarchica nel valore della vita o nel cuore degli uomini. Siamo unici, mica esclusivi! Io, però, questo interrogativo ho deciso di pormelo e sono riuscita a darmi una risposta soddisfacente, perché imbevuta di speranza e amore. Ho un dono, anzi, un talento, per definirlo con le parole del Vangelo tratte dalla parabola che i miei genitori mi hanno raccontato centinaia di volte: arrivare alle persone. Ed è per questo che probabilmente è capitato a noi: perché io potessi essere documento attivo di tutto questo dolore e cercare, tramite la mia testimonianza, di sensibilizzare i miei interlocutori nella lotta contro questa terribile pandemia.
Il virus come scheggia impazzita
Quando il Covid-19 ha travolto la mia famiglia è iniziato un incubo. Sono stata spettatrice inerme della malattia che mi ha investito… le ossa doloranti, gli spilli nei polmoni, la tosse incessante e l’incapacità di prendermi cura di me stessa e delle mie figlie. Come se questo non bastasse, il virus ha iniziato a colpire, come scheggia impazzita, tutti gli affetti più cari. Uno ad uno ho visto ammalarsi tutti i membri della mia famiglia: mio cognato, i miei suoceri (entrambi ricoverati per 12 giorni), mio marito, mia figlia, mia madre, mio fratello e, ultimo, quello che sta pagando il prezzo più alto, mio padre che da un letto della terapia intensiva combatte per la vita.
Stiamo vivendo un tempo sospeso, dilatato, indefinito. Viviamo in una bolla di incertezza e di paura. Ma il miracolo della vita continua, nonostante tutto, a manifestarsi: attraverso le chiamate dei nostri amici, le teglie di cibo preparate dai vicini di casa, il giornale lasciato sulla porta, le parole di conforto di coloro che ci amano e le centinaia di messaggi d’affetto che ci vengono inviati quotidianamente.
Non siamo soli
Ed è proprio ora, aspettando un risvolto positivo che casualmente (o forse no?) coincide con il tempo dell’attesa della Nascita del Signore, che vedo tutto il suo infinito amore. Non siamo soli. Ed è proprio oggi che sento di aver profondamente compreso gli insegnamenti dei miei genitori: uno su tutti, “il seminare”. Come un granello di senape, la mia mamma e il mio papà hanno seminato amore, gioia e speranza nel terreno di tutte le persone che hanno bussato alla nostra porta in cerca di conforto. E ora, che stiamo vivendo nella più grande paura e incertezza, quel piccolo granello di senape è cresciuto, diventando più alto di tutte le piante del giardino e ha fatto rami cosi grandi che gli uccelli del cielo riescono a fare il nido: proprio come tutte le persone che in questo momento “tra i nostri rami” ci sostengono e cantano per noi melodie di speranza, incoraggiamento e infinito amore.