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Haiti: terrore nella capitale, l’esodo della popolazione terrorizzata

Il vescovo Gontrand: “Un Paese sull’orlo dell’abisso”
19/04/2024

Di emergenza in emergenza. Da una città, la capitale Port-au-Prince, praticamente in mano ai gruppi criminali e alle bande armate nella sua totalità, al resto del Paese, soprattutto al sud, che si trova alle prese con decine di migliaia di sfollati, di intere famiglie che stanno scappando dalla metropoli per cercare rifugio in località un po’ più tranquille.

A lanciare l’allarme, l’ennesimo, su queste situazioni drammatiche è mons. Joseph Gontrand Decoste, segretario generale della Conferenza episcopale haitiana e vescovo di Jérémie, che si trova nell’estremità sud-ovest del Paese. Una città che, oggi, è, appunto, uno dei principali punti d’approdo di coloro che fuggono da Port-au-Prince.

Mentre il Consiglio di transizione, chiamato a governare il Paese dopo le dimissioni del premier Ariel Henry, stenta a trovare un assetto definitivo e operativo e l’arrivo della forza di polizia internazionale, approvato dall’Onu, resta al momento solo un desiderio, la coalizione di bande armate “Vivre Ensemble” (Vivere insieme), guidata dall’ex poliziotto Jimmy Cherizier, alias Barbacue, semina terrore. Secondo le Nazioni unite, quest’anno ad Haiti sono già state uccise più di 1.500 persone.

Spiega mons. Gontrand: “L’attuale situazione ad Haiti, in particolare nella sua capitale Port-au-Prince, è estremamente preoccupante. Gli osservatori informati la descrivono come cataclismatica, catastrofica, disastrosa, caotica, anarchica. In poche parole,

Haiti è un Paese alla deriva, come una nave senza timone, senza capitano; è un Paese sull’orlo dell’abisso.

Questa situazione drammatica è stata causata in particolare dallo scatenarsi della violenza da parte di bande, senza fede né legge, pesantemente armate e legate alle autorità, che stanno spadroneggiando nel Paese e operano in pieno giorno nella più totale impunità, sotto l’occhio indifferente delle autorità statali, che avrebbero il compito di garantire il rispetto della legge, la libera circolazione dei cittadini, la protezione e la sicurezza della vita e dei beni della popolazione”.

Le bande, spiega il vescovo, “armate fino ai denti, controllano praticamente al 100% la capitale e le strade principali che portano alle province. La loro violenza è inimmaginabile, alcuni si spingono a dire diabolica, demoniaca, satanica.

E’ una violenza cieca, nichilista, oscurantista, distruttiva e devastante, che prende di mira la popolazione,

e in particolare la povera gente che ogni giorno, nonostante l’insicurezza delle strade, deve uscire per guadagnarsi il pane quotidiano! Tra gli obiettivi di queste azioni ci sono i commissariati di polizia, i ministeri, le carceri, i mercati pubblici, le scuole, le università, le biblioteche, le farmacie, gli ospedali, i negozi, i porti e gli aeroporti, in breve, le strutture strategiche e vitali del Paese”.

Da qui, si innesta la grande fuga. Più di 53.000 persone sono scappate dalla capitale di Haiti in meno di un mese.

Un numero senza precedenti, che preoccupa fortemente le Nazioni unite, che hanno diffuso il dato. “La popolazione di Port-au-Prince, stimata in quasi tre milioni di abitanti - prosegue mons. Gontrand -, non sapendo più dove nascondersi, sta iniziando a fuggire da Port-au-Prince verso le città di provincia, con il rischio di creare un’altra crisi umanitaria e alimentare, oltre a quella già esistente, e che sarà molto difficile da gestire. Intere zone di Port-au-Prince vengono svuotate dei loro abitanti da bande estremamente violente che cercano di estendere il loro territorio, il loro potere, il loro dominio e la loro dannosa influenza.

Questi «sfollati interni» abbandonano tutto, contro la loro volontà; le loro case e i loro beni, per sfuggire alla furia omicida delle bande, che sembrano intenzionate a saccheggiare, depredare, incendiare e distruggere tutto ciò che incontrano, ma con quali fini di distruzione nichilista nessuno sa esattamente”.

Gli sfollati interni stanno arrivando in tutte le dieci diocesi del Paese, soprattutto al sud, “esausti e traumatizzati da ciò che hanno vissuto a Port-au-Prince, che, secondo loro, è diventata un vero e proprio inferno. Dovranno ricostruire le loro vite e per farlo avranno bisogno di un sostegno a tutti i livelli: umano, medico, economico, pastorale e psicologico”.

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