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Mons. Cusinato: trasformò La vita del popolo in una vera azienda

In vista della celebrazione del novantesimo di fondazione, fu elaborato un programma di rinnovamento del Settimanale, che comprendesse anzitutto la sua ragion d’essere, originaria ed attuale, quindi il suo servizio d’informazione nella Chiesa diocesana e nella società locale

Dopo i due anni di pratica in redazione, nel 1981 don Lino Cusinato ricevette da mons. Bordin la direzione di “Vita”. In vista della celebrazione del novantesimo di fondazione, fu elaborato un programma di rinnovamento del Settimanale, che comprendesse anzitutto la sua ragion d’essere, originaria ed attuale, quindi il suo servizio d’informazione nella Chiesa diocesana e nella società locale; di conseguenza l’organizzazione redazionale, di diffusione e amministrativa.“Vita” era nata per essere voce della vita del popolo, di quel “Popolo di Dio” che il Concilio aveva identificato con la Chiesa locale incarnata nel territorio, dove i cristiani vivono la storia degli uomini con la testimonianza della loro fede.“Giornale di Chiesa” e “giornale di popolo” dovevano ritrovare la giusta sinonimia, mediante un servizio d’informazione che non perdesse mai di vista né il mistero della Chiesa incarnata nella storia, né il rapporto Chiesa-mondo che il Concilio aveva indicato nella Gaudium et spes. L’impegno operativo fu di riallacciare e rinnovare i rapporti con le comunità parrocchiali come con tutti i servizi diocesani, ma anche con le realtà sociali, economiche, culturali, politiche e amministrative del territorio, suscitando in loro l’interesse ad avere un dialogo con il giornale. Il quale non voleva essere solo d’informazione e di opinione, ma anche d’intervento, prendendo posizione, sostenendo ciò che riteneva coerente con la visione cristiana della vita e dicendo le incoerenze anche tra i cristiani. Cominciò presto ad essere voce ascoltata. In particolare le realtà sociali d’ispirazione cristiana, quali le cooperative, la casse rurali ed artigiane, le associazioni di categoria, i sindacati, le associazioni di volontariato (un mondo vastissimo), le numerose iniziative formative, si sentirono ascoltate e sostenute; a volte anche criticate, ma con l’intento sincero di aiutare il rinnovamento.

Il 90°: un segnale forte e innovativo

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“Vita” ebbe ospite nei tre giorni celebrativi del 90° di fondazione l’intera Federazione italiana dei settimanali cattolici, coi direttori e amministratori di quasi tutte le testate. Gli appuntamenti, sia di studio che di visite, avvennero nel territorio diocesano: nel Trevigiano, nella Castellana, nel Veneziano, ospiti di cooperative, di casse rurali e artigiane, di scuole professionali, di teatri comunali, di stalle sociali; naturalmente di parrocchie, dopo i momenti ufficiali in Cattedrale e nella sede comunale di Treviso. Era questo il mondo reale nel quale il giornale si riconosceva, e che mostrò di apprezzare il nuovo corso del giornale, fatto di solidarietà ma anche di libertà.Il riscontro più vero fu che in pochi anni si arrivò al record di tiratura di 26.000 copie. Ciò era dovuto anche a una serie di iniziative promozionali volte non solo alla vita sociale, ma anche a quella ecclesiale. In accordo con l’Ufficio Missionario diocesano e con le parrocchie, furono abbonati sacerdoti, religiosi e religiose di origine trevigiana in missione nel mondo: un legame con la propria Chiesa molto apprezzato e che si sviluppò nella corrispondenza epistolare, fornendo al giornale notizie originali provenienti da tutti i continenti.Un altro avvenimento straordinario che mise alla prova il giornale fu la visita del papa Giovanni Paolo II nel 1985 sulle orme di S. Pio X: furono giorni (anzi mesi) di intenso lavoro, con servizi giornalistici, radiofonici ed editoriali. Va anche ricordato il Sinodo diocesano del dopo Concilio 1984-1987, di cui il Settimanale curò tutti i servizi d’informazione, di pubblicità e di editoria, oltre agli strumenti di lavoro per i sinodali.

Autonomia redazionale e amministrativa

Per realizzare il programma proposto occorreva che il giornale si desse una nuova organizzazione redazionale, editoriale e amministrativa. Si iniziò con l’adottare il giornale di fotocomposizione per realizzarlo in sede, assumendo i tecnici Antonella Socal, Stefano Lorenzon, Sergio Criveller. Questa scelta permise una maggiore autonomia anche dalla Tipografia Editrice Trevigiana, che peraltro continuò a stampare il giornale. Da Roma era ritornato Dino Boffo che assunse il ruolo di vicedirettore; Giuseppe Casagrande, proveniente dal servizio civile e con esperienza di redazione, divenne caporedattore, avendo fatto il loro ingresso in redazione altri due giornalisti: Franco Pozzebon e Laura Simeoni. Fu ottenuta dalla Curia l’autonomia amministrativa rispetto a quella di Casa Toniolo e affidato il compito a Francesco Moro, che curò entrate, spese, investimenti, secondo le possibilità, mantenendo l’azienda in attivo. Suor Elena Pase delle Figlie della Chiesa si rese disponibile per gestire la segreteria, seguita nell’incarico da altre consorelle gli anni successivi; Luca De Rovere fu assunto per organizzare la diffusione e coltivare i rapporti con i propagandisti. Lo staff redazionale, 12 persone in tutto, con un numeroso gruppo di corrispondenti, alcuni attivi nelle redazioni locali, costituì il salto di qualità che permise al giornale d’imporsi nell’informazione territoriale ed ecclesiale.

L’intuizione delle redazioni locali

Nel 90° una riflessione è stata tradotta in programma: non si dà azione a distanza (il principio è tomista). L’azione crea relazione e questa rende efficace l’azione. Il giornale doveva andare alla vita del popolo per capirla e quindi per darle voce veritiera. La redazione centrale pativa comunque delle distanze, tanto più diventando complessa; né il rapporto individuale con i corrispondenti appariva sufficiente.Furono perciò create le redazioni locali nei centri territoriali: San Donà e Mirano per il Veneziano; Piombino Dese e San Martino di Lupari per il Padovano; Montebelluna per la Pedemontana; Breda di Piave e Paese per il Trevigiano. Agli incontri settimanali partecipavano i corrispondenti delle zone coordinati da un giornalista della redazione centrale; insieme si valutavano i fatti e i problemi che meritavano di essere pubblicati, si distribuivano gli incarichi (interviste, contatti, informazioni, documenti, foto), si abbozzavano così le “pagine locali” mediante riflessioni di gruppo. Se le notizie apparivano di notevole interesse, venivano collocate nelle pagine generali.Frutti delle redazioni locali furono la formazione giornalistica dei “volontari dell’informazione” per aiutarli a superare i giudizi individualistici; l’acquisizione di contatti diretti e ricchi con le parrocchie, le amministrazioni comunali, le istituzioni e le realtà sociali; la facilitazione per i redattori centrali di contattare gli interlocutori locali. Era impegno di tutti i giornalisti della redazione centrale l’andare alla gente spostandosi nel territorio per farsi vicini. Lo spirito volontaristico in quella stagione era valore aggiunto all’impegno professionale.

Publivita, esperienze editoriali, Radio Vita

L’autonomia economica richiedeva la gestione in proprio della pubblicità. Fu costituita Publivita, affidata a Gustavo Canel, che concorse molto a far conoscere il giornale al mondo produttivo, commerciale e sociale. Fu una scelta indovinata perché concorse a realizzare molte iniziative promozionali, ad aumentare il numero di pagine, e avviare le prime esperienze editoriali di libri (il primo fu “Originali Costruttori” nel 1983 che raccoglieva le relazioni del corso straordinario di teologia spirituale promosso dallo Studio Teologico Interdiocesano nel 1982).

“Vita” era in grado di assumere la gestione diretta della radio diocesana, facendone la sua voce radiofonica, grazie alla competenza di Paolo Baruzzo che contava su validi collaboratori, in particolare su Luigi Belvini, Silvana Bolzan ed altri. Così anche Radio Vita ebbe una sua redazione organizzata che consentiva di realizzare programmi quotidiani di qualità.Nel 1987 mons. Cusinato viene nominato abate della parrocchia del Duomo di Castelfranco. Torna così alla direzione mons. Bordin, che continua ad essere vicario per la Pastorale.

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