Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
STORIE DI SPERANZA 5: La disabilità non impedisce di poter fare canestro
Le carrozzine sfrecciano da una parte all’altra del campo, la palla da basket vola da una carrozzina all’altra, poi arriva a un ragazzo un po’ più grandicello, che la mette a canestro. Piroette sulle carrozzelle e urla dei ragazzi. La partita ti coinvolge: è un piccolo campionato dell’ente di promozione sportiva Unione italiana sport popolare, Uisp, nella palestra di Piombino Dese, ma l’agonismo è contagioso. Ti prende l’entusiasmo di genitori e amici sugli spalti, e quasi non ti accorgi che in campo ci sono atleti in carrozzelle, che tutti i giocatori hanno limiti motori e intellettivi. Quasi tutti sono bambini. In squadra sono una decina. Ognuno di loro supera grandi ostacoli: una paralisi, la mancanza di un arto, oppure la mente un po’ confusa da una grave malattia. Eppure, si gioca, ci si diverte, ci si sente vivi. Gli occhi del più giovane, che avrà circa dieci anni, seguono costantemente la palla, mentre le sue piccole mani, che quasi non coprono la circonferenza del corrimano con cui spinge la carrozzina, guizzano avanti e indietro, nonostante le difficoltà motorie.
A bordo campo, c’è la regista di questo spettacolo, di questa rinascita al movimento e alla socialità di giovanissimi atleti con disabilità: Silvana Vettorello. Lo scorso 2 dicembre ha ricevuto il premio “Olimpo” al Gran Galà dello sport paralimpico veneto. Ha 39 anni di sport alle spalle, molti dei quali condivisi con il marito Franco, anche lui uno sportivo, scomparso qualche tempo fa. La disabilità accompagna Silvana quasi dalla nascita, ma è stata una compagna stimolante, una continua apertura allo sport e al volontariato.
Silvana racconta di non immaginarsi diversa da così fin da quando, ancora giovanissima, il compaesano Francesco Marin, di Ca’ Rainati in provincia di Treviso, l’ha portata ad assistere a una partita dell’Aspea, associazione sportiva paralimpica di Padova. Il basket le è entrato nel sangue, tanto che è arrivata a giocare nel quintetto base della nazionale italiana paralimpica, con cui ha partecipato a due campionati europei. Nel 2011 diventò capitana della nazionale. Tra il 1983 e il 1991, ha trovato anche il tempo di praticare atletica leggera. Nel 1983 ha ottenuto il record del mondo nei 100 metri in IV categoria, e nel 1984 ha partecipato alle Paralimpiadi di Stoke Mandeville, conquistando il bronzo olimpico nella staffetta 4x400 (V categoria).
Nel 2000, assieme ad alcuni amici, Silvana ha fondato l’associazione Padova Millennium basket, con cui ha vinto due dei più prestigiosi trofei nazionali, Coppa Italia e Supercoppa italiana, e un trofeo internazionale, la Willi Brinkmann cup. Le vittorie sono state tante, ma l’impegno più grande per Silvana è diventato il doppio ruolo di aiuto allenatore e dirigente. Da vice presidente, è poi passata a presidente della Millennium basket. “Chi meglio di te?”, le hanno detto. Ma l’impegno è enorme: la Millennium ha conquistato la Serie A e i costi sono saliti vertiginosamente. Giocare anche solo con giocatori italiani porta già a spese superiori ai centomila euro l’anno. Le ultime trasferte in Sardegna sono costate quasi cinquemila euro. Bisogna poi pagare allenatori, palestre. Silvana va avanti con volontà e speranza. Non si volta mai indietro. Ogni sabato è lì, nella palestra di Piombino Dese, con i piccoli atleti. Tutti sulle carrozzelle fiammanti, entusiasti e desiderosi di giocare. Uno dei suoi ex atleti ha avviato una fabbrica di carrozzine per portatori di disabilità motorie e l’aiuta a tenerle in efficienza, insieme ai genitori dei ragazzi. Ora sono riusciti a organizzare, con il Comune di Piombino Dese, un torneo europeo: le squadre arriveranno da Polonia, Turchia, Gran Bretagna e Spagna.
Il sabato, però, è il giorno che più coinvolge Silvana. Con il suo gruppo di giovanissimi fa allenamento, tutti l’attendono con ansia. Lo scorso sabato è arrivato un ragazzino con disabilità, un po’ triste e titubante. Alla fine dell’allenamento, ha detto: “Quando ho visto giocare un vostro atleta che poteva usare solo una mano, ho deciso di venire. Per cortesia, mi prendete?”.
Per quanto possa sembrare strano, o forse no, gli sponsor non si trovano. Oggi ci pensa il padre di uno degli atleti. I contributi dei Comuni non arrivano (solo il Comune di San Zenone dà qualcosa) e quelli regionali sono poca cosa, a fronte di un grande sforzo burocratico. Servirebbe di più, anche altri volontari sarebbero ben accetti. Ma oggi Silvana non ci pensa. Oggi vuole raccontarsi, far sapere la gioia che lo sport e la sua attività di allenatrice le hanno dato. E continua a coltivare grandi speranze per il futuro.