sabato, 16 novembre 2024
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Moser: "Le sfide sono il sale della vita"

Intervista al campione ciclistico Francesco Moser, ospite ad Asolo al Festival del Viaggiatore. 

Il Festival del viaggiatore di Asolo ha scelto un ospite d’eccezione per chiudere questa importante rassegna culturale. Un personaggio che del viaggio in bicicletta ha fatto una professione: Francesco Moser. E Moser, all’hotel Cipriani, sollecitato da Ivan Zazzaroni, direttore del Corriere dello sport, non ha deluso le attese. Non ha solo dato risposte alle tante curiosità degli intervenuti, ma ha a sua volta attaccato, a cominciare proprio dai recenti campionati del mondo di ciclismo svoltisi in Australia, con la vittoria di Remco Evenepoel: “Sia chiaro che è stato un mondiale vinto dal più forte e meritatissimo perché nel momento topico della gara non ha avuto esitazioni e non ce n’è stato per nessuno. Non ho capito, però, la tattica dei francesi che hanno attaccato dividendo il gruppo, ma poi non hanno dato seguito…”.

Dopo il ciclismo sei diventato costruttore, viticoltore e ora anche scrittore.

Ho scritto due libri. Uno a 50 anni, che poi erano gli anni di mio fratello quando sono nato io. Ora questo per i miei 70 anni dedicato a tutte le bici con le quali ho corso. La bicicletta come mezzo meccanico mi ha sempre interessato e coinvolto, appassionato…

Hai sempre cercato nuove sfide nella vita.

E’ il sale della vita, la sfida. Nel ciclismo ho avuto la fortuna di arrivare in un momento storico di cambiamenti, dove la scienza è entrata nello sport. Quando mi è stato proposto di fare il record dell’ora, l’azienda mi ha messo a disposizione un’équipe di specialisti e scienziati, una vera novità per quei tempi e anche per il ciclismo.

Il ciclismo ti ha permesso di vincere molto.

Vincere è sempre stato l’obiettivo. Ho vinto 273 gare, ma non sono contate quelle su pista. Avrò vinto una ventina di “6 giorni”, tanto per dire...

Rivalità con Saronni: vera o falsa?

Quando si correva non c’era verso di andare d’accordo. Io l’ho anche aiutato a vincere qualche corsa, ma lui non me l’ha ancora resa… Comunque, ora le cose sono cambiate e ora siamo parecchie volte insieme.

Come facevate in occasione del mondiale?

La rivalità non c’era, perché noi eravamo sicuri di andarci. La battaglia era nel portare un gregario più dell’altro. Ci davamo da fare per aiutare i nostri compagni a vincere, così Martini li convocava.

Tu eri lo sceriffo. Perché?

Negli ultimi anni di corsa è stato Magrini che mi ha chiamato così, perché cercavo di tutelare gli interessi dei ciclisti.

Ma perché il Tour è considerato più importante del Giro?

Perché i francesi sono più bravi degli italiani a vendere il loro prodotto. Tecnicamente non c’è differenza; la differenza è nella partecipazione, nella qualità dei partecipanti.

Ciclismo e doping. Cosa ne pensi? 

Il doping nello sport è sempre esistito. Solo che il ciclismo ha fatto la corsa per danneggiarsi. Il doping era normale prima dei controlli. Poi sono state applicate le regole, cioè il ciclismo le ha applicate, gli altri sport no o lo hanno fatto in maniera diversa.

Come nel caso Pantani?

Ecco, Pantani non è mai stato squalificato per doping, ma per tutelare la sua salute. L’Epo lo usavano tutti e lui è stato fermato perché era fuori parametri; lo hanno privato di un Giro e da lì sono nati i suoi problemi. Doveva a mio avviso scontare la squalifica e poi ritornare a vincere e pensare solo a quello, ma così purtroppo non è stato.

Nelle settimane scorse ha smesso un grande del tennis come Federer. Tu quando hai capito che dovevi smettere?

Prima sono sempre stato io che andavo in fuga e gli altri erano costretti a inseguirmi. Quando mi sono accorto che ero io che dovevo inseguire, allora ho deciso di smettere. Federer ha smesso a 42 anni ? Mo loro non rischiano nulla, sono delle “signorine” rispetto a noi ciclisti.

Cos’è per te la vittoria?

Ho sempre pensato che non basta partecipare, bisogna vincere, altrimenti meglio lasciare. Non si deve mai essere contenti per un piazzamento, serve solo la vittoria.

 

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