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STORIE DI SPERANZA 3: Una casa dove tornare a sperare

La storia di Marco, che dopo anni passati a dormire in strada e in chiesa a Santa Maria sul Sile, a Treviso, dove è stato accolto grazie alla parrocchia e ad alcune famiglie di volontari, oggi ha un alloggio dove vivere e una nuova speranza per il futuro

Marco mi accoglie, assieme ai volontari della parrocchia di Santa Maria sul Sile, in un piccolo alloggio, che fa parte dei progetti di housing residenziale protetto del Comune di Treviso.

Dall’8 di novembre scorso, ha un tetto sopra la testa, reso confortevole dall’amore e dalla cura dei volontari, e un progetto individuale seguito da assistenti sociali ed educatori del Comune, che lo sostengono nella sua ritrovata autonomia e serenità.

Così, Marco si siede e racconta, come, da una vita serena e agiata, sia finito a vivere per strada, tra mille difficoltà e pericoli.

Mentre parla è un fiume in piena, ma preciso, nei ricordi vividi, che riempie di dettagli ed emozioni. Oggi ha 67 anni, una vita da raccontare, degna di un romanzo di Zola, e una piccola speranza per il futuro, fatta di calore, amicizia e vicinanza.

Ricco di famiglia, nei primi anni della sua vita, a Milano, si gode i frutti della sua fortuna. Ha una madre e dei nonni che lo hanno molto amato, è un giovane rampollo della “Milano bene”, che non bada a spese e si gode la vita. Dopo la separazione dalla sua compagna, nel 1984, inizia il percorso che lo porterà alla rovina: parte per Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana, dove trova lavoro nelle forze di sicurezza e rimane fino al 1988. Lì conosce un personaggio che poi, negli anni successivi, in Italia, tornerà a far parte della sua vita. Dopo un periodo trascorso a Milano, alla morte della madre, decide di vendere gli appartamenti e parte alla volta di Cuba, insieme a un amico che vive a sue spese. “Questo amico - racconta Marco - mi ha proposto un nuovo affare, si trattava di investire i soldi della vendita degli appartamenti a Milano in un residence per le vacanze a Santiago di Cuba. Io mi faccio convincere, e lascio al mio amico e alla sua compagna uno degli appartamenti del residence nel quale vivere, in cambio della gestione dell’attività. Un anno dopo, però, io non avevo ricevuto ancora alcun soldo da questo mio amico. Ma a Cuba non scherzano, per rimanere bisognava pagare una tassa mensile, e quando non ho più potuto pagare, perché non avevo più soldi, mi hanno rimandato in Italia”.

“Sono atterrato a Bari nel 2016 senza neanche un soldo, per qualche giorno ho dormito all’aeroporto, il personale dei bar mi dava qualcosa da mangiare, ho chiesto aiuto a dei conoscenti a Milano, ma non mi hanno mandato nulla, così ho iniziato a girare, mi sono fermato un po’ a Cesena, dove ho fatto il cuoco, poi sono arrivato a Milano, dove ho vissuto 8 mesi per strada: dormivo alla stazione, mi lavavo nei giardini dietro alla casa dove avevo abitato, per sei mesi non ho mai tolto le scarpe. Le città grandi sono posti brutti dove vivere per strada, tolgono la dignità, è un’esperienza che non auguro a nessuno”.

Poi, torna in scena l’avvocato conosciuto a Santo Domingo, che apre alcuni locali a Treviso e gli offre un luogo in cui stare a Dosson. Con il Covid, però, nel marzo del 2020, questo personaggio scompare e Marco finisce di nuovo in strada: “Dormivo su una panchina, nei giardinetti, in parrocchia mi aiutavano un po’, poi, mi hanno consigliato di contattare la Caritas”. Da lì i passaggi nel dormitorio di Casa della carità e di via Pasubio: “Per due anni ho dormito in strada, attorno a Santa Maria sul Sile, dove, il 15 dicembre, mi hanno accolto all’interno della chiesa”.

Lì è rimasto per 18 mesi. Per lui era stata trovata una soluzione in una comunità alloggio, ma non era quella adatta alla sua indole, poi, a ottobre del 2024, è arrivata questa soluzione residenziale: “Qui è rinato - raccontano i volontari della parrocchia, due famiglie che ancora oggi si prendono cura di lui - ha tutto il necessario per una vita serena e per sperare nel futuro, e ha anche ricominciato, da cuoco quale è stato, a cucinarsi dei deliziosi manicaretti”.

“Oggi - conclude Marco - devo ringraziare innanzitutto Dio, poi chi mi ha aiutato, don Giovanni Kirschner, l’Amministrazione comunale, i volontari della parrocchia e gli amici, quelli veri, che non fanno mai mancare la loro presenza”.

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