Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Giornata per la consapevolezza sull’autismo: nulla da celebrare
Nulla da celebrare, men che meno da festeggiare. Per Gianluca Nicoletti, giornalista e voce nota di Radio 24, non ci sono motivi per segnare sul calendario la data del 2 aprile, Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. Non più, almeno, visto che, dopo anni di iniziative, campagne, battaglie per sostenere i diritti delle persone con autismo e delle loro famiglie, Nicoletti è stanco di veder infrangere contro un muro di gomma tutti gli appelli. Per suo figlio Tommy di 26 anni e altri ragazzi, ha creato la fondazione Cervelli ribelli onlus e aperto uno spazio attrezzato a Roma, nel quartiere Prati, per dare vita a tanti progetti e laboratori d’arte. Al Sir racconta: “Il mio punto d’arrivo è creare un posto bello in cui stiano bene i ragazzi con autismo. Accendere i monumenti per celebrare la Giornata non mi serve più”.
Tempo fa disse di essere stanco di ricordare il 2 aprile. Eppure credeva in questa Giornata. Ora non più, perché?
Quest’anno ho scelto l’oblio volontario. Non ho nulla da aggiungere. Questa data è sempre più vuota di contenuti e significati, almeno nel nostro Paese. Si ricorda la Giornata dedicata alle persone con lo spettro autistico, ma intorno c’è il deserto. Tempo fa è arrivata alla Camera una proposta di legge per inserire la mototerapia anche per gli autistici, ma penso sia solo una forma di apertura verso le fragilità senza un reale impegno per risolvere i problemi. La minoranza ha avuto paura di prendere una posizione. Capisco che nessuno si voglia mettere contro una terapia usata finora nei pazienti oncologici, ma c’è approssimazione. Sono inseguito da mail di famiglie che mi chiedono cosa fare. Sono desolato, perché cosa posso rispondere? Proprio in questi giorni, in Toscana, i genitori dei bambini con un disturbo dello spettro autistico chiedono di ricevere il contributo economico per le cure svolte nel privato, che hanno costi elevati. In tutta Italia i tagli sono continui. Le persone che dovrebbero stare nelle strutture sociali sono in quelle sanitarie, le diagnosi arrivano sempre più con lentezza e anche la scuola ha fallito: l’ultimo caso vede un preside che ha sospeso un alunno iperattivo per 17 giorni.
La fondazione Cervelli ribelli onlus cosa offre?
La fondazione ha in comodato d’uso da tre anni un locale in via Tommaso Gulli 3, a Roma, dove sono attivi laboratori d’arte. A breve, tireremo le somme di un progetto di un anno che ha permesso a due persone ad alto funzionamento di lavorare in un’azienda informatica specializzata in cybersecurity. Sono ragazzi che hanno sviluppato una meticolosità eccezionale e che, seguiti da tutor, si possono esprimere al meglio. Mio figlio, invece, ha trovato la sua espressione tramite la tavoletta grafica. E’ un percorso lento, ma sto cercando di fare dei piccoli bandi con dei privati per aprire dei laboratori e riuscire a mantenere una struttura di 160 metri quadrati attrezzati. Il mio punto d’arrivo è creare un posto bello in cui stiano bene i ragazzi con autismo. Accendere i monumenti per celebrare la Giornata non mi serve più.
Per il progetto insieme a Palazzo Merulana avete formato gli operatori del museo per accogliere le persone con autismo.
Sì, abbiamo fatto delle lezioni frontali, ma l’apice è stata una giornata in cui i ragazzi autistici hanno riprodotto e interpretato le opere esposte. Vorrei trovare altri musei interessati alla formazione.
La legge sul “dopo di noi” ha fallito secondo lei, perché?
E’ una legge scritta sull’acqua, di cui non si sa nulla. Non ho ancora capito cosa dovrei fare per accedere ai fondi. Alla Regione Lazio hanno chiuso tutto e non se ne parla per ora. Per anni mi sono mosso come giornalista e come padre sul piano dell’informazione di progetti e buone prassi sull’autismo, ora ho completamente abbandonato l’idea che ci siano piste istituzionali da seguire. Ho investito tutto quello che avevo nel locale, aperto come centro, sostenuto insieme a dei privati. Attorno a me vedo genitori che si stanno muovendo allo stesso modo, in maniera autonoma, che fanno quello che possono.
Ha scritto che sarebbe meglio affidarsi a un trust.
Ho trovato uno dei massimi esperti in Italia, Mauro Norton Rosati di Monteprandone, che era pure mio compagno al liceo. L’ho ospitato in radio e da quel momento ho ricevuto una valanga di mail di famiglie interessate. Lo strumento del trust fa in modo che quando non c’è più il genitore il figlio possa disporre di una rendita. Certo lo può fare chi ha una casa, ma ci sono famiglie che non hanno nulla.
In alternativa, quale dovrebbe essere il futuro delle persone con disturbi dello spettro autistico?
Rimane ancora l’idea che l’unico destino possibile sia chiuderli in qualche struttura. Non lo voglio accettare e lo rifiuto. I nostri ragazzi valgono e sono una retta appetibile per le strutture e le cooperative. La nuova linea guida emessa dall’Istituto superiore di sanità è più contestata che accettata. Ci sono problemi da tutti i punti di vista.