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STORIE DI SPERANZA 1: Una vita al futuro

Sono le storie che abbiamo deciso di raccontare in questo periodo natalizio, a partire dalla vicenda della giovane Natascia e il suo percorso di autonomia conquistata
19/12/2024

Una delle categorie di persone la cui narrazione è troppo spesso retorica in negativo è quella dei “giovani”, soprattutto quando si tratta di adolescenti o poco più. Difficilmente, gli adulti credono di poter imparare qualcosa da loro, ma ci sono storie, come quella di Natascia, a dimostrazione che la saggezza è un fatto anche di ascolto di sé e di approccio alla vita. La sua voce è squillante e l’aspetto sicuro, mentre dall’alto dei suoi quasi 22 anni racconta una storia ricca di energia e speranza.

Famiglia cercasi

Natascia viveva a Verona con i genitori e la sorellina, ma a tre anni i Servizi sociali sono intervenuti e le hanno tolte alla famiglia, perché si era dimostrata inadeguata. Nei quattro anni successivi, ha cambiato diverse comunità e poi a otto anni è stata adottata da una coppia di Treviso; dopo pochi mesi, anche la nuova situazione si è dimostrata fallimentare, visto che le due bambine hanno subìto violenze sia fisiche che psicologiche. Così, sette anni dopo l’adozione, le due sono tornate in comunità. Lì, la più giovane ha deciso di rimanere ed è tuttora, mentre Natascia ha accettato di fidarsi di una nuova coppia che l’ha presa in affido. Al compiere dei vent’anni della ragazza, i genitori affidatari hanno chiesto di poterla “restituire” e così i Servizi sociali l’hanno coinvolta nel progetto della cooperativa Kirikù “Vadoaviveredasolo”, che dal 2021 supporta i neo maggiorenni provenienti da percorsi di comunità o di affido o da famiglie in difficoltà, che tentano la vita autonoma. Kirikù le ha messo a disposizione un appartamento a Montebelluna, ma non è stato un passaggio facile: “Mi è sembrato che il mondo mi cadesse addosso: mi sono sentita rifiutata e mi sono fatta tante domande su cosa non andasse in me”, racconta Natascia.

L’appartamento di Montebelluna è stata la casa di Natascia per un anno e mezzo, e lì ha imparato, innanzitutto, a prendersi in carico la propria situazione sanitaria, che la vede soffrire di una malattia neurologica senza diagnosi, e quindi a programmarsi i controlli e a comprendere come usufruire delle esenzioni. Poi, è venuta la gestione della casa (bollette, spazzatura, pulizie) e la ricerca di un lavoro (oggi è front officer in una azienda), infine il conseguimento della patente di guida e l’acquisto della macchina. Un percorso di autonomia conquistata con successo, grazie all’accompagnamento da parte degli educatori, che nel parlare di lei hanno l’orgoglio nella voce, ma per il quale è servito tirare fuori tutte le doti che Natascia non sapeva di avere.

Trovare le risorse

“A un certo punto, ho capito che non era colpa mia se le cose erano andate in questo modo e mi sono rimboccata le maniche - spiega Natascia -. Ho realizzato che, anche se non ho una famiglia, forse ho avuto dal destino delle doti che mi hanno aiutata, per esempio sono carina e ho un buon modo di pormi, così ho vicino tante persone che mi vogliono bene, e posso affidarmi a loro. Sono fiera di me, perché ci sono stati molti momenti in cui ho pensato che non ce l’avrei fatta, che mi sentivo sola e disperata, però ringrazio me stessa perché ho autoironia e so essere sempre positiva; con il tempo, ho imparato anche a chiedere aiuto alle persone giuste, ma, al contempo, voglio essere una persona capace di affidarsi a se stessa e alle sue capacità. Ci sono stati vari momenti in cui non ho avuto quello che speravo dalle mie famiglie, e mi auguro di poterlo fare con la mia futura famiglia”.

Un futuro tracciato

A gennaio si concluderà ufficialmente il percorso di Natascia nel progetto di Kirikù, perché si trasferirà con il suo ragazzo in Trentino. Una decisione molto ragionata: “Ho fatto un’analisi di me stessa e ho deciso che andrò a convivere, perché mi ritengo di essere un po’ troppo fragile per vivere da sola, però riesco anche a vedere le relazioni in modo razionale e so che attraverso il lavoro, eventualmente, posso rendermi indipendente in qualsiasi momento”. Natascia, infatti, non ha lasciato il suo attuale lavoro finché non è stata assunta nel nuovo, dimostrando di non volersi affidare esclusivamente al compagno e di tenere molto alla sua autonomia conquistata. “Mi fido di me stessa: ce l’ho sempre fatta e ce la farò. Mi immagino i prossimi anni con lui e una nostra famiglia, ho scelto di andare lassù perché, per la mia malattia, un posto tranquillo è la cosa migliore. Nella vita vorrei non avere rimpianti, perché ho tante cose che vorrei fare. Mi piacerebbe diventare qualcuno, fare carriera in azienda. Chissà, magari più avanti farò l’università”.

Il suo messaggio di speranza

“A chi si trova in situazioni simili a quelle che ho passato io, consiglio di chiedere una mano e di cercare di investire molto nei rapporti con gli amici, ma anche di non dare per scontata la presenza di fratelli e sorelle. Se gli educatori e le persone mi vogliono bene è anche merito mio, perché bisogna fare del bene per ricevere bene, quindi essere sempre gentili con gli altri. Soprattutto, consiglio di guardare al presente e al futuro, non concentrarsi sul passato ma su sogni e obiettivi”.

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