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Prevenire il “ritiro sociale” degli hikikomori, interessante incontro a San Donà

Gli hikikomori sono prevalentemente adolescenti o giovani adulti maschi che, mettendo in atto un meccanismo difensivo, rompono ogni legame con una società che reputano opprimente e inguaribilmente malata, chiudendosi in camera, dalla quale escono raramente. “Il problema arriva quando si perde la cognizione del tempo vissuto in questo stato - sottolinea l’esperto Marco Crepaldi -: dopo anni vissuti da hikikomori, molti giovani, non riescono più a tornare in società e sentono la loro vita compromessa: a questo punto, molti di questi, non trovano altra via d’uscita che il suicidio”
21/11/2024

Come aiutare chi ha bisogno di aiuto ma non vuole essere aiutato? E’ stata questa la domanda chiave della serata “Prevenire e riconoscere il ritiro sociale: strategie educative” tenutasi venerdì 15 novembre nel centro culturale “L. Da Vinci” di San Donà. La serata, organizzata dal Comune, in collaborazione con l’Ulss 4 e l’associazione “Il solstizio”, ha visto la partecipazione di Marco Crepaldi, presidente dell’associazione Hikikomori Italia e autorevole esperto di questo fenomeno sociale, e di Elisabetta Baioni, direttrice dell’unità operativa complessa “Infanzia, adolescenza, famiglia e consultori” di Ulss 4.

Crepaldi ha delineato le caratteristiche degli hikikomori: “La parola in giapponese indica un ritiro sociale, volontario e cronico”. ”Gli hikikomori sono comparsi negli anni Ottnta in Giappone, dove oggi ne sono presenti circa 1,5 milioni. Sono presenti anche in Italia, dove secondo l’Istituto superiore di sanità, sono circa 60 mila: dato, questo, probabilmente sottostimato”.

Gli hikikomori sono prevalentemente adolescenti o giovani adulti maschi che, mettendo in atto un meccanismo difensivo, rompono ogni legame con una società che reputano opprimente e inguaribilmente malata, chiudendosi in camera, dalla quale escono raramente. “Il problema arriva quando si perde la cognizione del tempo vissuto in questo stato - sottolinea Crepaldi -: dopo anni vissuti da hikikomori, molti giovani, non riescono più a tornare in società e sentono la loro vita compromessa: a questo punto, molti di questi, non trovano altra via d’uscita che il suicidio”.

Crepaldi, quindi, traccia il percorso degli hikikomori, che “si isolano perché schiacciati da una duplice pressione: la prima proveniente dalle famiglie sì benestanti e con un buon tenore di vita, ma ansiose e ansiogene, che caricano di aspettative e pressioni i propri figli; la seconda, invece, è una pressione di tipo sociale che vede l’unica realizzazione delle persone nel successo. E’ bene sottolineare che gli hikikomori non si isolano a causa di Internet o degli smartphone, come erroneamente sostiene il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ma perché necessitano di giorni per decomprimere l’ansia sociale che li circonda”.

Caratteristica che accomuna molti di questi giovani, intelligenti e sensibili, è il fatto di non voler ammettere, per una singolare forma di orgoglio-timidezza, di aver bisogno di chiedere aiuto a qualcuno.

“Le famiglie devono usare parole di speranza con i loro figli e non mettere loro ulteriore pressione. Dobbiamo insegnare, poi, ai ragazzi a manifestare le loro emozioni di debolezza, rompendo quest’idea tossica per cui i ragazzi devono risolversi i problemi da soli”, suggerisce Crepaldi.

L’assessora alle Politiche sociali, Federica Marcuzzo, ha delineato le politiche giovanili dell’Amministrazione: “Il progetto che stiamo varando si chiama «Educhiamoci, costruire insieme la comunità del futuro» e ha diversi aspetti. Vogliamo ripensare lo spazio giovani, prendendo ispirazione dal bando della “Regione Veneto «Destinazione desideri in azione», dove i giovani possono dar forma ai loro desideri, senza ansie da prestazione. Vorremmo coinvolgere in questa riflessione tutti gli adulti educanti”.

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