Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Quando i sogni dei giovani italiani si trovano all'estero
L’Italia sta pericolosamente percorrendo una strada velocemente e a senso unico, caratterizzata da svuotamento e spopolamento, dove alle partenze non corrispondono i ritorni
Secondo l’Aire, anagrafe degli italiani residenti all’estero, il numero di cittadini italiani che risiedono fuori dall’Italia è incrementato in modo esponenziale dalla crisi del 2008.
La pandemia, con oltre due anni di rallentamento sociale ed economico, ha confermato e accentuato il fenomeno.
Per l’Istat, tre italiani su quattro che si trasferiscono all’estero hanno dai 25 ai 40 anni, uno su tre ha almeno una laurea, molte sono giovani donne.
Il motivo di fondo non è la cucina inglese o il clima canadese, ma le migliori opportunità di studio, di lavoro e di vita, che in generale Paesi come questi e altri sono in grado di offrire.
Non si tratta solo - e comunque giustamente - di essere pagati secondo le proprie conoscenze e competenze, acquisite in Italia e di cui godono i Paesi ospitanti, ma proprio di un maggior riconoscimento della dignità e dei diritti della persona che lavora.
Per le giovani donne, è anche la concreta possibilità di superare il divario di genere presente in Italia, in termini di retribuzione, mentalità e opportunità da noi non così eque.
Il confronto con chi lavora all’estero è davvero stridente quando capita di parlare con i giovani che lavorano qui: si sentono mediamente dei miracolati per il fatto di avere ottenuto un qualsiasi lavoro e sono disposti a sopportare condizioni che non hanno nulla a che fare con lo spirito di sacrificio e il senso di responsabilità.
Pagati poco e male, spesso non per il numero di ore realmente lavorate, con orari ostili alla costruzione di una normale vita personale e familiare, vengono talvolta accusati di pensare solo all’aperitivo.
Ma come si può arrivare a fine mese con questi (loro) stipendi?
Secondo l’Ocse, l’Italia è l’unico Paese europeo in cui i salari sono diminuiti rispetto al 1990, precisamente del 2,9%.
Nello stesso trentennio, sono, invece, aumentati del 33% in Germania, del 31% in Francia, di un risicato 6,2% in Spagna e, ovviamente, raddoppiati nei Paesi dell’Europa centrale.
Mentre i nostri nati dopo il 1986 hanno il reddito pro-capite più basso della storia repubblicana.
Ne consegue che la drammatica denatalità italiana sia direttamente correlata ai giovani disoccupati o sottopagati in patria, come all’emigrazione dei loro coetanei.
Nell’edizione 2021 del rapporto Migrantes, si legge che nell’ultimo anno l’aumento della popolazione Aire è stato del 3%, ma questo dato diventa il 13,6% dal 2016 e l’82% dal 2006, anno della prima edizione.
I veneti all’estero sono quasi mezzo milione, per lo più giovani, perché i pensionati tornano.
Migrantes commenta che l’Italia sta “pericolosamente percorrendo [una strada] velocemente e a senso unico, caratterizzata da svuotamento e spopolamento, dove alle partenze non corrispondono i ritorni.
Se, peraltro, a lasciare l’Italia sono i giovani nel pieno della loro vitalità personale e creatività professionale, è su questi che si deve concentrare l’attenzione e l’azione”.
Una responsabilità di tutti per il prossimo 25 settembre.