Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Attenzione a non confondere il fine con il mezzo
Per mantenerci consapevoli e quindi responsabili delle nostre vite e liberi nelle nostre scelte, ci vorrebbe non qualche social di meno, ma molta più educazione
Ancora alla luce dei tragici avvenimenti di Casal Palocco, possiamo chiederci se si possa usare e non abusare dei social.
I social sono semplicemente dei “new media” e, come è già accaduto con tv, cinema, radio e giornali, essi influenzano, per loro stessa costituzione, il pensiero, il comportamento e le abitudini di tutte le persone.
L’impatto di tutti i media sui nostri usi e costumi è notevole, nel bene come nel male, come ogni mezzo che non venga scambiato per un fine.
Anzi, potremmo dire che il rischio sia che l’aumentare dei mezzi diminuisca i fini.
Per mantenerci consapevoli e quindi responsabili delle nostre vite e liberi nelle nostre scelte, ci vorrebbe non qualche social di meno - sì, anche questo -, ma molta più educazione.
E’ davvero così strano sentire oggi un adulto che dica, ad esempio, “Magari mia nipote diventasse la prossima Ferragni”?
Ci sono bambini, adolescenti, ma anche adulti che li utilizzano in modo inappropriato e sproporzionato, ma esistono anche persone, giovani in gamba e di talento, che meritano di non essere confusi con gli altri, bensì di essere valorizzati e sostenuti.
D’altra parte, si vede chiaramente che chi dà credito e seguito a certi modelli ha, in genere, un livello di istruzione basso e di cultura inesistente, non ha adulti di dignitoso riferimento e, soprattutto, vuole guadagnare il più possibile e il più facilmente possibile, quindi anche in modo disonesto.
Sì, il punto focale è quanto “dio-denaro” ci sia nelle persone a scapito di gioia, bellezza, sensibilità, intelligenza, ingegno, amore, relazione, comunicazione, rispetto… tutti con la lettera maiuscola.
Il “dio-denaro” è l’eterno sostituto dell’uomo illuso di auto-sufficienza: c’è sempre stato, ovviamente, solo che un tempo dovevi almeno fare la fatica di rubare, ora invece puoi direttamente venderti.
Ora puoi partecipare a un “Collegio”, ad esempio, e poi metterti su OnlyFans e vendere le tue foto, assieme alla tua integrità, e magari fare lo stage a Budapest alla Rs Academy, dicendo ai tuoi genitori “Se per voi è un problema, andate in terapia a elaborare la mia libertà di attivista”.
Oltre tutto, un insulto ai veri attivisti, la confusione con chi è attivo nei social con le sue farneticazioni.
Di questa povera ragazza, a dire il vero neanche molto simpatica a causa della saccente arroganza, sappiamo, perché prima ha fatto un reality, ma di quanti ragazzi non si sa dove li spinga la possibilità di fare soldi spogliandosi davanti alla telecamera nel bagno di casa?
La narrazione comune è che chi lavora, e lavora onestamente, magari dopo aver studiato, è pressoché un miserabile, e gli stipendi sembrano confermarlo: meglio dunque aprire un profilo social e, se talento non c’è, si mostra dell’altro.
La professione è sempre la stessa, purtroppo, ma detta in inglese - “sex worker” - nasconde ipocritamente tutta la sua brutalità.
Ancora una volta, “L’essenziale è invisibile agli occhi”, ma c’è.