lunedì, 14 aprile 2025
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Veneto “incompiuto”: l’eredità di Bepi Covre

Il “leghista eretico” ricordato in un convegno a Villorba, a cinque anni dalla scomparsa

Oggi, se Bepi Covre avesse accettato la proposta di guidare il Movimento del Nordest lanciatagli da Massimo Cacciari, Giorgio Lago e Mario Carraro nel 1997, forse potremmo raccontare un’altra storia del Veneto. Se ne è detta convinta Simonetta Rubinato, fondatrice di Veneto per le autonomie, che, insieme a Paolo Franco, Ettore Beggiato e Gian Angelo Bellati, ha voluto rileggere l’autobiografia del leghista “eretico”, giusto cinque anni dopo la sua scomparsa. Di fronte ai famigliari (la moglie Oliva e i figli Giovanni e Martina), un pubblico di amici ed estimatori, riuniti nella libreria Lovat di Villorba, quello tratteggiato dai relatori, moderati dal giornalista Enrico Scotton, è un ritratto di un veneto, idealista ma pragmatico, di un federalista convinto, di un imprenditore “prestato” alla politica, che sul finire degli anni Novanta capeggiò la rivolta dei sindaci, un movimento di popolo che divenne una questione nazionale, tanto da finire sotto i colpi dei partiti, primo fra tutti la Lega di Bossi.

“Covre si sentì pugnalato alla schiena proprio da quelli che pensava essere i primi sostenitori del progetto, i suoi compagni di partito”, ricorda Beggiato, uno dei fondatori della Liga veneta. E non ebbe il coraggio, come scrive lui stesso nell’autobiografia “Sono un veneto”, di accettare l’invito del sindaco-filosofo, del giornalista di valore e del grosso imprenditore illuminato.

“Risposi - scrive Covre - che la cosa mi gratificava, ma ero sindaco appena riletto e parlamentare e loro mi chiedevano di cancellare tutto e subito. Come potevo fare”.

“Un momento di sconforto, forse. O più semplicemente – ipotizza Simonetta Rubinato – l’ennesimo atto di coerenza di un uomo e amministratore che ha interpretato la politica come servizio al prossimo. Certo, quel suo no decretò la fine di una stagione straordinaria, grazie alla quale il Veneto riuscì a conquistare le prime pagine nazionali e a rivendicare con forza e numeri il suo valore. Quello che nessuno poi, nemmeno chi in teoria avrebbe dovuto raccogliere l’eredità del leghista «eretico», è riuscito più a fare”.

Del fatto che il Veneto oggi sia certamente più povero, politicamente parlando, si è detto convinto anche Paolo Franco, accomunato a Bepi Covre per essere stato anch’egli un imprenditore prestato alla politica. “Rileggendo l’autobiografia ho ritrovato i tratti tipici di un territorio che non si ferma davanti a un problema, non si piange addosso, ma cerca sempre una soluzione. Bepi era così, uomo pragmatico come lo sono i sindaci e gli imprenditori, chiamati ogni giorno a trovare soluzioni”.

Covre era un uomo libero che combatteva pregiudizi e stereotipi. “Ricordo quando venne da me per chiedermi di aiutarlo a smentire, dati alla mano, quell’immagine che voleva i veneti tutti evasori. Lui aveva ben chiaro il tanto che il Veneto dava al Paese e il poco che vedeva tornare dallo Stato in termini di servizi. Una disparità percepita sempre più dai cittadini, sulla quale la Lega ha costruito, poi, il suo successo”. Senza però cambiare, poi, le cose. “Tanto che oggi - ha concluso Rubinato - possiamo dire che le cose sono anche peggiorate, visto che centralismo e burocrazia romana sono ancora più forti rispetto ai tempi in cui Covre fece la sua battaglia”.

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