Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
Intelligenza artificiale in classe: la sfida del futuro
“In queste cose don Bosco vuole sempre essere all’avanguardia”, disse un giovane Achille Ratti, futuro Pio XI, nel 1883. Quasi 150 anni dopo, queste parole risuonano più attuali che mai nelle scuole salesiane del Triveneto, dove è in corso una piccola rivoluzione educativa: l'integrazione dell'Intelligenza Artificiale nella didattica quotidiana. L'iniziativa, che coinvolge oltre 800 docenti e migliaia di studenti, non è un semplice aggiornamento tecnologico, ma una risposta concreta a una domanda fondamentale: come educare i giovani nell'era digitale? Semplice: non demonizzando la tecnologia, ma trasformandola in opportunità educativa. È sempre affascinante la creazione di macchine intelligenti. Ma la vera sfida oggi non è tanto la tecnologia in sé, quanto il suo utilizzo per sviluppare l'identità, scoprire i talenti e immaginare futuri diversi. Il progetto parte dalla formazione dei docenti attraverso Gemini AI, lo strumento di Google per l’educazione. Non si tratta solo di tecnologia, ma di un approccio integrato che include bootcamp formativi, supporto continuo e una solida ricerca pedagogica garantita dall’Istituto universitario salesiano di Mestre. Ma perché investire nell'Ia a scuola? Perché, come già Don Bosco aveva intuito nel suo tempo con le scuole professionali, l'educazione non può prescindere dagli strumenti del proprio tempo. L'Ia non sostituirà mai l'insegnante, ma può sollevarlo da compiti ripetitivi, permettendogli di dedicare più tempo alla relazione educativa. La sfida è ambiziosa: trasformare una minaccia quale “Hey Google, fammi i compiti!” in un’opportunità. L'Ia diventa così strumento per sviluppare il pensiero critico, la creatività, la capacità di porre domande significative. Competenze, queste, che nessuna macchina potrà mai sostituire. La vera intelligenza, ricordava San Tommaso d'Aquino, è la capacità di “accogliere dentro di noi qualcosa che è fuori”. Forse è proprio questo il segreto: accogliere l'Ia non come sostituto, ma come strumento per arricchire quell'intelligenza del cuore che da sempre caratterizza l'educazione salesiana.