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Quando il diritto ci fa sorridere

La Corte di cassazione è l’organo supremo della giustizia, il baluardo dell’interpretazione della legge. Tuttavia, tra migliaia di sentenze ogni anno, alcune si distinguono non solo per il loro valore giuridico, ma anche per la loro singolarità e, talvolta, per il loro lato comico. Dalle liti condominiali surreali ai casi di “diritti” inaspettati, ecco alcune delle sentenze più buffe. Una persona che utilizza la bicicletta senza pedalare è un pedone o un ciclista? Ce lo spiega la Suprema Corte. In tema di circolazione stradale, la persona che procede a bordo di una bicicletta, pur senza azionare i pedali ma spingendosi con i piedi per terra, va considerata ciclista e non pedone e deve osservare tutte le relative norme di circolazione. In una sentenza che sembra uscita da una commedia, la Corte di cassazione ha dovuto esaminare il caso di un uomo denunciato per “disturbo della quiete” dopo aver emesso un sonoro rutto in un ristorante. Il cliente si difese sostenendo che il ruttino era una tradizione culturale in alcuni Paesi e un segno di apprezzamento per il pasto. La Corte, pur riconoscendo l’originalità della difesa, ha confermato la multa, stabilendo che il rispetto della quiete pubblica prevale sulle abitudini personali. Un altro caso curioso riguarda la questione se una carriola da muratore sia uno strumento di lavoro o un veicolo. Per sciogliere questo amletico dubbio, c’è chi è arrivato fino in Cassazione. Il codice della strada, nel fornire la definizione dei veicoli, stabilisce che per tali s’intendono le macchine guidate dall’uomo e circolanti su strada, escluse quelle sprovviste di motore per uso di bambini o invalidi. E se lo stesso codice precisa che rientrano nella definizione di veicoli anche quelli a braccia, ossia quelli spinti o trainati dall’uomo, deve pur sempre trattarsi di macchine, non necessariamente a trazione meccanica, elettrica o animale, che tuttavia siano funzionalmente destinate alla circolazione stradale. La carriola munita di una sola ruota non è una macchina ma un attrezzo di lavoro e ad essa, quindi, non può essere attribuita la qualifica di veicolo. Ma continuiamo. In una vicenda surreale, un vicino di casa ha citato in giudizio la proprietaria di un gatto accusandolo di “parcheggiarsi” abitualmente sulla sua auto, lasciando impronte e graffi sulla carrozzeria. Dopo un lungo iter giudiziario, la Cassazione ha stabilito che un gatto non può essere considerato responsabile di danni come un essere umano e che la padrona non poteva essere ritenuta colpevole di “cattiva custodia” di un animale con libertà di movimento naturale. Le sentenze bizzarre ci ricordano che il mondo del diritto, pur basandosi su principi di logica e giustizia, a volte può prendere pieghe inaspettate e persino comiche.