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Veneto, corre la locomotiva
Il Rapporto statistico 2023 fotografa una regione in crescita, oltre le previsioni. E in linea con i dati delle altre regioni leader, Emilia e Lombardia. Tra i punti problematici, lo squilibrio demografico

La Regione Veneto scatta una foto della salute economica e sociale dell’intera regione. Lo fa con il suo ufficio di statistica e con i dati Istat. Leggendo le 130 pagine del Rapporto statistico 2023, abbiamo confrontato i dati con le altre due regioni italiane che in qualche modo si considerano locomotive per il nostro Paese, ovvero Lombardia ed Emilia Romagna. Di quest’ultima, abbiamo utilizzato i dati precedenti alla drammatica alluvione di maggio.
Prodotto interno lordo. Nonostante i ripetuti shock (dalle crisi bancarie alla pandemia, alla crisi energetica, all’impennata della inflazione), la Regione Veneto mette a segno una crescita del pil di 3,7 punti nel 2022, e si stima che un altro punto verrà guadagnato nel 2023. La Cina nel 2022 è cresciuta di 3 punti. Gli Stati Uniti arrivano a un + 2,1 nel 2022. La zona Euro cresce nel 2022 del 3,5 e nel 2023 di circa 1,3. Cosa succede a Emilia e Lombardia, che hanno punti di partenza e condizioni assai simili? In Lombardia, il pil è leggermente superiore, al 3,8 nel 2022, mentre la previsione per il 2023 parla di una crescita dello 0,8. Dati fotocopia per l’Emilia Romagna. Le tre regioni, messe assieme, hanno contribuito a quasi il 40 per cento dell’intero pil nazionale.
Inflazione. Il Veneto gode di un piccolo vantaggio per quanto riguarda l’inflazione, che oggi corre al 7,7 per cento, contro il 7,8 dell’Emilia e l’8 della Lombardia. Secondo i dati della Cgia di Mestre, la perdita di potere d’acquisto medio delle famiglie a causa dell’inflazione sarà pari a 7.533 euro, in Lombardia, a 7.261, in Emilia Romagna, e a 7.253, in Veneto. A livello provinciale c’è la sorpresa di Treviso, al quarto posto nazionale per perdita di potere d’acquisto delle famiglie, 7.948 euro, sopra ci stanno solo Lecco (8.201 euro), Trento (8.461 e, ovviamente, Milano (8.500), la città più cara d’Italia.
Valore aggiunto. I dati sul valore aggiunto, ovvero la differenza tra quanto costa produrre un bene e il prezzo di vendita, mostrano una chiara prevalenza delle aziende venete del settore dei servizi. Soffre il settore industriale che nel 2022 decresce dello 0,7, il settore costruzioni cresce del 4,2, il settore servizi dell’1,8. Per il 2023, si prevede un calo delle costruzioni. I dati del settore costruzioni del 2022, in Emilia, hanno segnato un balzo del 14,4 nel 2022, pure positivo il manifatturiero, con 1,1 in più e i servizi con il 4,6 per cento. Anche qui, ci si aspetta nel 2023 che le costruzioni passino in negativo. Tutti positivi, nel 2022, i dati della Lombardia: nell’anno passato l’espansione lombarda è stata trainata dalle costruzioni (+10,4 la crescita annua del valore aggiunto) e dai servizi (+4,9).
Import ed export. La bilancia commerciale del Veneto è estremamente positiva: l’export, nel 2022, ha totalizzato 82.141 milioni di euro, contro un import di 72.397 milioni. L’export aveva corso già nel 2021. La crescita è stata di 16 punti contro i 35 dell’import; a far lievitare il valore ha contribuito, ovviamente, l’inflazione. Nel 2023 la corsa continua, con un +9 per cento. I numeri della Lombardia sono più consistenti: export 162.606, import 185.299 milioni di euro, anche qui nel primo semestre 2023 c’è una crescita di 8 punti delle esportazioni. Forte vantaggio nella bilancia commerciale per l’Emilia Romagna, l’export nel 2022 valeva 84.100 milioni contro un import di 53.264, meno impetuosa la crescita nel 2023: + 4,5.
Aziende più grandi. Il Veneto evidenzia un fenomeno nuovo, ovvero la diminuzione delle ditte individuali e, se l’impresa resta medio piccola, crescono di 6 punti, rispetto al 2013, le società di capitali. Stessa dinamica per la Lombardia: tra le forme giuridiche, crescono solo le società di capitali (+3,4), grazie all’incremento delle srl (+3,5), che costituiscono l’80 per cento delle società di capitali, e delle srl semplificate (+9,9), in calo vistoso le società di persone (-2,6). In Emilia è in atto dal 2014 una ristrutturazione delle forme di impresa, con la diminuzione delle imprese attive e la diminuzioni delle ditte individuali (-4.711 unità, -2,1 per cento dal 2014), negative anche le società di persone, diminuite di 1.818 unità (-2,6 per cento). Al contrario, è aumentata la consistenza delle società di capitale, questo grazie all’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata.
Turismo. Si registra una vera esplosione, anche se non siamo ancora tornati ai dati prepandemici. La gara con l’Emilia Romagna è serratissima, 18 milioni di arrivi per il Veneto nel 2022 e 14 milioni per l’Emilia Romagna, 65 milioni di presenze per il Veneto e 60 milioni per l’Emilia. La Lombardia, pur non avendo il mare, arriva a 43 milioni di presenze turistiche, mentre gli arrivi sono stati oltre 15 milioni.
Occupazione. Dati positivi arrivano dal mondo del lavoro per tutte e tre le regioni: il Veneto aumenta di 3,1 rispetto al 2021, l’Emilia è a +1,2, la Lombardia a + 2,1. Il tasso di occupazione è salito al 68,2 per cento in Lombardia, del 67,8 in Veneto, il tasso più alto si registra in Emilia con il 69,7 per cento.
Giovani. Fanno ben sperare i dati relativi ai giovani “neet”, ovvero coloro che non studiano e non lavorano. Sebbene nella nostra regione i livelli siano ancora un po’ più alti di quelli rilevati nel 2019, i 15-29enni neet nel 2022 sono il 13,1 per cento, in calo rispetto all’anno precedente, quando erano pari al 13,9% e inferiori al 14,8% del 2020 (nel 2019 si registrava il 12,4). Nel 2021 il Veneto si posiziona al primo posto in Italia nella classifica per i livelli più bassi di neet, nel 2022 la regione è terza a pari merito con le Marche, davanti solo il Trentino Alto Adige e l’Emilia Romagna con, rispettivamente, le quote di 10,5 e 12,2 per cento. La Lombardia si colloca appena sotto, con il Friuli Venezia Giulia.
Demografia. Drammatico il dato sulla popolazione tra i 18 e i 34 anni di età, in Veneto sono solo 824.556, erano oltre un milione 20 anni fa. In Emilia sono 743.424, in Lombardia sono 1,75 milioni, la percentuale anche qui è circa del 17 per cento dell’intera popolazione. Più di altre regioni le “locomotive” d’Italia evidenziano un rapido invecchiamento.
Eccellenze in fuga. Tutte e tre le regioni evidenziano nei test Invalsi, che ogni anno misurano il livello degli studenti in uscita al quinto anno delle scuole superiori, un notevole numero di studenti al quinto livello, quello dell’eccellenza. Tutte e tre le regioni sono sopra il livello medio italiano. L’Emilia Romagna è al primo posto per numero di laureati, con una quota superiore al 33 per cento. Subito sotto arriva il Veneto, mentre la Lombardia è all’ottavo posto in Italia, con circa il 30 per cento di laureati. Questa qualità, purtroppo, in parte viene persa con la “fuga dei cervelli verso l’estero”: in testa la Lombardia, che tra 2011 e 2019 ha visto andar via 22.400 laureati. Segue a distanza, il Veneto con 9.520, l’Emilia Romagna con 9 mila. Quest’ultima è corsa ai ripari, approvando una legge che finanzia le aziende che assumono mettendo a disposizione alloggi, nidi, strutture scolastiche, o comunque, supporti che favoriscano la residenzialità e il welfare di chi si ferma sul territorio.
Le tre regioni in tutti i dati corrono in gruppo, le differenze sono quasi delle sfumature, nessuna mette decisamente le testa avanti, assieme, però, sono una potente squadra per la ripresa dell’intera nazione.