Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Assegno unico messo in discussione: “Funziona ma va rafforzato”
E’il solo provvedimento strutturale a favore della famiglia. Avrebbe dovuto essere un primo passo, seguito da altri. Invece, l’assegno unico viene pure messo in discussione. La settimana scorsa, Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, ha iniziato a sentire “puzza di bruciato”, dato che qualche voce di troppo iniziava a sollevarsi da parte di esponenti della maggioranza di Governo, perplessi sul dare seguito a un provvedimento, che, per motivi ancora non del tutto chiari, è oggetto di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea.
L’allarme di Bordignon ha sortito un primo effetto, dato che il Governo, attraverso alcuni ministri, ha dichiarato che l’assegno unico non è in discussione.
Allarme rientrato, dunque?
Prendiamo atto della smentita, che fa chiarezza sull’ipotesi di riduzione della quota per l’anno in corso. Anche se rassicurati, però, non possiamo non far notare che per il secondo anno di fila non ci sono implementazioni al fondo che alimenta il provvedimento. La motivazione ufficiale è, appunto, che si attende il ricorso alla Corte di Giustizia sulla procedura d’infrazione. Peraltro, non ci è stato finora concesso di visionare il testo relativo a tale procedura.
Insomma, non si crede abbastanza nell’assegno unico?
atta del primo intervento strutturale di politica familiare in Italia. Ma, dopo averlo fatto partire, bisogna perfezionarlo e implementarlo. Pensiamo solo al fatto che per i figli tra i 18 e i 21 anni l’assegno viene assegnato solo al 50%. E ne sono esclusi i nuclei familiari con figli tra i 21 e i 25 anni, in formazione accademica o professionale. Una scelta fatta perché nell’ambito del “Family act”, ormai decaduto, erano previste anche politiche specifiche per i giovani. Ecco, noi crediamo che l’assegno vada esteso ai giovani fino ai 25 anni, naturalmente se sono ancora dentro a un percorso di
Qualcuno afferma che non tutti i soldi stanziati vengono spesi.
A noi, per la verità, non risulta che nell’anno in corso ci sia un avanzo. E’ vero che ciò era accaduto nel 2022 e nel 2023, ma il problema è che queste risorse, invece che essere destinate alla natalità, sono finite nel “calderone” dell’economia generale del Paese.
Nel Governo c’è una corrente di pensiero che dice: rimoduliamo il fisco a misura di famiglia, con il cosiddetto “quoziente familiare”, al posto dell’assegno unico. Accetterebbe lo “scambio”?
In tutte le ipotesi di riforma fiscale circolate di recente, il quoziente familiare non è mai stato contemplato. Quello che è certo, è che costerebbe di più rispetto all’assegno, circa trenta miliardi invece di venti. Detto questo, chiaro che il quoziente familiare non ci dispiacerebbe, e aggiungo che molti elettori hanno probabilmente votato per questa coalizione anche perché era presente nel programma. Dopo di che, bisogna essere realistici: assegno e quoziente non sono alternativi, ma di fatto è difficile che siano entrambi sostenibili.
Resta il fatto che per la famiglia e la natalità si continua a fare troppo poco, giusto?
Si fatica a vedere un progetto, che promuova la famiglia attraverso i vari aspetti: per esempio, il lavoro, il welfare aziendale, i servizi alla prima infanzia, l’assistenza ai più fragili. Aggiungo che, anche se il Pnrr fa riferimento alla “next generation”, non è stato previsto un capitolo per il sostegno alla natalità, a parte un residuo di risorse per gli asili nido. Decisamente, per combattere lo squilibrio demografico, sia sul fronte della natalità che dei flussi migratori, servirebbe ben altra intensità.