Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Verso le Europee/3. Pasqualetto (Azione): “Voglio essere voce del tessuto produttivo”
Carlo Pasqualetto ha 35 anni e da uno è il segretario regionale veneto di Azione, il partito di Carlo Calenda (il leader è capolista anche a Nordest, con Elena Bonetti). Si candida alle prossime elezioni Europee da imprenditore della digitalizzazione - la sua Azzurrodigitale conta 60 dipendenti - e da consigliere comunale di Padova, dal 2019 anche con delega all’innovazione.
Qual è il modello di Europa che ha in mente?
Noi crediamo che l’Europa oggi così com’è configurata non funzioni più in un mondo multipolare e conflittuale. Serve un’Ue al passo coi tempi, in grado di avere posizioni comuni, unitarie su tematiche importanti dalla politica industriale alla politica energetica, fino alla difesa comune, questo anche superando un tabù che vincola in maniera troppo pesante l’azione politica europea, che è quello del veto. Non possiamo pensare che un Paese come l’Ungheria, guidato da Orban, con 10 milioni di abitanti, possa influenzare il destino di centinaia di milioni di cittadini.
Quale sarà il suo focus primario se sarà eletto all’Europarlamento?
Molto concretamente: voglio diventare la voce del tessuto produttivo e imprenditoriale di questa macro regione che è in Nordest in Europa. Sono convinto che l’Europa debba essere un interlocutore serio e stabile di chi produce oggi, basti pensare che il 70 per cento delle votazioni che si tengono nel Parlamento italiano originano da Bruxelles. Il mio obiettivo è mettere le nostre imprese nelle condizioni di competere in maniera più efficace con il resto del mondo, puntando su investimenti, formazione e sviluppo. Ne sono certo: sostenere le aziende significa sostenere i più fragili. Perché le imprese offrono lavoro a quei giovani che scelgono di abitare il territorio, creare una famiglie, fare figli e, poi, accudire chi è anziano e debole. Quando manca il lavoro è tutta la società che si infragilisce.
A proposito di innovazione, che cosa pensa delle normative europee in termini di auto elettriche e ambiente?
Occorre essere concreti: il Patto verde, o Green deal, ci impone di arrivare nel 2035 ad avere un parco auto elettrico per almeno il 10 per cento, ma già oggi sappiamo che non riusciremo a centrare l’obiettivo, sia per quanto riguarda il mercato dell’auto, sia per la gestione dell’infrastruttura. Il nostro mix energetico non è quello francese che, grazie al nucleare, è il meno inquinante in termini di CO2 prodotta per ogni gigawatt: torniamo alla produzione di energia elettrica attraverso il gas? Siamo anni luce lontani dal fornire un vero servizio di ricarica. Occorre ammetterlo: siamo tecnologicamente troppo indietro rispetto agli americani, e rischiamo di legarci mani e piedi alla Cina per quanto riguarda le batterie. Allora mi chiedo: perché non puntiamo forte sull’idrogeno? Non è vero che siamo indietro come si racconta, occorre un’informazione precisa su questo. Senza contare che la tecnologia avanza e quando si perde un minuto, un’ora o un giorno, non lo si recupera più.