martedì, 22 aprile 2025
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La storia di Cesare, un piccolo resiliente: modi nuovi di guardare il mondo

Un diario quotidiano, tenuto dalla mamma, racconta la storia del piccolo Cesare di Conegliano, cieco a causa di un tumore, scoperto a 18 mesi. La sua famiglia, il cane Joy e la condivisione di fatiche e conquiste, parlano dell'amore che lo circonda. 

Come uno schiaffo piazzato in pieno volto, ti fa barcollare e perdi lucidità. “Quando i medici del Burlo di Trieste ci hanno detto che nostro figlio, 1 anno e mezzo, aveva un tumore e stava diventando cieco per sempre, abbiamo perso lucidità e ci siamo sentiti sopraffare. A farci reagire è stato proprio Cece, con la sua grinta e la sua spontaneità ha indicato a noi la strada mostrandoci che tutto si può affrontare”. Valentina Mastroianni è la mamma, determinata e dolce come solo le mamme sanno essere, di Cesare, oggi 5 anni, un tipetto vispo quanto basta, resiliente e solare, autonomo ed eploratore nonostante le difficoltà che la vita gli ha riservato. Abitano a Conegliano, con il papà Federico, gli altri fratelli più grandi Alessandro e Teresa, il cane Joy. Da lì, giorno dopo giorno, anche grazie ai social, hanno condiviso fatiche e conquiste, cose belle e altre dolorose: un diario quotidiano di immagini, video, parole, che raccontano dell'amore della famiglia, della scuola dell'infanzia Zandonai, delle terapie in ospedale, dei momenti spensierati, dei pensieri che capita si rabbuino.

Come sulle montagne russe

“Cesare ha cominciato ad avere delle macchie color caffelatte fin dal primo mese di vita - mi racconta Valentina, quando finalmente riesco a convincerla a parlare con me -; attorno ai 7 mesigli hanno diagnosticato la neurofibromatosi, che è una malattia genetica rara”: colpisce una persona su circa 4 mila e spesso non viene nemmeno accertata perché provoca solo dei problemi estetici. Uno dei tipici segni è, ad esempio, la comparsa di macchiette scure sulla superficie della pelle. Nel 20% dei casi però ci sono gravi manifestazioni della malattia come tumori celebrali ed extracelebrali che colpiscono in particolare il nervo ottico. “Nonostante fosse sotto controllo periodico, all'età di un anno e mezzo ci siamo accorti che qualcosa non andava. La diagnosi è stata improvvisa e terribile: glioma delle vie ottiche di 4,5 cm e in un attimo Cesare ha perso completamente la vista”. All’inizio il bambino era molto spaventato, perché è improvvisamente passato al buio pesto; poi, poco per volta grazie alla sua forza vitale e alla dedizione della sua famiglia (parole così facili a dirsi, molto meno a farsi), ha imparato ad abitare lo spazio, le relazioni, la vita. Ancora oggi questo piccolo guerriero sta lottando contro il tumore, prima con la chemioterapia, poi sostituita da un farmaco sperimentale che ora sembra non dare più i risultati attesi e pertanto, proprio in queste settimane, Valentina, Federico e Cece sono andati a Genova per un consulto che prevede la possibilità di un nuovo percorso di cura. “Ecco perché vivere così è come stare sulle montagne russe, e a me le giostre non sono mai nemmeno piaciute” mi spiega e capisco anche il motivo per cui non aveva tanta voglia, stavolta, di rilasciare una intervista sulla loro storia. “E’ faticoso accogliere il presente, andare avanti avendo spesso l’impressione di essere «tornati alla casella del via», senza conoscere gli effetti collaterali che le cure potranno comportare e in tutto questo pensare al futuro, nell'incertezza e nella paura. I medici si concentrano sul tumore da sconfiggere, io sulle possibilità di Cesare di vivere la sua vita”.

La forza di un passo dopo l'altro

Hanno bussato a tante porte e alcune si sono aperte offrendo opportunità e modi nuovi di guardare il mondo: La Nostra Famiglia, la Fondazione Hollman di Padova, l’associazione Real Eyes Sport. Hanno conosciuto la campionessa paralimpica Bebe Vio, che una volta ha detto loro: “Chi se ne frega della vista? L’importante è che se ne vada il tumore. Io ho un amico che fa cose pazzesche, campione del mondo di sci”. E si stava riferendo a Daniele Cassioli, nato cieco e vincitore di tante medaglie mondiali che la famiglia ha incontrato. “Cece ha cominciato a fare sport, andare in bicicletta, nuotare; ha una spiccata passione per la musica, è un tornado di vivacità, va alla scuola materna, è socievole con i compagni e gli amichetti” e la sua storia è stata anche approfondita, lo scorso anno, in una tesi di laurea a lui dedicata e curata da una studentessa in Scienze dell'educazione all'università di Genova. Il titolo era quanto mai significativo “Tra me e loro: percezione e partecipazione sociale di un bambino con disabilità visiva al nido d’infanzia”. “E’ stata una emozione grande sentire quella giovane laureanda approfondire i temi dell'inclusione a partire da ciò che un piccolo non vedente può fare piuttosto che da ciò che gli manca”.Da qualche tempo Cesare ha un “amico speciale” a seguirlo e fargli compagnia: è Joy un cucciolo di labrador nero che, attraverso uno specifico addestramento, diventerà il suo cane guida d'assistenza. Tramite una recentissima raccolta fondi online, sono giunte alla famiglia oltre 600 donazioni e 20 milla e passa euro (l'obiettivo era a 6 mila). I soldi serviranno a finanziare l'intero progetto di formazione: con l'addestramento ad hoc il labrador potrà rimanere a fianco di Cesare nelle situazioni più complesse e diventare il suo punto di riferimento, calmandolo anche nei momenti di incertezza o ansia, accompagnandolo dai genitori in caso di bisogno e seguendolo per strada fino a fermarsi davanti ai gradini e alle strisce pedonali.

Contro la solitudine

La storia di questo bimbo biondo che insegna ogni giorno a guardare con occhi nuovi, è arrivata fino alla domenica di Rai uno “Da noi a ruota libera” dove la mamma ha voluto lanciare un appello per sostenere altre famiglie: “Quando arriva una diagnosi così, la verità è che scappano un po' tutti, si nascondono dicendo che non vogliono disturbare, che non sanno come comportarsi, ma sono alibi. Bastano piccole cose per dire «Ci sono» e, se si vuole, si può. Io sono abbastanza forte, ma ho in mente mamme che fanno fatica, che non sanno nemmeno come chiedere aiuto”.Anche per questo Valentina ha aperto il blog, per vincere la solitudine e dialogare con tante che vivono situazioni dolorose per le malattie dei figli. Sottolinea l'importanza di chiedere aiuto e accogliere quello che le persone vogliono dare. A volte si arrabbia perché le pare che l'inclusione di chi è vulnerabile sia ancora un traguardo molto lontano, altre si rinsalda con tutto il coraggio e il vigore di cui è capace, per poter guardare avanti. “Ci sono lotte che solo una mamma può fare e per questo non devi cadere troppo in basso, non è un lusso che ti puoi permettere. Perché se non ci sei tu, non c'è nessun altro. Noi che ci vediamo, abbiamo tanto da imparare da Cesare. In questo viaggio che la vita ci ha imposto, abbiamo solo deciso come provare ad affrontarlo, con il sorriso”. Il senso di colpa che inquieta i genitori e le famiglie con figli affetti da malattie o disabilità è spesso pesante, perché a questo non c'è risposta.“Anche nella nostra coppia, serve essere solidi e sapere che cadiamo e ci risolleviamo e poi ancora cadiamo e ci rialziamo. Forse, l’aspetto più doloroso è quando uno dei due coniugi vive un momento di sofferenza forte, perché l'altro sa abbastanza bene cosa significa. Ed è difficile”. Le parole come vita, morte, speranza, pace, si mescolano insieme con più e meno intensità, non c'è un piano b. Si può solo andare avanti.

La ricerca di senso

C'è una scena secondaria nel commovente libro di R. J. Palacio “Wonder” (anche splendido film), che risuona. Auggie, il protagonista, è nato con una deformazione facciale importante e si trova ad affrontare con coraggio il mondo della scuola, dopo anni di protezione da parte della sua famiglia. Al suo fianco, anche in questo caso, c'è una incredibile mamma che desidera aiutare il figlio a costruirsi le ali per poter volare. Nonostante non abbia capito tante cose di questo ragazzino timido e gentile, il fidanzato della sorella, a un certo punto, dice: “No, no, non è tutta casualità, se fosse davvero tutto affidato al caso, l'universo ci abbandonerebbe completamente. Invece non è così; si prende cura delle creature più fragili in modi che non ci è dato vedere”. “Sono convinta - mi ha detto Valentina, chiudendo la nostra intervista - che un giorno guarderemo indietro e capiremo. Ci devo credere, perché ci stanno accadendo anche tante cose belle”.

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