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Capitale della cultura: Pordenone sì, Treviso no. Perché?

La piccola Pordenone sarà la “Capitale della cultura” 2027. Succederà a L’Aquila, proclamata per il 2026. Il privilegio, che prevede pure un milione di finanziamenti, non è mai toccato a una città del Veneto. Ci provò, per il 2024, Vicenza; Treviso ha tentato due volte, l’ultima proprio per il 2026. Pordenone ha goduto dello straordinario traino della manifestazione “Pordenonelegge”, un festival della letteratura secondo solo a quello di Mantova, con 600 ospiti, 331 incontri, 43 sedi. Pubblico straordinario, e poi la forza potente degli “angeli”: 229 studenti delle scuole superiori e universitari che affiancano lo staff nell’accoglienza, nella gestione del pubblico e degli eventi. Questa figura è diventata un simbolo del festival: gli “angeli” sono riconoscibili grazie alle loro iconiche magliette gialle, e contribuiscono a un forte coinvolgimento della comunità locale.
Sembra essere stata questa la forza anche del progetto Pordenone “Capitale della cultura”, nella motivazione della scelta è “particolarmente apprezzata la capacità di attivare un processo di coinvolgimento diffuso che reinterpreta il legame tra memoria, territorio e creatività”. Pordenone si trova in una fase delicata di passaggio, ovvero il tentativo di superare la crisi dell’industria degli elettrodomestici, che costituiva la produzione principale della zona. Ha costituito un polo tecnologico, affiliato all’area Science park di Trieste, dove numerose aziende locali svolgono attività di ricerca e sviluppo.
Veneto, Piemonte e Lazio sono le tre grandi regioni che non hanno mai avuto la “Capitale della cultura”. Treviso poteva contare su due siti Unesco, come il Monte Grappa, riserva della biosfera, e le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Aveva messo a punto 35 progetti speciali e oltre 300 eventi. Non ci riuscì, sconfitta dalla città dell’Aquila, come nel 2024 era toccato a Vicenza, superata da Pesaro e dalla potenza evocativa di un personaggio come Gioachino Rossini.
Panozzo: Vince il futuro, non basta la bellezza
Il professor Fabrizio Panozzo ha curato alcuni dossier per le città che si sono candidate. È docente di Politiche e management culturale alla Venice school of management, e direttore del centro Aiku - Arte impresa cultura dell’Università Ca’ Foscari. Afferma che essere nominati “Capitale della Cultura” non basta, bisogna gestire bene questa opportunità.
Cosa intende?
Per prima cosa bisogna dimenticarsi dei soldi, e concentrarsi su quali dovranno essere i risultati nel decennio successivo, quanto si vuole guadagnare in termini di valore e sviluppo. Non si deve misurare il rientro economico a breve termine.
Perché Pordenone?
Mi pare si stiano orientando su città medio-piccole. Si è capito che ha poco senso puntare su grandi città, che hanno già un loro volano culturale. In effetti, Pordenone ha dimostrato vivacità. Non si deve pensare in termini di “bellezza”, non è la logica Unesco, che certifica una bellezza già riconosciuta. Qui non si dichiara quello che già esiste, ma si promuove il futuro. Non è l’unicità, ma la capacità di sviluppare originalità e creatività.
Nessuna città veneta ha ricevuto questo riconoscimento. Perché?
Non saprei. Sia Vicenza che pure Treviso avevano buoni profili di candidatura. Forse entrambe giocavano meno sul contemporaneo, erano già “canonicamente” riconosciute come belle. Si pensi alla “sorpresa” di Gorizia. Pure Bergamo e Brescia hanno puntato sulle loro dinamiche culturali contemporanee.
in Veneto non sappiamo fare rete con il territorio?
A dire il vero, con Vicenza si era pensato all’intero Nordest. Oggi, in occasione della gestione del Pnrr, le università fanno rete ottimamente. Gli atenei sono dentro le città ma hanno un orizzonte su tutto il territorio. Forse ci voleva un po’ di tempo in più, per poter mobilitare energie culturali dal basso. Se vi è una candidatura, deve essere “raccolta”, piuttosto che affidata tutta a dei progettisti. I tecnici sono utili, ma all’interno di una dimensione partecipativa di tutta la società locale.
C’è un tema che, oggi, potrebbe entrare in una candidatura “Capitale della Cultura”?
Il rapporto arte-impresa. Portare l’arte dentro le aziende, artisti in interazione con gli imprenditori. Noi di Ca’ Foscari ci stiamo provando con la provincia di Treviso.
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