Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Saremo di meno, prepariamoci!
Quanti saremo nel 2031, tra sette anni? Un po’ meno di adesso, ma senza cali drammatici di popolazione. I nuovi nati saranno pochi, a scuola molte classi saranno cancellate. Chi saremo? Mediamente, decisamente più anziani. La generazione del “baby boom” andrà in pensione, e questo avrà grandi conseguenze per il mondo del lavoro. Dove saremo? La popolazione veneta sarà distribuita un po’ di più nelle maggiori città e immediate periferie. Una tendenza molto diversa rispetto a quella di vent’anni fa, quando la Marca “diffusa” era la zona più attrattiva del Veneto.
L’Osservatorio economico sociale di Treviso e Belluno ha realizzato una ricerca sulle proiezioni demografiche al 2031 nelle province di Treviso e Belluno, presentato venerdì 16 febbraio a Treviso, in Camera di commercio.
Autore dello studio, lo statistico Andrea Mamprin. I dati sono stati, successivamente, interpretati da Barbara Sardella, Ufficio scolastico regionale del Veneto, dirigente dell’Ufficio d’ambito a Treviso; Rina Camporese, dell’Istat; Letizia Bertazzon, dell’Osservatorio mercato del lavoro, Veneto Lavoro; Gianpiero Dalla Zuanna, professore ordinario di demografia all’Università di Padova.
A fare gli onori di casa, il presidente della Camera di commercio, Mario Pozza. “Non usiamo metafore metereologiche”, l’avvertimento arrivato un po’ da tutti. Più che parlare di “inverno demografico”, è opportuno leggere i dati, prepararsi alle nuove situazioni, in parte inevitabili, e iniziare ad agire, finalmente, su quelli che restano “punti deboli”, a partire dal forte calo demografico.
E’ giusto essere preoccupati, ma senza catastrofismi. Se dovessero proseguire le tendenze attuali, ha spiegato Mamprin, la popolazione regionale al 2031 dovrebbe attestarsi sui 4 milioni e 824 mila, ovvero circa 46.000 persone in meno rispetto al 2021. Ma il bilancio risulterebbe assai più drammatico se si considerasse una proiezione in assenza di flussi migratori: in Veneto verrebbero a mancare 190.000 abitanti, quasi la somma degli abitanti delle città di Vicenza e Treviso. La provincia di Treviso perderà poco più di 4 mila e 800 abitanti, ma sarebbero 27 mila senza saldo migratorio.
Insomma, di migranti ci sarà bisogno, come l’ossigeno. Per quanto riguarda le singole zone, a risentire del calo sarà la Pedemontana, mentre la cintura urbana di Treviso continuerà a crescere, anche se di poco.
Durante la mattinata, sono state analizzate, soprattutto, le conseguenze di queste tendenze demografiche per la scuola e il lavoro.
Nel primo caso, gli effetti saranno visibili alla materna (3-6 anni) e alla primaria, ma presto anche alle medie. In provincia di Treviso, dal 2021 al 2031, la popolazione di studenti nella fascia 6-10 anni si ridurrà, infatti, di circa 9.200 unità. Alle medie, il calo atteso è di 5.700 unità.
La dirigente Barbara Sardella ha fatto rapidamente due conti: “Con questi numeri, alla primaria andranno cancellate trecento classi. La media di alunni per classe si attesterà sulla quindicina. In molti Comuni, credo, bisognerà andare verso il plesso unico”. Più che di tagli, si dovrebbe, però, parlare di riorganizzazione e di nuove funzioni, anche alla luce delle nuove esigenze di minori e famiglie.
Per quanto riguarda l’occupazione, dal 2021 al 2031 a livello regionale ci saranno circa 150 mila residenti in meno in età lavorativa. Questa proiezione porta a delineare, per il mercato del lavoro trevigiano, un potenziale ammanco di 23.200 residenti in età lavorativa. Inoltre, non va dimenticato che coloro che vanno in pensione sono mediamente meno istruiti dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro. Il tasso di laureati tra gli occupati nella coorte 60-64 anni al 2022 è del 17,3%, che raddoppia con riferimento alla coorte tra i 25 e i 29 anni (35,9%).
Ciò fa prefigurare un doppio livello di sbilanciamento occupazionale: quantitativo, ma anche qualitativo, sulla base della ricomposizione per titoli di studio della popolazione attiva. Anche in questo caso, senza drammi, occorre intervenire, certamente sui flussi migratori, ma anche su nuove politiche aziendali, che già si intravedono, come ha spiegato Letizia Bertazzon: “Stiamo assistendo a una riduzione della mobilità, le aziende cercano di trattenere i propri dipendenti. Ma vediamo anche un aumento di «senior» in mobilità”.
Solo accennato, dallo studio e al convegno, il forte aumento degli anziani, con le ovvie conseguenze sul tema della sanità e dell’assistenza. Nella Marca, nel 2031, ci saranno 105 mila ultra sessantacinquenni in più rispetto a oggi. Una sfida, anche questa, da affrontare fin d’ora.