venerdì, 17 maggio 2024
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Nuovo ddl del Governo, più reati non significa più sicurezza. Lo scriveva pure Nordio...

L’ultimo “pacchetto sicurezza” - che viene dopo il decreto “Cutro” di maggio e il decreto “Caivano” di settembre, per citare solo gli ultimi due - è stato varato dal Governo il 17 novembre. Immediatamente, appaiono provvedimenti in linea con il profilo securitario che il Governo si è dato, nonostante i proclami del suo Ministro della Giustizia. Senonché, tutti gli addetti al settore sono concordi nel giudicare del tutto inutili, se non dannosi, provvedimenti di questo tipo

“La velocizzazione della giustizia transita attraverso una forte depenalizzazione quindi una riduzione dei reati. Occorre eliminare il pregiudizio che la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelate dalle leggi penali. Questo non è vero. L’abbiamo sperimentato sul campo, soprattutto quelli come me che hanno fatto per 40 anni i pubblici ministeri”. Parole del ministro di Grazie e Giustizia, Carlo Nordio, dettate alle agenzie di stampa il giorno stesso del suo insediamento al Ministero di via Arenula.

Parole sante, condivise da gran parte dell’avvocatura e della magistratura, che da anni insistono sul fatto, incontestabile, che non è con l’aumento delle pene che si ottiene maggiore sicurezza sociale. Anzi: più si intasa il processo penale, più lenta è la risposta sanzionatoria. Evidentemente, però, il Governo non segue gli auspici del suo Ministro: non si contano, infatti, nell’ultimo anno, gli interventi normativi che intervengono per aumentare le pene e introdurre nuovi reati.

L’ultimo “pacchetto sicurezza” - che viene dopo il decreto “Cutro” di maggio e il decreto “Caivano” di settembre, per citare solo gli ultimi due - è stato varato dal Governo il 17 novembre.

Si tratta di un disegno di legge, che verrà presentato alle Camere, in cui si propone di introdurre i reati di “detenzione di materiale con finalità di terrorismo”, di “occupazione arbitraria di immobile”; si aggravano le pene per la resistenza a pubblico ufficiale e per le truffe; si introducono norme per sanzionare più gravemente le rivolte nelle carceri o nei centri di permanenza per gli stranieri; si introduce, pure, il reato di “blocco stradale”. Tra le misure più eclatanti, si prevede, addirittura, di eliminare l’obbligo del rinvio dell’esecuzione della pena per le donne incinte, o madri di figli fino a un anno.

Immediatamente, appaiono provvedimenti in linea con il profilo securitario che il Governo si è dato, nonostante i proclami del suo Ministro della Giustizia. Senonché, tutti gli addetti al settore sono concordi nel giudicare del tutto inutili, se non dannosi, provvedimenti di questo tipo.

Aumentare “a pioggia” le pene rende solo più difficoltoso risolvere i procedimenti penali, attraverso vie alternative e più rapide; inserire nuovi reati, ingolfa le aule di giustizia, e rende ovviamente più lenta la risposta sanzionatoria, con la conseguenza che si incrementa la sensazione di impunità, provocando nell’opinione pubblica la richiesta di pene più severe. E’, letteralmente, un cane che si morde la coda. Il Ministro la sa benissimo, e lo scrive da anni nei suoi libri. Purtroppo, alle giuste idee non sta seguendo un’azione coerente.

Gli operatori del diritto hanno segnalato più volte che l’aumento delle pene non è mai una risposta adeguata: senza scomodare il famoso elenco delle inutili e ripetitive “grida manzoniane”, è noto da tempo che la via penalistica non è mai una vera risposta alla richiesta di sicurezza, ma è solo uno specchietto per le allodole. Chi delinque, prima di farlo, certo non si mette a studiare il codice penale e desiste dal crimine se ha saputo che il suo reato è punito con un anno o due in più rispetto a qualche settimana prima.

La risposta alla domanda di sicurezza non può che passare attraverso un’azione preventiva, che diminuisca le disuguaglianze e intervenga nelle sacche di emarginazione sociale e di disagio, che sono il vero terreno di coltura dell’illegalità.

Bisogna, poi, chiedersi se effettivamente esista un problema sicurezza in Italia: pur permanendo alcune note criticità, tutte le statistiche dicono che i reati sono in calo costante, e il nostro, benché nessuno voglia crederci, è uno dei Paesi più sicuri al mondo. Questo non vuol dire che si possa abbassare la guardia. Ma rispondere ogni volta con il volto truce di chi impugna la spada della repressione penale, e promette il carcere per tutti, è una misura solamente elettorale, mai in grado di rispondere in modo strutturale ai problemi di sicurezza e all’esigenza di legalità del Paese.

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