Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Duomo di San Donà, svelato il mosaico di padre Rupnik
L'artista, conosciuto teologo gesuita, ha tenuto un partecipato incontro aperto a tutta la comunità. Nell'opera, dedicata al mistero eucaristico, riprodotte anche due figure con mascherina che ricordano il sacrificio di medici e infermieri
Padre Marko Ivan Rupnik e la sua équipe di artisti hanno lavorato senza sosta, da lunedì 10 maggio nel Duomo di San Donà di Piave, per realizzare il mosaico nella cappella dell’Eucaristia, il cui progetto è stato totalmente finanziato da una donazione dalla signora Maria Clotilde Argentini, una sandonatese ormai quasi centenaria emigrata negli Stati Uniti nel 1948, ma che non ha dimenticato la sua terra di origine. “Il nonno, cento anni fa, al tempo della ricostruzione della chiesa dopo la distruzione della Prima guerra mondiale, finanziò il nuovo battistero”, ha ricordato mons. Paolo Carnio, attuale guida della parrocchia Santa Maria delle Grazie.
Le parti del mosaico preparate nell’atelier del centro Aletti di Roma, di cui padre Rupnik è direttore, sono state ricomposte e montate alle pareti della cappella. I lavori sono proceduti speditamente e si sono conclusi come previsto lo scorso giovedì 13 maggio.
Mercoledì 12 maggio, alle 20.30, nel Duomo cittadino, si è tenuto un incontro aperto a tutta la comunità, durante il quale padre Marko ha spiegato ai partecipanti il senso dell’arte del mosaico e il significato di quello realizzato nella cappella della chiesa parrocchiale sandonatese. Oltre alle duecento persone presenti, limite massimo di capienza della chiesa, l’evento è stato trasmesso in diretta streaming internet attraverso i canali social della parrocchia superando le seicento visualizzazioni in diretta e, nei giorni successivi, il video dell’incontro ha ormai quasi raggiunto le duemila visualizzazioni.
Numeri che danno bene l’idea della straordinarietà dell’evento, ben motivata dallo spessore e dal livello artistico dell’opera realizzata da padre Rupnik e dai suoi collaboratori del centro Aletti, che si occupa di riflessione teologica, di lavori artistici negli spazi liturgici, di formazione spirituale e pastorale, di produzione multimediale e che, con le sue creazioni artistiche, contribuisce a dar forma e a stimolare un approccio in cui la teologia, la spiritualità, la liturgia e la cultura costituiscono un tessuto organico.
Nel suo intervento, una bellissima e profonda catechesi sull’arte del mosaico, padre Rupnik ha infatti toccato tutti questi aspetti, partendo dalla liturgia e da ciò che la lega alla chiesa, intesa come edificio: “Per i cristiani, nei tempi antichi – ha affermato padre Marko – la chiesa era il luogo della liturgia, della comunità cristiana. San Giovanni Crisostomo, una delle cime del pensiero cristiano, nel quarto secolo dopo Cristo, non la chiama «casa di Dio», ma «casa di tutti noi», in quanto «corpo di Cristo», e l’edificio dovrebbe essere l’immagine di ciò che noi siamo”.
E dopo aver chiarito che cos’è la liturgia, “non una nostra azione, un nostro culto verso Dio, ma l’azione che Dio opera su di noi e quindi, in primis, la liturgia è l’accoglienza di ciò che Dio fa su di noi”, padre Rupnik ha toccato il tema e il significato dell’opera musiva e della custodia eucaristica, per concludere presentando nel dettaglio il mosaico realizzato nella cappella della Custodia dell’Eucarestia.
Sul lato sinistro del mosaico, imponente nelle sue dimensioni, è raffigurata una famiglia che raccoglie la manna nel deserto e che guarda verso la parete centrale di fondo, dove è raffigurato Dio Padre che accoglie sulle sue gambe il figlio Gesù, rappresentato da un agnello sacrificato posto sopra la Parola di Dio e attorniato da diverse figure: oltre ai quattro evangelisti raffigurati nelle loro tradizionali iconografie animali, si intravedono la Vergine Maria e san Giovanni Battista, il beato Carlo Acutis, i coniugi Beltrame Quattrocchi, il vescovo Longhin e la serva di Dio Lucia Schiavinato. Qui è collocato il tabernacolo, in cui predominano i toni del nero, perché è proprio nelle difficoltà che troviamo Cristo, che ci viene incontro. Nel mosaico si trova anche un particolare riferimento a coloro che in questo tempo di pandemia hanno sacrificato e dato la vita, come Gesù, rappresentati da due figure che ricordano medici e infermieri. Nella parete di destra è stata raffigurata la lavanda dei piedi, come esemplificazione dell’amore di Dio, mentre nella parete di fondo, all’uscita, sono stati rappresentati i due discepoli di Emmaus, ciascuno con in mano una parte del pane spezzato da Gesù e con un occhio in comune, a voler significare la visione comune che dovremmo avere come cristiani che vivono nella Chiesa e nella stessa comunità cristiana.
Al termine dell’incontro, prima di fare rientro nel rispetto del coprifuoco, i presenti hanno potuto ammirare in anteprima il mosaico appena concluso. Per lo più sono stati raccolti commenti entusiastici per quest’opera che abbellirà d’ora in poi il duomo di San Donà di Piave.