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San Liberale: un nuovo quartiere

L'amministrazione comunale partecipa a un bando statale con un progetto da 57 milioni di euro. In attesa di sapere se il piano sarà approvato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, abbiamo cercato di comprendere le esigenze più stringenti del quartiere grazie a commercianti, residenti e al parroco don Paolo Giacomazzo. Serve attenzione alle persone e alle relazioni: il ruolo della cooperativa La Esse

Un investimento di 57 milioni di euro sul quartiere San Liberale di Treviso. Si tratta di un bando per il progetto Pinqua (Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Sono molti gli attori coinvolti nella progettazione del bando, tra cui Ater, Regione Veneto, Israa e cooperativa La Esse. Il bando dovrà essere approvato dal Ministero e propone un lavoro sul quartiere lungo 9 anni.

Tra le proposte, come ha spiegato il presidente Ater Luca Barattin, la demolizione di 11 vecchie palazzine costruite dopo la Seconda guerra mondiale fra via Feltrina, via Castellana e via Cisole. Al loro posto sorgeranno dei nuovi edifici “green” per un totale di 162 appartamenti. Il costo dell’operazione sarà di 6 milioni euro, 5 dei quali di fondi Cipe e 1 messo a bilancio dalla stessa Ater. Gli attuali inquilini saranno trasferiti in due palazzine di nuova costruzione a Monigo. Il progetto per le abitazioni potrebbe essere pronto in un anno. L’occupazione degli edifici, ha chiarito Barattin, sarà gestita tramite un’operazione di “social housing” per garantire l’integrazione tra i residenti.

“Si tratta della parte più indipendente del piano - ha chiarito il presidente -, ma grazie al progetto condiviso con il Comune puntiamo ad alloggi di qualità come biglietto da visita in una zona nevralgica alle porte della città”.

La riqualificazione del quartiere dovrebbe passare, poi, per opere pubbliche, come l’aumento del verde in via Mantiero e ristrutturazioni.

Le reazioni di residenti e negozianti. Pur constatando la necessità di un lavoro sul quartiere che negli anni ha subito diverse trasformazioni a causa dell’invecchiamento della popolazione, della presenza di nuove generazioni di persone provenienti da diversi Paesi e la chiusura di molte attività produttive, residenti e commercianti pongono l’accento su un problema a monte della riqualificazione. “Sono qui dal 1983 – racconta Annalisa Dalle Mule, storica proprietaria di uno dei panifici di San Liberale – e certamente noto i cambiamenti del quartiere. Vedo che tra i nuovi residenti stranieri c’è molta diffidenza, io cerco di relazionarmi con tutti, ma non sempre con successo. Questo quartiere ha bisogno di essere ripopolato, di cambiare volto, anche affinché l’integrazione funzioni. In molti passano nel mio negozio e mi raccontano di situazioni di degrado e di spaccio, io stessa vi assisto, cerco di intervenire con il dialogo, metto cartelli fuori dal negozio, alle volte servono e alle volte no, ma queste sono situazioni che vanno risolte se si vuole riqualificare il quartiere. Servono più controlli e anche una maggiore comunicazione con l’Amministrazione. Se quando c’è qualche iniziativa in corso ci portassero delle locandine potremmo diffondere meglio le informazioni alla popolazione. Abbiamo tante belle cose nel quartiere, anche molti spazi verdi, ma andrebbero tenuti meglio. Se riuscissimo a valorizzare quello che abbiamo tornerebbero anche le attività”.

Alcune abitanti del quartiere denunciano inoltre la situazione in via Toscana: “Ci sono persone che non si abituano ai regolamenti di condominio – spiegano –. Noi ce la mettiamo tutta per tenere pulito e in ordine il luogo in cui viviamo, ma c’è chi accumula la spazzatura, non li abbiamo mai visti portar fuori un bidone di Contarina e intanto trattano i giardini come fossero la loro discarica personale. Ci farebbe piacere se abbellissero San Liberale, ma se non si risolvono prima questi problemi ci sembra che il resto faccia fatica a stare in piedi. Ogni cittadino deve fare il suo per migliorare le cose. Se queste persone hanno bisogno di aiuto siamo pronti a darlo, vogliamo coltivare i rapporti con tutti, ma sembra che il dialogo sia unidirezionale, così si creano attriti”.

L’intervento di don Paolo Giacomazzo, parroco di San Liberale. “Questo quartiere ha bisogno di un rinnovamento che punti al benessere delle persone - ha spiegato il sacerdote -. Non ci sono solo persone a basso reddito, ma anche senza reddito. Per queste persone va pensato un percorso di inclusione, facendo attenzione a tutti. Come Chiesa e grazie al Centro di ascolto Caritas della Collaborazione pastorale stiamo dando un sostegno concreto a tante famiglie, ma c’è bisogno di andare più a fondo, di lavoro e di dignità”. Don Paolo, però, non permette stigmatizzazioni: “Sono innamorato dei quartieri in cui faccio servizio, ho visto tanti miracoli qui, le persone si aiutano, sono disponibili, c’è tanta solidarietà, Provvidenza, se chiedi qualcosa arriva. Ho, dunque, molta speranza e ringrazio la Polizia locale e l’Amministrazione per gli interventi che fanno, tuttavia sono grandi anche le criticità e non so se ci saranno i mezzi per affrontarle. L’importante in ogni caso è che le persone continuino ad aiutarsi”.

Il lavoro della cooperativa La Esse. Fra i progetti del bando presentato dall’Amministrazione al Ministero c’è n’è anche uno che in parte potrebbe aiutare la risoluzione di alcune problematiche prima raccontate. Si tratta di un piano di “housing sociale” che sarà gestito dalla cooperativa La Esse proprio allo scopo di superare alcune difficoltà del territorio. La cooperativa gestirà degli alloggi e lavorerà a progetti di inclusione sociale: “Nel quartiere ci sono diverse realtà, anziani, famiglie, persone con bisogni differenti – ha chiarito Francesca Dettori, presidente di La Esse –. Noi abbiamo partecipato allo scopo di portare avanti un programma che faciliti le relazioni. L’obiettivo è quello di aumentare il benessere degli abitanti. Al di là della riqualificazione urbanistica, parliamo di rigenerazione urbana e di cura delle relazioni fra le persone. Lavoreremo trasversalmente per andare oltre il biasimo”.

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