martedì, 17 settembre 2024
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San Francesco: domenica 19 il passaggio di testimone alla guida del convento

Al posto di padre Andrea Massarin, a Treviso da 8 anni, arriva padre Oliviero Svanera che era rettore della basilica di Sant'Antonio a Padova

Andrea Massarin è padre guardiano del convento di San Francesco da 8 anni. 50 anni, originario di Zerman (Mogliano Veneto), domenica 19 saluta la comunità trevigiana assieme ad altri tre fratelli, padre Daniele, fra’ Gianmarco e fra’ Roberto, con destinazione la basilica di Sant’Antonio di Padova. “Prima di arrivare a Treviso ero stato 9 anni in basilica come cerimoniere - racconta -. Il mio arrivo a Treviso invece è stato quasi inaspettato, è stato un ritorno a «casa», poiché proprio qui avevo iniziato il mio cammino vocazionale”.

La fraternità, di San Francesco, a Treviso è composta da 8 frati. Domenica, durante la messa, al saluto per chi parte si unirà il benvenuto per 4 religiosi che arrivano, tra i quali il nuovo padre guardiano del convento, Oliviero Svanera.

“San Francesco ha un’eredità importante - confida padre Massarin - è una chiesa amata dalla comunità, frequentata per le celebrazioni e per le confessioni, una realtà bella. In questi anni ho cercato di custodirla assieme ai fratelli che mi stanno accanto”.

I momenti di cambiamento sono tempi di bilanci e anche padre Andrea prova a ripensare ai progetti coltivati in questi anni, dall’accoglienza vocazionale dei giovani in ricerca alla pastorale giovanile con l’attivazione di percorsi di spiritualità e formazione all’insegna dello spirito francescano. E poi il gruppo Gi.Fra, la gioventù francescana, l’Ordine francescano secolare e il gruppo Segno di alleanza, dedicato alle famiglie e la presenza dei terziari, laici che vivono nel mondo la spiritualità di san Francesco.

“Ci siamo spesi con passione in queste iniziative” spiega. Ma al di là delle tante cose fatte, ciò che rimane sono i volti delle persone: “Porterò con me la dimensione fraterna dell’accoglienza. In questi giorni respiro l’affetto di tante persone e la bellezza dei fratelli e delle sorelle con cui ho camminato. Nel cuore mi rimarrà questa comunità, le relazioni cresciute con semplicità, un cammino che sento ricco, bello e prezioso”. Padre Andrea ricorda poi di quando arrivò a Treviso e di come è mutato da allora il suo sentire: “San Francesco è una bella chiesa, ho provato un po’ di orgoglio nell’essere custode di questo edificio, ma oggi me ne vado portando come me non una chiesa di mattoni ma di volti, di storie e di persone. Nel cuore mi resta la speranza per tutte le situazioni di dolore, di fatica, di sofferenza fisica che ho incontrato e che il Signore ha fatto rinascere”.

Il padre guardiano ora inizia un nuovo percorso: “Sono contento di tornare al Santo, so che troverò una basilica diversa da quella che ho lasciato, di mezzo c’è una pandemia, ma non vedo l’ora di vederla rinascere attraverso i volti dei pellegrini, perché la basilica di Sant’Antonio appartiene a tutto il mondo”.

E proprio dal Santo di Padova arriva padre Oliviero Svanera, nuova guida del convento trevigiano. 62 anni, originario di Lumezzane, provincia di Brescia. Il suo è un ritorno nella nostra diocesi, avendo trascorso 13 anni ai Santuari Antoniani di Camposampiero prima dell’esperienza nel capoluogo patavino, durata 8 anni.

“C’è una certa familiarità nel mio ritorno alla diocesi di Treviso - racconta - e anche una certa affezione e legame con il clero locale. Ho già incontrato il Vescovo, che avevo avuto modo di conoscere durante i tradizionali pellegrinaggi al Santo. Altra occasione di incontro è stato l’assegnazione del riconoscimento diocesano al movimento francescano di fraternità familiare, fraternità laica che riunisce ormai 6-700 persone”.

L’itineranza è uno dei carismi che contraddistingue i frati francescani, abituati dunque a una certa mobilità che è di stimolo e di rinnovamento: “In questi anni - spiega Svanera - sono stato più vicino alla figura di sant’Antonio, il «discepolo» più illustre di san Francesco, ora mi aspetto di vivere più solennemente la figura del santo di Assisi, di andare alla fonte della vocazione e della spiritualità francescana, unendo così le due dimensioni dell’essere francescano. Della basilica del Santo mi rimarrà la devozione immediata dei pellegrini, una pietà popolare. E’ un luogo dove si tocca con mano la fede della gente e ciò che si porta nel cuore. La basilica, con la sua ricchezza di arte, di cultura e di liturgia, ha in sé un’eredità popolare e offre una realtà pastorale mediata dalla dimensione liturgica e sacramentale, è un luogo di conversione oltre che di spiritualità. La figura di Sant’Antonio ha qualcosa di straordinario e trasversale alle religioni, tocca gli animi delle persone in modo diffuso, multiculturale e anche laico”.

Un santuario che ha risentito non poco della pandemia: “Il Covid per un luogo che vive di incontri e pellegrinaggi è stato un duro colpo, ma abbiamo sfoggiato una certa capacità creativa, cogliendo le opportunità del nostro tempo per essere comunque vicini alle persone e portare speranza nella fede e consolazione. Abbiamo cercato, come dice il Vangelo, di trasformare la croce in risurrezione. La disgrazia diventa grazia solo con tanta fede e l’aiuto della Provvidenza, ma proprio nel momento della privazione possiamo imparare il valore delle cose”.

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