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Piazza Borsa, il buco della ciambella

Chiuderà definitivamente i battenti il prossimo 31 ottobre lo storico bar Borsa di Treviso, in attività dal 1955. La motivazione è il mancato rinnovo del contratto stipulato tra la Camera di Commercio, proprietaria dell’immobile. La notizia accende il dibattito sul futuro della sede camerale. Intervento del presidente Ascom Renato Salvadori.

Chiuderà definitivamente i battenti il prossimo 31 ottobre lo storico bar Borsa di Treviso, in attività dal 1955. La motivazione è il mancato rinnovo del contratto stipulato tra la Camera di Commercio, proprietaria dell’immobile, e Denis Mistro che gestiva l’attività dal 2005.
Scaduto il 31 maggio scorso, l’accordo non vede attualmente la possibilità di altre proroghe, né è stato pubblicato alcun nuovo bando per la gestione del bar. Con la fine di ottobre dunque le saracinesche saranno abbassate e otto dipendenti rimarranno a casa, mentre altri quattro si sono già licenziati.
Le sorti dell’attività, e dell’intero edificio, sono ancora incerte: la Camera di Commercio cerca una nuova sede dove traslocare e le voci suggeriscono un interesse per lo stabile da parte di grandi gruppi della moda italiana che potrebbero realizzare un centro commerciale in stile Galeries Lafayette di Parigi, Harrods a Londra o perché no, Fondaco dei Tedeschi a Venezia, visto che uno dei colossi interessati sembrerebbe far riferimento alle imprese di Benetton. Senza fare nomi il presidente della Camera di Commercio Mario Pozza ha accennato all’arrivo di “importanti offerte di colossi italiani”.
Resta da definire dove si sposterà la Camera di Commercio, visto che al primo bando per trovare un’altra sede, scaduto il primo settembre, non sono pervenute proposte ammissibili e un secondo bando sembra destinato ad avere identica soluzione. Una volta assodato che non ci siano altre possibilità è probabile che l’organo camerale si avvii verso la risoluzione del contenzioso giudiziario aperto con la Fondazione Cassamarca per il mancato trasferimento all’Appiani, bloccato alcuni anni fa dall’allora presidente della Camera di Commercio Nicola Tognana.
Se, come sembra essere nelle volontà di Pozza, la controversia andasse verso una risoluzione, allora si aprirebbe nuovamente la strada per lo spostamento della sede nella cittadella delle Istituzioni.
Contro il rischio della nascita di un nuovo buco nero nel cuore del centro storico di Treviso ha lanciato il suo appello il presidente di Confcommercio Treviso Renato Salvadori che auspica la ricerca di “insediamenti di qualità” (leggi centri commerciali di lusso) che possano fungere da polo gravitazionale attorno al quale sviluppare una logica di distretto volta a dare nuovo sviluppo all’economia di tutto il centro storico.
“Parlo di un insediamento simile alle Galeries Lafayette, o a Galleria Vittorio Emanuele II a Milano – ha spiegato Salvadori –; non un monomarca, che ha una capacità di attrazione diversa. Un luogo capace di calamitare l’attrazione di chi sta nella cintura urbana. Oggi se uno guarda Treviso dall’alto la vede come una ciambella col buco. E il buco, quello demografico, è costituito proprio dal centro storico del capoluogo. Una città che perde i propri abitanti verso l’esterno senza chiedere nulla in cambio è una città destinata, se non a morire, certamente ad agonizzare. Esattamente come, purtroppo, sta accadendo a molte delle attività. E questo avviene perché gli abitanti entro mura si sono ridotti ad un terzo di quelli esistenti solo pochi anni fa. Dato che ripopolare il centro è un processo lungo e complesso, la proposta è quella di farne un polo che possa richiamare con costanza la gente da fuori attraverso un mercato di qualità che avrebbe riflessi su tutta l’area. Ribadisco inoltre la necessità di lavorare ad un tavolo con tutto i comuni del territorio in modo tale da concordare le strategie commerciali ed economiche e creare un’economia stabile che faccia leva sul turismo, sulla possibilità di spostarsi in modo agevole sul territorio provinciale e di sfruttare i «marchi ombrello» come il radicchio o il Prosecco per realizzare un prodotto turistico che duri nel tempo e i cui utili poi vengano redistribuiti su tutto il territorio”.
Rimangono un paio di interrogativi: si riuscirà a creare infrastrutture, servizi e parcheggi adatti all’afflusso di visitatori che può portare un centro commerciale? Se sorgesse un polo dell’abbigliamento di lusso in piazza Borsa, con bar e ristoranti al suo interno, i negozi dei più grossi brand presenti in città potrebbero fare a gara per spostare lì la loro attività. I rivenditori delle griffe di moda potrebbero trovarsi in difficoltà a competere con un accentramento di questo tipo. C’è il rischio così di creare altri buchi neri o mettere in crisi alcuni negozi storici? Forse prematuro chiederselo dato che stiamo parlando di mere congetture. L’unica notizia certa è che chiuderà il bar Borsa e che la Camera di Commercio è intenzionata a trovare un’altra sede. Sul dove, quando e sulla destinazione dell’immobile ancora non vi è nulla di certo.

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