Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Case popolari, posto a rischio? Dipende dal'Isee
Diverse le novità apportate dalla legge regionale, tra cui la decadenza del contratto di affitto per chi avrà un Isee Erp superiore ai 20 mila euro. Il parere del Sunia, il sindacato degli inquilini.
Nei quartieri di Treviso si parla molto della riforma delle case popolari messa in campo dalla legge regionale n. 39 del 3 novembre 2017 in materia di edilizia residenziale pubblica e dal relativo regolamento approvato il 10 agosto 2018.
Diverse le novità apportate dalla legge, tra cui l’introduzione del calcolo del canone di affitto attraverso il modello Isee, ma soprattutto la decadenza del contratto di affitto per chi avrà un Isee superiore ai 20 mila euro.
Già dalla fine del 2017 gli inquilini delle abitazioni di edilizia pubblica non hanno più presentato la dichiarazione dei redditi, ma la situazione economica familiare è stata individuata dall’Ise (Indicatore della situazione economica) e dall’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente). I valori Ise e Isee, che includono le detrazioni per l’affitto, vengono poi depurati da tale detrazione, per ottenere così gli indicatori Isee Erp e Ise Erp (Edilizia residenziale pubblica).
Questo comporta una maggiore equità nel calcolo dei canoni d’affitto, visto che il conteggio dei redditi avviene anche sui patrimoni e non solo su stipendi e pensioni. Quello che però spaventa tante persone, soprattutto anziane, è la parte della legge che sancisce l’obbligo di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio nel caso si superasse un Isee Erp di 20 mila euro per 2 anni consecutivi.
I timori degli anziani
“Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nel Bur del regolamento – recita il testo della legge all’articolo 50 –: il mancato possesso dei requisiti di cui all’articolo 25 (tra cui un Isee Erp non superiore ai 20 mila euro, ndr), per i contratti di locazione in essere, comporta la decadenza dell’assegnazione dell’alloggio e, conseguentemente, la risoluzione di diritto del contratto di locazione, a condizione che detti requisiti non vengano ripristinati entro il termine previsto per il rilascio dell’alloggio; la risoluzione del contratto determina l’obbligo del rilascio dell’alloggio entro ventiquattro mesi dalla relativa comunicazione. Per ogni mese o frazione di mese di permanenza è dovuta un’indennità pari al canone massimo di locazione, stabilito dal regolamento”.
In molti, soprattutto anziani, esprimono i loro timori: per l’anno 2019 non sono ancora arrivati gli affitti e tutti si chiedono se dovranno pagare di più, quanto e quando, visto che nel momento in cui arriveranno i bollettini bisognerà saldare anche le rate arretrate.
Le problematiche e gli sconvolgimenti della nuova legge tuttavia vanno di pari passo con il tentativo di dare l’opportunità a nuovi poveri di trovare supporto abitativo nella rete delle case popolari.
Il sindacato: un ricambio ci dev’essere
“La cifra di 20 mila euro è certo non troppo alta e forse si poteva alzare un po’, anche perché probabilmente la decadenza a venti mila euro non sarà applicabile – spiega Alessandra Gava, segretaria del Sunia Cgil, il sindacato degli inquilini –. Come sindacato ci siamo mossi in sede di approvazione della legge per ottenere dei miglioramenti, ma ora che la legge è in vigore la domanda è cosa stanno facendo i partiti. Bisogna chiedere alla Lega cosa ha intenzione di fare per queste persone. La legge andava sicuramente modificata, ma c’è anche qualche elemento buono: la situazione delle case popolari è drammatica, e la situazione sociale è sempre più critica, ci sono sempre più disparità economiche e non ci sono alloggi. Le case popolari sono fatte perché le persone possano affrontare situazioni di difficoltà e quando questa finisce dovrebbero essere liberate per lasciare il posto ad altri in difficoltà".
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