Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
7 aprile: i rintocchi nella piazza vuota e parole di speranza
Una cerimonia commovente quella in memoria del bombardamento della città di Treviso del 7 aprile 1944, con il sindaco Mario Conte da solo in una piazza dei Signori deserta, il solo rumore dei rintocchi del campanile a ricordare i 1.600 morti di quel venerdì Santo, tra cui 123 bambini. Una tragedia che distrusse l'80 per cento della città. Le parole del Vescovo dalla cattedrale.
Una cerimonia commovente quella in memoria del bombardamento della città di Treviso del 7 aprile 1944, con il sindaco Mario Conte da solo in una piazza dei Signori deserta, il solo rumore dei rintocchi del campanile a ricordare i 1.600 morti di quel venerdì Santo, tra cui 123 bambini. Una tragedia che distrusse l'80 per cento della città.
A commemorare l'evento in diretta il vescovo Michele Tomasi dalla Cattedrale, il prefetto Maria Rosaria Laganà dal suo ufficio in prefettura, il sindaco dal palazzo dei 300 e poi il tenore Francesco Grollo con un concerto a porte chiuse nella chiesa di San Francesco.
Già nella mattinata Conte aveva deposto una corona commemorativa nella cappella della chiesa Votiva, dove, come ha ricordato mons. Tomasi, si sarebbe dovuta celebrare una funzione in ricordo delle vittime, che viste le restrizioni di questi giorni, si è trasformata in una messa e in un momento di preghiera solitaria del Vescovo.
“Una commemorazione è un momento importante – ha sottolineato il Vescovo – soprattutto per il periodo così drammatico che stiamo attraversando oggi. E' difficile immaginare parte della cattedrale e della città distrutte. Come disse in maniera profetica Pio XII, 5 anni prima del 1944, il 24 agosto del 1939: «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra»”.
Dal Duomo di Treviso sono poi arrivate parole di speranza: “Oggi abbiamo bisogno di responsabilità, di solidarietà, di pace e di cura del bene comune, perché non usciremo da soli da questa situazione. Il ricordo del dramma è un richiamo alla radice di ciò che ci rende uniti. Allora era venerdì Santo, siamo in settimana Santa anche noi oggi e come ha detto papa Francesco qualche venerdì fa: «Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza», la croce è un simbolo di sconfitta, di amore, è strada verso la vita e la resurrezione. Oggi è un momento di sosta per ricominciare insieme”.
A seguire l'intervento del prefetto che ha riportato il vivo ricordo delle celebrazioni del 7 aprile dell'anno scorso, con tanta gente e una piazza dei Signori piena, impossibile non mettere in relazione la tragedia del 7 aprile con quella che stiamo vivendo a causa del coronavirus: “Quest'anno – ha commentato Laganà – gli eventi hanno inciso sulla nostra vita, e forse possiamo capire meglio come si viveva con le privazioni della guerra. I fatti tragici del 7 aprile ci portano con il pensiero a chi lotta contro il coronavirus. Rivolgo un pensiero a chi ha perso una persona cara e a tutti gli ammalati, ai medici, al personale sanitario, ai volontari, alle forze dell'ordine e ai sindaci. Esprimo la mia vicinanza a chi teme per la perdita del posto di lavoro, ringrazio i cittadini che seguono le disposizioni, ma non dimenticano la solidarietà”.
Un ringraziamento simile è arrivato anche dal sindaco che ha poi letto le parole di Marisa Guolo a testimonianza dei timori e delle incertezze, dello sconforto e dell'incredulità che ha portato con sé quel tragico giorno.
“Cari concittadini, avremmo voluto condividere con voi il momento di raccoglimento in piazza dei Signori, non abbiamo potuto farlo. Una situazione assolutamente inedita, con la quale abbiamo ormai imparato a convivere, ma che ci sta togliendo anche i momenti e le cerimonie più importanti come questa giornata che ricorda il bombardamento che nel 1944 rase al suolo la nostra città. Il bombardamento fece 1600 morti, in questi giorni in cui passiamo dal leggere freddi bollettini alle immagini strazianti dei mezzi dell'esercito che trasportano le bare, abbiamo capito più che in altre occasioni che i numeri hanno un peso e che la vita non può essere ridotta a una casellina fra tutte le altre. Oltre alla sofferenza per la perdita dei propri cari, i trevigiani, oggi come allora, devono far fronte ad enormi problematiche di tipo economico. Treviso dopo il bombardamento fu ricostruita in 10 anni. La parete del palazzo dei 300 fu ricostruita nel 1948 e oggi è un simbolo di rinascita. Noi per fortuna non dobbiamo ricostruire palazzi, ma c'è chi in questo mese ha perso tutto. Dobbiamo ripartire, aiutando e aiutandoci con solidarietà e responsabilità, ripartendo dai nostri negozi, attività e prodotti, dall'arte e dalla bellezza. Le istituzioni faranno di tutto perché questo processo di rilancio sia breve. Iniziamo, come diceva san Francesco d'Assisi da ciò che è necessario, poi da quello che è possibile, ci ritroveremo a fare l'impossibile. Il senso di comunità ci permetterà di ripartire con la certezza di farcela”.
Le celebrazioni si sono concluse con un concerto in solitaria del tenore Francesco Grollo a San Francesco. Accompagnato all'organo dal maestro e organista Antonio Camponogara l'artista ha eseguito l'Ave Maria di Bach-Gounod per le vittime del 7 aprile 1944. Il secondo brano, dedicato alle persone decedute a causa del coronavirus è stato il Pater Noster, mentre il concerto si è concluso con un messaggio di ringraziamento al personale medico e di speranza per il futuro lanciato attraverso le note del Gratias agimus tibi dalla Messa di Giacomo Puccini.
Nella giornata le bandiere della città di Treviso sono state inoltre izzate a mezz'asta. Oltre alla corona deposta dal sindaco ne sono state portate altre due, una alla lapide delle vittime civili di guerra e una al tempio “alla Madonnetta” nella strada delle Acquette di Santa Maria del Rovere.