Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Castello di Godego: la storia di Giovanni Albano Serafin, il soldato ritrovato
Il soldato ritrovato e quella bandiera che sventola sul sagrato. Succede, quando la storia offre opportunità di riscatto, opportunità di pace e amicizia; la possibilità di chiudere un cerchio della vita iniziato con un dramma, quello della Prima guerra mondiale. Infatti, Giovanni Albano Serafin, di Castello di Godego, sposato e con figli, era stato chiamato sotto le armi a 37 anni. Fu mandato a combattere sul Carso e qui fu fatto prigioniero dai soldati ungheresi che combattevano con l’Esercito austro-ungarico. Dopo l’arresto, nel 1917 venne deportato in un campo di lavoro in territorio ungherese, a Somorja (oggi territorio slovacco). Purtroppo, della sua situazione poco sapevano i suoi familiari, se non che Giovanni era stato fatto prigioniero, anche perché, da semianalfabeta, poco sapeva leggere e così pure scrivere. Però, nel periodo della prigionia, riuscì anche a imparare quel tanto che bastò per imbastire una lettera (l’unica) e inviarla alla moglie; poi più nulla.
Grazie all’insistenza dei familiari del soldato Serafin, alla loro tenacia e alla volontà di sapere la verità su quel loro parente, è stato possibile, poco tempo fa, addirittura individuare la tomba di Serafin a Somorja, a pochi chilometri da Bratislava, in un cimitero di guerra.
In pratica, è stato scoperto che Serafin, dopo essere stato arrestato dagli ungheresi, fu deportato in questo campo, dove si ammalò e, nella primavera del 1918, morì. Gli fu impartita la benedizione da un prete cattolico e fu sepolto nel cimitero del campo.
“Quanto prima andremo a vedere la tomba - spiegano i familiari -. Potremo portargli un fiore e recitare una preghiera... sarebbe bello poter portarlo a casa dopo tanti anni”.
E se gli ungheresi hanno combattuto contro gli italiani in quel drammatico conflitto, hanno fatto tanti prigionieri tra i quali anche il nostro Serafin, ora, a poco più di 100 anni di distanza, non solo viene trovata la tomba di un nostro connazionale, ma la bandiera ungherese sventolerà in cima al Sacrario di cima Grappa.
Infatti, nel corso di una sentita e importante cerimonia nella parte del cimitero austro-ungarico, vicino alla bandiera austriaca è stata issata anche quella ungherese.
Il tutto alla presenza del ministro della Difesa, Guido Crosetto, e di un’alta rappresentanza ungherese composta dal presidente dell’Assemblea ungherese, on. Laszlo Kover, dal ministro della Difesa, on. Kristof Szalay Bobovniczky, e dal vice ministro Tomasi Varga. Presenti, inoltre, le più alte autorità militari italiane e ungheresi, con i rispettivi picchetti d’arma. E, ancora, sindaci, rappresentanti delle associazioni d’arma con i propri labari e bandiere.
Insomma, il cerchio della storia si è chiuso positivamente questa volta e se in cima Grappa sventola anche la bandiera degli ex nemici ungheresi, in un piccolo cimitero ex ungherese un soldato italiano morto è stato ritrovato dalla sua famiglia.