Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Pedalate nel silenzio
Il racconto delle tante esperienze fatte dalla ventunenne Anna Dal Ben, che ha percorso 600 chilometri in bicicletta, da Roma a Monastier, da sola
Un viaggio in solitaria, oltre 600 chilometri in bicicletta, da Roma a Monastier, con un bagaglio leggero, la testa piena dei pensieri e ideali di una ventenne e alle gambe una grande voglia di pedalare.
Anna Dal Ben è una giovane 21enne di Monastier di Treviso che frequenta il secondo anno dell’Accademia internazionale di Teatro di Roma. Sabato 17 ottobre è partita da Roma con la sua bici, direzione casa, dove è arrivata il sabato successivo, 24 ottobre.
“Da sola? Mi andava, ne sentivo il bisogno. Era da un po’ di mesi che pensavo a questo cosa - racconta -, sempre rimandata a causa del Covid, ma ho evitato attentamente di parlarne coi miei genitori, poiché li avrei messi in agitazione. Mamma, quando ha saputo che stavo per partire, era contraria, ne abbiamo discusso e non mi ha più parlato per tre giorni; ma poi ha visto che ero risoluta, e ha cominciato a chiedermi le foto dei luoghi che attraversavo”.
La giovane, che al ritorno era piena di adrenalina, ma nei giorni successivi ha avuto bisogno di lunghe dormite, ammette candidamente: “In cuor mio non pensavo ce l’avrei fatta. Non sono mai stata una sportiva accanita, a Roma mi muovo in bici, ma al massimo faccio dieci chilometri al giorno. Mi sono comunque detta, «se vedo che non ce la faccio, monto sul primo treno e torno». In realtà, sono stata fortunatissima, sia per il meteo, sia perché non ho mai bucato o avuto altri incidenti di nessun genere. Solo in un paio di situazioni mi sono trovata su strade a grande percorrenza, pericolose, sulla Salaria per uscire da Roma e poi l’Adriatica, nell’ultimo tratto del mio viaggio”.
Il percorso, quasi esclusivamente su strade secondarie, minori, lo ha studiato visitando portali e blog di cicloturismo e lo ha adattato alle sue esigenze, allungandolo fino alla Toscana, raggiungendo le città in cui aveva amici disponibili a ospitarla: vecchie conoscenze di quando frequentava il gruppo scout Agesci, compagne di Accademia o coetanee di Monastier che studiano fuori sede. E così ha inforcato la sua bici (“che in realtà non è neppure mia, è di un amico, e ha pure un telaio grande per la mia statura”) e ha fatto tappa a Terni, Perugia, Arezzo, Pistoia, Firenze, Bologna e Ferrara, fino a raggiungere la sua famiglia a Monastier di Treviso. Il bagaglio era leggero (“l’essenziale, come ho imparato dagli scout”), contenuto nelle borse stagne, in spalla solo un piccolo zainetto con la borraccia e le cose da avere a portata di mano; come attrezzatura un fornelletto da campeggio per farsi un tè caldo lungo la strada o un risotto veloce con la busta e, infine, una tendina igloo. “Solo una notte ho dormitorio in tenda, dietro la cattedrale di Arezzo, in un orto della parrocchia protetto da un muretto, poiché laggiù non conoscevo nessuno e lungo la strada mi hanno indicato un parroco molto accogliente al quale chiedere un posto dove potermi fermare”.
Quando le chiediamo se rifarebbe questa esperienza avventurosa, Anna risponde di sì. “In questo viaggio ho assaporato la bellezza, di cui la nostra Italia è davvero molto ricca, e ho sperimentato la gioia e la soddisfazione di andare oltre i miei limiti. Ci sono state le fatiche, ma anche le discese. E’ stato un viaggio in cui ho scoperto la solidarietà fra ciclisti, ho conosciuto e parlato con tante persone, in semplicità, ma forse l’aspetto che più di tutti mi ha colpito, è stato il silenzio. Sono partita tra gli ulivi, poi mi sono immersa nei vigneti, ho attraversato i colli toscani e gli Appennini emiliani, per arrivare alla campagna infinita e alle nebbie della Pianura padana. Ho intravisto al lavoro tanti contadini, molti anziani, di una tenerezza infinita nel loro lavoro di cura della terra”.
Nel suo pedalare, Anna ha riscontrato la scarsità delle piste ciclabili in Italia, solo in prossimità delle città, ma si è anche resa conto di quanto basti poco per essere veramente felici. “La strada parla da sé. In fondo l’aneddoto di base è uno solo, poco avvincente: ho pedalato. Assieme al sudore, la fatica scrolla di mente macigni di idiozie, ristabilisce le priorità. Nei miei sogni questo viaggio lo avevo immaginato più lento, con la possibilità di fare la turista; le cose sono andate diversamente, ma va benissimo così. Rischiare un po’ vale la pena, vale la pena la paura. Vorrei che si sapesse, che tutti sapessero, di quella gioia e di quello stupore che ho provato”.