Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Paese: il cimitero compie cento anni
Fu costruito in seguito alla cessione al Comune di un terreno parrocchiale. E fu possibile ampliare la chiesa parrocchiale
Il cimitero di Paese ha 100 anni, essendo stato inaugurato il 1° maggio 1922. Fu costruito in seguito alla cessione al Comune, da parte del beneficio parrocchiale, di 6.000 mq. di terreno (mappale n. 218, f. 8°, sez. D). La spesa per l’Ente locale fu di lire 3.900, che a mons. Attilio Andreatti, che reggeva la parrocchia, servivano per l’ampliamento della chiesa. L’autorizzazione alla vendita arrivò con decreto del 17 luglio 1914, firmato da mons. Andrea Giacinto Longhin, vescovo di Treviso. Fu poi la guerra a rallentare la costruzione delle mura e delle cappelle ossario, ma da testimonianze acquisite, sembra che durante il conflitto in quel prato furono inumati temporaneamente alcuni soldati provenienti dal fronte. Fino al 30 aprile 1922, i defunti di Paese furono sepolti nel cimitero attorno alla chiesa.
Per ultimi due gemelli, Maria e Primo, figli di Amadio Volpato, deceduti di 4 mesi per eclampsia, sepolti il 30 aprile. Il primo a “inaugurare” il nuovo cimitero fu Attilio Biscaro, di Giulio e Anna Piovesan, neonato di poche ore. Era la diffusa mortalità infantile a mietere tante giovani vite, cosicché negli anni 1950/60 in una vasta area del camposanto erano ancora visibili tante bandierine bianche. E non mancava il “cantone” dove venivano sepolti coloro che si suicidavano, come non mancava in precedenza, alla sinistra dietro la chiesa quando, nel Settecento, causa lo scorbuto che mandava fuori di senno tante persone, queste si toglievano la vita venendo sepolte “senza accompagnamento di fedeli e senza suono di campane”. In seguito, il nuovo cimitero fu più volte munito di loculi e ampliato, parallelamente all’aumento demografico.
Liberato il terreno davanti, nel 1922, mons. Andreatti fece ampliare la chiesa, dedicata a San Martino vescovo, su progetto dell’ing. Melchiorri, allungandola in avanti e aggiungendovi le due navate laterali. Era previsto anche il rivestimento della facciata che verrà realizzato con i marmi della Valchiampo, 33 anni dopo, da mons. Mario Ceccato. Sembra assodato che il Melchiorri si sia ispirato alla basilica del Santo di Tours, data la stessa conformazione dell’interno. Interno che nei secoli passati, quando la chiesa era di dimensioni ridotte, ospitò le tombe di tanti patrizi veneziani: Loredan, Corniani, Badoer e altri, che furono sepolti ai piedi dell’altare della Vergine, quindi le loro ossa potrebbero trovarsi tuttora sotto la navata centrale. Anche dopo che un decreto napoleonico del 5 settembre 1806 vietò la sepoltura all’interno degli edifici di culto, dando nel contempo disposizioni affinché i cimiteri fossero spostati lontano dai centri abitati, continuarono le tumulazioni nelle chiese: a Paese, gli Algarotti-Quaglia. E come si è visto, per la delocalizzazione del cimitero occorrerà attendere oltre un secolo. Tuttora ne persistono attorno alle chiese, ad esempio a Porcellengo.
Nel 1955, quando mons. Mario Ceccato fece rivestire la chiesa di mattoni con i marmi della Valchiampo, scavando la sede per la scalinata centrale, si rinvennero alcuni scheletri.
Data l’inarrestabile contrazione delle nascite, anche i luoghi di sepoltura sembrano destinati a ridimensionarsi, ipotesi rafforzata anche dalla crescente tendenza alla cremazione.