venerdì, 20 dicembre 2024
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La vita dopo la reclusione

Dopo la visita al carcere femminile della Giudecca, la congrega di Asolo apre una racconta di fondi per le detenute

Pubblichiamo un resoconto della visita della Congrega di Asolo alla Casa di reclusione femminile della Giudecca, avvenuta alcune settimane fa. Anche in questi luoghi può nascere la speranza.

Gli occhi vedono dove hanno imparato a guardare. Quando l’orizzonte cambia e la vista è puntata oltre le consuetudini allora ciò che si guarda deve necessariamente turbare il pensiero e arrivare al cuore per evocare in qualche modo una conversione o almeno un modo nuovo di vedere le cose e le persone. Forse è quello che è successo a noi, sacerdoti, religiosi e cooperatrici del Vicariato di Asolo che, nell’occasione della Biennale di Venezia, abbiamo deciso di visitare il padiglione della Santa Sede installato nella casa di reclusione femminile della Giudecca. “Con i miei occhi” è il titolo della mostra che intreccia, come è giusto che sia, il sacro e il profano: “Non ti amo che con i miei occhi” di un sonetto di Shakespeare e la preghiera di Giobbe “I miei occhi ti hanno veduto”. E così noi, tra il sacro e il profano, che pure abita il nostro mondo, mescolati tra le mura di chi, forse, non vorremmo vedere perché troppo simile a noi in umanità e peccato, siamo entrati percorrendo il padiglione con le detenute pronte e fiere a raccontarci l’arte con parole calcolate e precise. Arte, fatta di storia e talento, fatta da carcerate e da artisti, intrecciata alle stanze di quel luogo troppo spesso dimenticato. Ma ancor più eloquente, forse, il silenzio dei loro occhi espressivi a dirci della vita tra quelle mura, fatta di disperazione e di speranza. E, poi, ancora le guardie, la suora, il personale a ritmare, tra ascolto e fermezza, il nostro percorso e l’esistenza sospesa di quelle donne, per incoraggiare e sostenere la possibilità di una vita dopo la reclusione. E siamo usciti da quelle stanze e dal quell’esperienza carichi di tanti perché e, paradossalmente, alimentati da una speranza che troppe volte annunciamo dagli altari e che, nel luogo dove meno si attende, abbiamo assaporata davvero come virtù da vivere e testimoniare. Per questo abbiamo invitato le nostre comunità a una raccolta di beni e di denaro necessaria per quelle donne che, probabilmente convinte di non poter donare più nulla, hanno ridestato in noi il desiderio di scommettere ancora in questa umanità ferita, ma capace di desiderare un oltre che abbiamo certamente ricevuto e che speriamo di aver mostrato nel luogo più nascosto del mondo... con i nostri occhi.

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