martedì, 17 settembre 2024
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Don Silvio Mariga saluta la comunità di Treville

Diciassette anni in un quadernetto ad anelli. È con questo bagaglio, essenziale nella sua ricchezza, che don Silvio Mariga saluta la comunità di Treville, dove aveva fatto il suo ingresso nel 2001.

Diciassette anni in un quadernetto ad anelli. È con questo bagaglio, essenziale nella sua ricchezza, che don Silvio Mariga saluta la comunità di Treville, dove aveva fatto il suo ingresso nel 2001. Oggi, giunto al  termine del suo mandato, è pronto a iniziare un nuovo servizio nella collaborazione pastorale di Castelfranco. Nella seguente intervista, abbiamo provato a ripercorrere insieme a lui gli aspetti più significativi della sua esperienza a Treville.

Don Silvio, come ha vissuto il suo essere prete, nel corso della sua vita?
Ho vissuto il mio essere prete in riferimento al Signore e alle persone, ripetendomi sempre che quanto chiedevo agli altri doveva essere, prima di tutto, vissuto da me.

Nel suo ruolo di pastore quali sono stati i principali valori che ha voluto trasmettere?
Sono sempre stato convinto che cristiani non si nasce ma si diventa. Ho sempre cercato di fare in modo tale che la gente scoprisse il ruolo della fede nella propria vita, affinché ciascuno diventasse consapevole del dono che aveva ricevuto.

Fra i suoi principali insegnamenti c’è quello del servizio, da intendere come qualcosa di totale…
Scoprire di essere “servi” implica scoprire di “dipendere” dagli altri. Vivo così il servizio, come una catena nel senso bello del termine.

Qual è il risultato che le fa più piacere poter raccogliere?
Quando la sera vado a letto, so che non stato con le mani in tasca. Tutti i momenti della vita parrocchiale sono appuntati nel mio quadernetto. Invece, a volte penso che non sono riuscito ad avere fantasia sufficiente per proporre soluzioni alla difficoltà, che i genitori incontrano, di continuare a far vivere la fede ai loro figli anche dopo la Cresima.

La gioia più grande?
Quella di aver camminato con la gente.

A Treville verrà  sicuramente ricordato per aver dedicato tanto del suo tempo ai malati…
Andare incontro alle persone che faticano, a causa di situazioni difficili, e far loro percepire la vicinanza con il Signore, ti mette nella condizione di sentire che stai camminando anche tu insieme a loro, con le tue fatiche. Sono contento di aver ricevuto tantissimo da persone che soffrivano, e che continuano a soffrire.

Passando dai malati e gli anziani ai giovani, qual è il messaggio che desidera lasciare loro?
Che siano veri: con se stessi, con Dio che hanno ricevuto da ragazzi, e con la comunità. Siano sempre stimolati da un profondo desiderio di crescita umana.

E alla comunità, cosa desidera dire?
Di avere il coraggio di camminare insieme. Ho sempre dato molta importanza all’Eucaristia perché da Essa può scaturire la forza che tiene unite le persone.

Non a caso ha sempre dedicato una grande cura alla liturgia…
Fare in modo tale che la liturgia venga ben celebrata, curata e partecipata – grazie al contributo di tanti – è fondamentale se si considera che proprio durante la messa io incontro il maggior numero di fedeli e loro incontrano il Signore attraverso l’Eucaristia.

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