Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Cavaso, a villa Premoli alcune opere di Francesco Sartor
Si concludono le celebrazioni per il centenario della scomparsa dello scultore con una mostra. La cerimonia di apertura è prevista per il 24 di aprile alle 11 con un tour guidato
Sono giunte alla conclusione le celebrazioni, iniziate lo scorso settembre, per il centenario della scomparsa dello scultore di Cavaso Francesco Sartor. All’apertura delle manifestazioni, domenica 13 settembre, erano presenti alla celebrazione nella parrocchiale della Pieve il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, unito da lontana parentela con lo scultore, il vescovo di Treviso mons. Michele Tomasi, oltre al parroco don Pierangelo Salviato.
Le manifestazioni conclusive avranno come degna e mirabile cornice la secentesca villa Premoli, sempre a Cavaso, dove saranno esposte alcune opere tra le più significative del Sartor. La cerimonia di apertura, originariamente prevista per sabato 10 aprile, è stata spostata a sabato 24 dello stesso mese, con inizio alle 11 con il tour guidato. All’organizzazione ha partecipato il Gruppo ricerca storica presieduto da Floriano Sartor. Successivamente l’evento sarà disponibile ogni fine settimana sempre con visite guidate e accompagnamento di concerti; inoltre le visite saranno possibili, su appuntamento, anche durante i giorni feriali. Il percorso espositivo coinvolgerà il visitatore nella vita e nell’arte dello scultore mediante l’esposizione di alcune sue opere più significative. Sarà valorizzato il rapporto di Francesco Sartor con papa Pio X di cui, oltre che parente, fu amico. La conclusione delle celebrazioni è prevista per sabato 23 maggio.
Il nutrito programma è stato elaborato e curato dalla Commissione per le celebrazioni composta dalla direttrice artistica Moira Mascotto coadiuvata da Alessandra Ballestrin, Stefania Specia, Fernando Sartor, Renato Zanini, Giovanni Baldo, Silvio Reato, Elena Virago, Chiara Menegon e Stefano Colmanet.
Vita e opere dello scultore
Francesco Sartor è nato e vissuto per gran parte della esistenza a Cavaso. I tempi della sua generazione erano duri, aspri e ingrati. Ma con volontà e tenacia il giovane Francesco, di origini contadine, è riuscito a imporsi come artista di non lieve spessore. La sua zona, e Possagno in primis, era culla di scalpellini e scultori. Un milieu artistico che aveva partorito la grandezza immensa di Canova.
Il futuro scultore del Papa viene alla luce il 14 luglio 1865 da Giovanni Sartor e Maria dei Agnoli. Ha la fortuna, che a quei tempi non era di tutti, di frequentare la scuola elementare dimostrando presto buone disposizioni artistiche. A quattordici anni ha la possibilità di frequentare e lavorare nella bottega dello scalpellino di Possagno Pasino Tonin. E, nel contempo, può frequentare il collegio Canova e la Gipsoteca. È di questo periodo la sua prima prova: un medaglione con l’immagine del grande conterraneo Antonio. La svolta della sua vita artistica avviene quando può recarsi a Venezia nella bottega dello scultore Augusto Benvenuti e là si crea una piccola fama di bravo artista. Così, rientrato a Cavaso, gli giungono le prime commissioni di opere pubbliche che sono un medaglione marmoreo di Garibaldi e uno di Vittorio Emanuele II.
A Venezia, in quegli anni, era patriarca il cardinale Giuseppe Sarto di cui il giovane scultore modella il busto che offre al porporato. Siamo ormai a cavallo tra Otto e Novecento e l’attività di Francesco è ben avviata. Nel 1900 il conte Filippo Canal gli commissiona una statua di S. Pancrazio per la facciata della chiesa di Crespano.
Ma l’artista, ormai non più giovanissimo, è impegnato anche nella vita sociale di Cavaso ricoprendo la carica di fabbriciere della parrocchiale, sedendo nel Consiglio comunale giungendo anche a ricoprire la presidenza della cassa rurale paesana. Nel frattempo lavora al restauro della chiesa della Salute di Caniezza e alla nuova facciata della parrocchiale di Pieve. Nel 1901 arriva come parroco a Possagno don Giovanni Battista Parolin, nipote del cardinal Sarto, che due anni dopo sale al soglio pontificio. Parolin conosce lo scultore e non può non apprezzarne il valore artistico. Nel 1906 il nuovo Papa, Pio X, ordina al Sartor tre statue per la facciata della chiesa di Riese. E’, il 1906, un anno decisivo per l’artista che convola a nozze con Amalia Parolin, legame che gli apre un ampio rapporto con l’ambiente ecclesiastico. La nuova famiglia presto si amplia con la nascita di Maria Teresa seguita dal fratellino Giuseppe. C’è bisogno di nuovo spazio e nel 1913 Francesco e Amalia con i due figlioletti occupano una nuova casa a Cavaso. Ci sono ormai venti di guerra che diventano di lì a poco il “guerrone” tanto temuto da Pio X. Francesco si adopera, nell’anno dell’invasione, a mettere in sicurezza i gessi canoviani. Per lui quel 1917 sarà un anno terribile perché perde l’amata moglie. Ha da poco passato la cinquantina, ma le difficoltà del conflitto unite a quelle successive lo coinvolgono drammaticamente. Scoppia una epidemia di tifo che lo colpisce; Francesco muore nella sua casa di Cavaso. Era il 1920. Ma lo scultore aveva lasciato, nel corso di una esistenza tutto sommato non lunga, così abbondanti segni del suo valore che di lui si continuano ad apprezzare le opere un secolo dopo.