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Casier, trovato l'autore di due dipinti

Gli affreschi del presbiterio della chiesa parrocchiale dei santi Teonisto, Tabra e Tabrata sono del veneziano Tomaso Cassani Bugoni

11/09/2021

Appariva finora ignoto l’autore dei due affreschi che si osservano nei riquadri in stucco posti sulle pareti del presbiterio della chiesa parrocchiale dei santi Teonisto, Tabra e Tabrata di Casier, il magnifico edificio sacro che sorge sulle sponde del Sile in un contesto scenograficamente pregevole. Si tratta di due grandi quadri realizzati a fresco, raffiguranti rispettivamente “La cena dell’Agnello pasquale nell’Antico Testamento” e sul lato opposto “L’Ultima Cena” (nella foto di Paolo Cecchetto), ideati non v’è dubbio con finalità catechetiche, per trasmettere il concetto della continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento, reso evidente nelle parole di Cristo col sermone del monte: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» (Matteo, 5,17).

La lettura della firma, visibile sulla base destra di una delle due scene, veniva sciolta come Tommaso di Casa Bugoni, un nome di pittore veneto - si diceva - del tutto sconosciuto.
I due volumi già pubblicati sulla storia della chiesa parrocchiale si limitano a riferire questa amletica firma, accompagnata dalla datazione 1756, anch’essa ben leggibile. Così fecero i co-autori Adriano Dotto e Giovanni Battista Tozzato in “Casier e Dosson nella storia” (1988, pp. 52 e 55) e così poi ripeté Adriano Dotto nel volume sulla chiesa parrocchiale edito nel 2009 (p. 19).

Ora siamo invece in grado di dare il nome esatto dell’artista che realizzò le due opere, con qualche precisazione biografica.
Si tratta di Tomaso Cassani Bugoni (1696/1700 - Venezia 1767). Come Tommaso Bugoni risulta registrato nella Fraglia dei Pittori di Venezia dal 1734 al 1767, anno della morte.

Nel “Rollo de tutti li pittori” del Collegio dell’arte iniziato a compilare nuovamente nel 1724 e che si continuò ad aggiornare fino al 1728 l’artista è registrato come Tomaso Cassani, nella categoria dei “pittori contribuenti che non sono matricolati” e si legge che risiedeva a San Stae, aveva 28 anni ed era senza figli; pertanto la sua nascita va posta nell’arco degli anni 1696-1700.

La corretta attribuzione delle due opere di Casier è stata agevolata dall’avvenuta recente ripubblicazione anastatica di un’opera botanica, la “Istoria delle piante che nascono ne’ lidi intorno a Venezia” di Gian-Girolamo Zannichelli, edita postuma nel 1735, ora ristampata anastaticamente da De Bastiani Editore. Le 311 tavole calcografiche delle piante realizzate per il volume furono incise proprio da questo artista veneziano, che si firmò con una tavola finale, nella quale si legge “Tomaso Cassani Bugoni Inc:”.

Ora è pertanto possibile superare l’equivoca “Casa Bugoni” e risulta facile procedere nella conoscenza dell’artista veneto, che ebbe la commissione delle due scene per il coro della chiesa di Casier.

Già Anton Maria Zanetti, nel quinto tomo dell’opera “Della pittura veneziana e delle Opere Pubbliche de’ veneziani maestri” (Venezia, 1771, V, p. 483), delineò un primo catalogo delle sue opere, segnalando quelle presenti nella città lagunare: nell’oratorio di S. Maria della Consolazione una “Beata Vergine con angeli che spargono rose”, nella chiesa dei santi Gervasio e Protasio un dipinto con “Cristo nell’orto”, nella chiesa dei santi Simone e Taddeo una “Sacra Famiglia”, in quella di Sant’Antonino un dipinto con vari santi, nella Scuola di San Teodoro un affresco con l’ “Eterno Padre e angeli”, le “Quattro virtù teologali”, i “Quattro evangelisti” e il soffitto con “San Teodoro presenta Venezia alla beata Vergine”; nella chiesa del Santo Sepolcro Tomaso Cassani Bugoni dipinse sul soffitto la “Resurrezione di Cristo con i quattro evangelisti”, nella chiesa di Sant’Eufemia alla Giudecca l’ “Eterno Padre coi santi Caterina e Domenico”, in San Matteo realizzò un quadro per l’altare del Crocifisso con “la Concezione con i santi Giobbe e Antonio da Padova”, nella stanza delle adunanze della pubblica Accademia esisteva un suo dipinto con “La Prudenza che ripara i danni del Tempo”.

Federica Vettori, in un suo saggio recente, attribuisce a Tomaso Cassani Bugoni anche i dipinti “di carattere piuttosto accademico” eseguiti a grisaille alle spalle delle cantorie dell’oratorio della chiesa veneziana di S. Maria della Fava, dove fin dal Seicento aveva trovato sede la congregazione di San Filippo Neri (si tratta di due serie di tre finti quadri incorniciati per lato).

Nel medesimo oratorio - secondo quanto scriveva nel 1771 Anton Maria Zanetti - il Bugoni aveva dipinto pure il soffitto.
Infine va segnalato che una pala d’altare con la “Sacra Famiglia” presente nella chiesa sul Canal Grande di San Simeon Piccolo realizzata nel 1756 riporta anche il nome di Tommaso Bugoni come “ispiratore” di Lorenzo Tognolo.

Quale rilievo sia da dare poi ad attribuzioni per il Cassani Bugoni in opere provenienti dal mercato antiquariale non è possibile dire, poiché la sola immagine che appare nel web, ad esempio nel caso del pastello su carta con il “Ritratto di fanciulla in costume di villanella”, non consente di pronunciarsi, in assenza di adeguati riscontri diretti.

Tomaso Cassani Bugoni oltre a esercitare come pittore e incisore, lavorò pure come scenografo; sue furono le scene per La ninfa Apollo di Francesco Lemene con musiche di Baldassarre Galuppi (teatro San Samuele di Venezia, 1734), per l’ “Aristide” e per la “Griselda” di Carlo Goldoni, dramma in musica di Antonio Vivaldi rappresentati nel 1735; il pittore-scenografo usò in quella circostanza lo pseudonimo Cassiogono Tambusi.

A ben osservare le sue opere, specialmente i due affreschi di Casier, non si tratta di un artista di elevata qualità e le sue composizioni risentono di un’impostazione accademizzante, benché il Moschini scrivesse nel 1815 nella sua “Guida” che “dipingeva degnamente in Venezia sua patria”; tuttavia, la scoperta dell’esatta attribuzione contribuisce a incrementare il catalogo dell’artista e a divulgare con migliore conoscenza un aspetto culturale di una delle nostre chiese più belle, che si affacciano sulle acque dell’argenteo Sile, come lo definiva Giosuè Carducci.

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