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Casa Giavera: lanciato da La Esse un crowdfunding per i lavori nella struttura di accoglienza e servizi


Il crowdfunding lanciato da Casa Giavera, struttura di accoglienza e servizi, in una settimana ha raggiunto il 52% dell’obiettivo: una partenza col turbo verso i 12 mila euro necessari. Crowdfunding, (crowd, massa; funding, finanziamento) è una parolona per un concetto semplice: donazione di piccoli importi in favore di un progetto. E il progetto è chiaro: demolire una parete della cucina, sostituire il pavimento, rinnovo impianto elettrico e termico, nuova porta e tinteggiatura. Tra i fornelli ognuno ritrova il proprio paese lontano, impara usi di altri luoghi, sente la necessità di condivisione con l’esterno, condivisione resa concreta dal corso di cucina tenuto a Nervesa dai ragazzi di Casa Giavera, frequentato da molte persone del luogo e culminato in una cena al centro Polifunzionale. Ora i giovani hanno aggiunto ai loro obiettivi anche il sogno di un locale spazioso, aperto alla comunità. Da qui l’idea del crowdfunding “Abbattiamo il muro”, uno strumento finanziario che coinvolge il tessuto sociale e fa perno sulla sensibilità della nostra gente, espressa anche dai volontari aumentati con l’emergenza Ucraina, tanto da costituirsi nell’associazione Yalla, presieduta da Chiara Viganò. “Ora i 21 volontari, un numero in crescita - dice Chiara -, sono un sostegno per la Casa e una risorsa per altre necessità del territorio”. A ristrutturare i servizi igienici ha pensato la Diocesi, per il rinnovo della cucina, invece, la cooperativa La Esse, che gestisce la struttura, e i volontari hanno scelto questa richiesta di partecipazione, che trova presenti anche coloro che sono già usciti dalla casa.
Casa Giavera, che colloca il rispetto al primo posto, compie 35 anni di impegno per persone “bisnent” (i due volte niente, ndr). La vecchia canonica aveva già chiuso le imposte, ma nel 1990 la Diocesi le spalanca per accogliere i primi migranti, con l’approvazione del parroco don Gianni Scroccaro. L’anno dopo trovano un alloggio temporaneo alcuni albanesi sbarcati a migliaia sulle nostre coste. Nel tempo viene convertita in struttura per richiedenti asilo. “Dal 2019 - afferma Francesca Dettori , coordinatrice del progetto - abbiamo cominciato a operare per le nuove emergenze, in particolare con le persone che vivono in condizioni di sfruttamento lavorativo. Sono 19 gli ospiti che possono essere accolti”.
Li aspetta un percorso di formazione, apprendimento della lingua, conoscenza del territorio e delle regole che lo governano, regolarizzazione dei documenti. Quando il cammino è completato, il migrante è pronto per la propria autonomia, può uscire e lasciare spazio a un nuovo arrivato. Ed ecco ancora uno sgambetto del destino: ora che ha lavoro regolare e possibilità economiche, non trova casa. C’è, in realtà, un esempio che può diventare contagioso: a Camalò due di questi ragazzi hanno in affitto un’abitazione della parrocchia.
È sera in Casa Giavera, la cena è consumata. Lo dicono i profumi di spezie, lo confermano i silenzi, lo ribadisce quell’unico giovane ai fornelli. Un ragazzo del Marocco, 27 anni, sta imparando le regole della sicurezza sul lavoro. Ha appena avuto un contratto a tempo indeterminato da un’impresa edile: lo comunica con la luce degli occhi che imperla il viso e scioglie un sorriso. C’è chi è stato assunto come magazziniere e chi nella produzione in fabbrica; due giorni fa, il contratto l’ha ottenuto un altro giovane di 20 anni.
Partecipare al crowdfounding è semplice: www.ideaginger/it/ progetti/abbattiamo-il-muro.