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Arte: ecco sei nuovi busti di Sartor

Scoperte inaspettatamente nell’appartamento vescovile a Padova nuove opere. Ritrovamento avvenuto proprio mentre a Cavaso del Tomba sta per uscire un libro su questo scultore nato nel 1865. Per le opere, di proprietà del card. Giuseppe Callegari, gli autori faranno un’appendice appena possibile

Tutto si sarebbe aspettato mons. Lucio Bonora tranne che di trovarsi di fronte a sei busti “inediti”, opera di Francesco Sartor, trevigiano di Cavaso del Tomba. Mons. Bonora, instancabile ricercatore delle immagini di Pio X, con il direttore del museo diocesano di Padova, il dottor Andrea Nante, appena li ha visti lassù in alto, sulla parete dell'anticamera dell’appartamento vescovile, ha colto subito la stranezza di quella raccolta. Perché questi busti tutti assieme? Perché il cardinale Giuseppe Callegari si era circondato di questi busti? E soprattutto di chi erano? Da sotto era difficile capire: la polvere e la distanza nascondeva le espressioni e eventuali firme dell’autore. Alla fine il dottor Nante ha deciso di salire con la scala ed ecco la scoperta: cinque dei sei busti portavano la firma “F.Sartor”.

Proprio mentre a Cavaso del Tomba sta per uscire un libro su questo scultore nato nel 1865 nella terra di Canova, si scoprono sei nuove opere. “Il libro contiene la biografia e il catalogo integrale - conferma uno dei curatori, Floriano Sartor -. Ormai siamo alla stampa, per queste opere faremo un’appendice non appena possibile”.
Sui gessi e le sculture neoclassiche di Canova si è formato Sartor, alla scuola di Tonino Pasin prima e poi inevitabilmente a Venezia, nello studio dello scultore Augusto Benvenuti. Sartor ha un tratto particolare, veristico, meno aereo di Canova, e non disdegna di raccontare, come faceva Noè Bordignon in quegli stessi anni, la gente comune: il contadinello o l’anziana signora. La sua capacità di tracciare, attraverso lo sguardo, l’animo intimo del personaggio lo rende un ritrattista unico. Di lui si ricordano i busti dedicati a Pio X di cui sposò la nipote nel 1905.

I sei busti ritrovati a Padova erano proprietà del cardinale Giuseppe Callegari, veneziano, vescovo di Treviso nel 1880, poi di Padova dal 1882. La raccolta fu organizzata seguendo le tappe delle sua vita sacerdotale.
Prima il vescovo Luigi Trevisanato che lo ordinò prete nel 1863, sotto il pontificato di Pio IX, anche questo rappresentato nella raccolta. Poi troviamo il busto del patriarca Domenico Agostini, che lo ordinò vescovo a Treviso, poi il busto di papa Leone XIII sotto il cui pontificato è stato nominato vescovo, infine il busto di Pio X che lo elevò al rango di cardinale nel 1903.

Di Sartor sono state finora censite 140 opere grazie al lavoro del Comitato storico di ricerca, raddoppiando il numero delle opere che erano note a monsignor Fantuzzo, primo biografo di Sartor.
Nella Pedemontana sono moltissime le attestazioni della sua opera, da Riese Pio X, alla Cendole, ad Altivole, Possagno e, naturalmente, a Cavaso. Si trovano sue opere in Seminario vescovile a Treviso, a Zero Branco e in altre località. La vicinanza con papa Pio X lo portò ad avere commesse anche a Roma. La mostra a villa Premoli a Cavaso del Tomba, lo scorso maggio, ha gettato un po’ di luce su questo autore, non ancora valorizzato a sufficienza, di cui si ricorda anche la straordinaria vicenda umana.

Fu, tra l'altro, protagonista del salvataggio dei gessi del Canova durante la Prima guerra mondiale e per il suo paese e la Pedemontana, dedicò molte energie, sia con l'attività sociale che politica.

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