Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
A Cornuda con l'associazione "Un ponte verso" tante occasioni di accoglienza
Le esperienze di accoglienza, apertura, dialogo della comunità di Cornuda: dalla prima famiglia siriana fino alle donne ucraine e ai loro figli in fuga dalla guerra. Non senza difficoltà, ma sempre con una convinzione: solo insieme si può.
Prima è arrivata una famiglia siriana della martoriata città di Idlib, in fuga dalla guerra; poi un altro nucleo di Damasco, due bambini piccoli con gli occhi grandi in braccio a mamma e papà. Dopo è stata la volta di attenzionare il gelo dei diritti lungo la Rotta Balcanica, il disastroso terremoto di Haiti, la drammatica situazione della città etiope di Adigrat. E nei giorni più recenti sono giunte le profughe ucraine, donne, con i loro figli, scappate dalle bombe di Kiev o di Kherson.
Ne ha vissute la comunità di Cornuda in questi anni di esperienze di accoglienza, apertura, dialogo, non senza difficoltà di ogni tipo, ma sempre con una chiara convinzione: solo insieme si può. “La stima, l’amicizia, la fiducia, la trasparenza ci hanno permesso di non perderci mai d'animo, di trovare soluzioni a problemi a volte semplici, altri molto più complicati, di festeggiare e ringraziare per i legami che si sono consolidati e che hanno saputo creare inclusione” racconta Gianni Sardella, presidente dell'associazione “Un ponte verso”, nata 6 anni fa per favorire esperienze di accoglienza e di integrazione oltre che sostegno a quanti, vicini o lontani, vivono situazioni di grave fatica. Insieme si sono aggregate tante altre realtà di un territorio ricco di storia dell’impegno sociale e del volontariato: Acli, Azione Cattolica, Scout, associazione San Martino, gruppo missionario e Caritas, Movimento per la vita, Oratorio Noi, suore missionarie del Pime. “«Un ponte verso» è stato un attivatore di comunità, una sorta di miccia che accende l'accoglienza possibile solo grazie al contributo di tutti - conferma Sardella -. Le persone che ne fanno parte sono stati i nodi fondamentali di una rete che non si è solo riconosciuta attorno ad una esperienza, ma di più ha stretto una solida alleanza”, per mettere nella comunità segni concreti di pace, di solidarietà, di attenzione e cura verso le situazioni che da noi e nel mondo interpellano le nostre coscienze.
Sei anni fa, quando arrivò la prima famiglia siriana, attraverso i corridoi umanitari creati dalla Comunità di Sant'Egidio, le difficoltà furono davvero molte, legate all'inesperienza, allo scontro tra aspettative e realtà, alla diffidenza di tanti, alla complessità del dramma nel dramma: la fuga dalla guerra. “Grazie a loro, e alla famiglia che arrivò dopo, sempre dalla Siria, abbiamo compreso quanto sia importante partire dalla costruzione di una relazione di fiducia, fatta di ascolto, empatia, amicizia. Poi, serve spiegare bene “le regole del gioco”, cioè come si vive in Italia, come funzionano la sanità, la raccolta differenziata, la scuola”. Inevitabilmente, a questo punto la necessità di conoscere la lingua italiana diventa una urgenza, cui fa seguito il lavoro e la casa. Non poca roba, si direbbe, che ora i volontari di “Un ponte verso” stanno rimettendo in gioco nell'accoglienza di 9 persone di origine ucraina, giunte nel mese di marzo nella struttura, ai piedi della Rocca di Cornuda, delle suore missionarie del Pime. Donne e bambini, anche in questo caso, che fuggono dalla guerra con tutto il loro bagaglio di sofferenza, paura, fatica di immaginare presente e futuro. “Tante persone ci hanno aperto le porte e ci hanno aiutato, professionisti e uomini di buona volontà, anche di origine straniera, giovani e anziani - racconta ancora Gianni -. Quando abbiamo lanciato delle iniziative per la Rotta Balcanica o per Haiti o per Adigrat la generosità della gente si è fatta sentire: la collaborazione tra le nostre realtà del territorio ha permesso davvero un salto di qualità e un risultato, anche economico, importante”. L’attenzione alla prossimità è senza dubbio culminata nella serata per la pace che si è tenuta a febbraio, non appena è scoppiata la guerra in Ucraina: la partecipazione è stata altissima, la gente ha seguito le riflessioni proposte sul sagrato, segno di una chiesa in uscita che riconosce il fatto che “la pace è di tutti”.
“Le persone si riuniscono attorno a cose concrete, contribuiscono secondo le proprie capacità a supportare idee e progetti comuni. Questo abbiamo capito bene a Cornuda e «Un ponte verso» è stata solo l'occasione per vivere l'esperienza di una comunità accogliente”.