sabato, 07 settembre 2024
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Salve le banche, non i risparmiatori

Con le banche popolari venete sono andati bruciati anche fiducia, solidarietà economica e imprenditoriale, laboriosità, oltre al sogno di progresso personale, familiare e comunitario.

Oggi il risparmio popolare veneto si presenta come un deserto. Ne è stata distrutta la vita. Le Banche popolari venete non esistono più: un secolo e mezzo di ricchezza sono stati spianati da Attila nostrani, i flagelli del nostro risparmio. Il delirio di onnipotenza, l’ingordigia, la spregiudicatezza di pochi (veneti) hanno schiacciato un popolo di formiche. Ridono e se la spassano in pochi; piangono in tanti: più di 200 mila.
Sono state salvate le banche dal fallimento, si sono messi al sicuro banchieri con la loro famiglia, ma non ci si è preoccupati del risparmio di decine di migliaia di famiglie, che più non tornerà. Sarà dura vederlo rifiorire. Sono stati bruciati non solo i risparmi,  ma la fiducia, il senso del dovere, il sorriso, la serena compostezza, la solidarietà economica e imprenditoriale,  la laboriosità, il sogno di progresso  personale, familiare, comunitario dei veneti.
Addio mitico Nord Est. Le conseguenze culturali, sociali, occupazionali, economiche, psicologiche peseranno per molti anni. Prova tu a dire a un ragazzo di risparmiare per il suo domani, quando ha visto piangere il papà che è stato derubato dalla banca di tutto quello che aveva e sul quale contava per il suo futuro e il futuro dei figli?
Un collega giornalista mi ha raccontato la sua sofferenza di papà che aveva messo in azioni di Veneto Banca un discreto gruzzoletto per gli studi del figlio, prossimo all’Università. “Papà, mi ha detto, grazie per le azioni, ma adesso che ne faccio? Sono carta da buttare. Avrò ancora la possibilità di studiare?”. Non l’avrà, almeno come sognava.
Ha colpito la storia dei genitori di una ragazza handicappata: tutti i risparmi di una vita virtuosa messi in azioni della Popolare di Vicenza per la figlia handicappata. Perché potesse essere assistita e curata, una volta che fosse rimasta sola.  Risparmi annullati,  figlia senza più niente. Che assistenza e cure avrà?
Ho visto piangere un pensionato, prossimo agli 80 anni, davanti alla storica sede di Veneto Banca, nel cuore di Montebelluna, perché aveva perso tutto e non poteva più contare sul risparmio messo da parte per poter vivere decorosamente gli ultimi anni: si riteneva “ricco” con una modesta pensione supportata da poco più di 50 mila euro in azioni. Si sentiva umiliato e disastrato.
Storie drammatiche. Risparmiatori ingannati, truffati, illusi, raggirati, traditi dalle loro banche che pensavano “sicuro salvadanaio” e che malfattori (chi male agisce) spregiudicati, cinici, bulimici e bari hanno infranto.
A tutto questo si aggiunga la beffa dell’impunità, almeno finora, di quanti hanno  ridotto in cenere tante risorse. Si disperdono (uno più, uno meno) dieci miliardi di euro  e nessuno (almeno finora) ha pagato o è stato “invitato a pagare”.
Mentre un giovane meccanico di Castelfranco Veneto, lavoro precario, tentava disperatamente di “farsi restituire” dalla banca i soldi che gli aveva bruciato (distruzione del valore delle azioni), un mega esponente dello storico consiglio di amministrazione della stessa banca tranquillamente camminava per i boschi del Montello per mantenersi in forma. Il meccanico venne subito bloccato, posto agli arresti e condannato.  
Giustizia velocissima per un giovane meccanico, mentre si sta ancora discutendo se è il caso o no di far pagare i danni a chi ha distrutto le banche popolari venete, a chi ha “dilapidato” i piccoli risparmi di pensionati, di artigiani, di contadini, di gente del popolo, sana, onesta, laboriosa, che  credeva nella sacralità laica delle sue popolari.
Eppure, per i “responsabili” di tanto disastro bancario le accuse sono pesantissime; ci sono, a proposito, rapporti, relazioni, dichiarazioni pubbliche, indiscrezioni che dicono che c’è un letamaio sotto i tappeti pregiati. Sono stati presentati e messi al voto bilanci taroccati e carte truccate; sono stati ostacolati i controllori, sono stati favoriti i soliti  compagni di merende. Non si accusino i soci di avere votato bilanci e dirigenti. Come potevano i poveri risparmiatori non votare quello che veniva annualmente presentato in termini altamente positivi, garantito “da timbri” di revisori dei conti, di sindaci, di grandi professionisti, di Banca d’Italia, dell’Associazione bancaria, della Consob?
I nostri “Attila” del credito, racconta chi ha avuto occasione di avvicinarli, ostentano sicurezza, confidando nella lunghezza della giustizia, nella bravura degli avvocati, nelle amnistie che verranno, nelle buone relazioni di tanti amici conniventi. “Can no magna can”, come è bello e come è vero il detto popolare veneto nella sua essenzialità espressiva e nella ricchezza di significati.
“Lo so - scriveva Pierpaolo Pasolini -, ma non ho le prove”. Lo so, tanti lo sanno, ma non hanno le prove, perché queste sono ben custodite in forzieri  che familistiche connivenze e reciproci ricatti rendono inviolabili. E, intanto, direttori, dirigenti e grandi funzionari continuano a ricevere compensi stellari. Crollano del 99 per cento le azioni delle banche da loro condotte, ma non sono toccati  stipendi, privilegi, prebende.
La politica veneta in tanta emergenza bancaria ha mostrato tutta la sua vaporosità: si è ben guardata dal fare qualcosa di concreto e operativo, salvo qualche generico balbettio, pietoso per i toni e l’inconsistenza. Bruciano i soldi dei veneti, ed i politici veneti sembrano non accorgersene. Spettatori distratti.
Tacciono le organizzazioni imprenditoriali e professionali, a partire dagli Industriali e Artigiani. Dove erano e dove sono? Eppure dentro le banche collassate c’erano loro, con  i loro uomini di punta. Renzi può piacere o no, ma è stato la sola voce che si è alzata chiara e forte, sia pure  con molto ritardo, per dire che chi ha sbagliato deve pagare. Deve pagare per rispetto anche di chi è stato truffato.

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