venerdì, 17 maggio 2024
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Migranti: da noi come in Libia? Uno spunto di riflessione

Quando ho sentito la norma del decreto governativo pubblicato il 22.9.2023 sulla Gazzetta ufficiale circa la “cauzione” di 5.000 euro che un migrante arrivato irregolarmente in Italia, con i barconi o per la rotta balcanica, deve versare per non essere internato nei Centri di permanenza per il rimpatrio, e poter attendere in libertà l’espulsione e il rimpatrio obbligato, ho rivisto la scena in cui un sedicente “mediatore” terrorizza i migranti sequestrati in prigione all’arrivo in Libia dal Sahara

Forse anche chi legge queste considerazioni sarà andato a vedere “Io capitano”, il celebrato e recente film che narra, tra la realtà e qualche accenno di fiaba, il percorso di un ragazzo senegalese di sedici anni verso l’Europa e l’Italia. Quando ho sentito la norma del decreto governativo pubblicato il 22.9.2023 sulla Gazzetta ufficiale circa la “cauzione” di 5.000 euro che un migrante arrivato irregolarmente in Italia, con i barconi o per la rotta balcanica, deve versare per non essere internato nei Centri di permanenza per il rimpatrio, e poter attendere in libertà l’espulsione e il rimpatrio obbligato, ho rivisto la scena in cui un sedicente “mediatore” terrorizza i migranti sequestrati in prigione all’arrivo in Libia dal Sahara. Dice loro che non sono nelle mani della polizia, ma della mafia libica, e rimarranno in carcere se non pagheranno 4.000 dollari. Ed è sufficiente che gli diano il numero di telefono di casa, penserà lui a chiamare i loro parenti per organizzare questo giro di denaro necessario per essere lasciati liberi. Altrimenti rischiano di esser torturati, come accade a quelli che gridano dalla cella accanto... Mi sconvolge che in un Paese democratico, nel mio Paese, un decreto del Governo possa imporre norme per certi aspetti simili. E appena un giudice dichiara illegittimo un tale provvedimento, subito un ministro di questo Governo salta su a dire che bisognerà metter mano con urgenza a una riforma della Giustizia.

Al di là di un’analisi puntuale sulla dubbia efficacia e legittimità dei provvedimenti governativi finora messi in campo in merito, e sui loro costi umani ed economici, mi pongo fin da ora due domande su cui sarebbe urgente riflettere, rimandando a un altro intervento il loro approfondimento: la prima, se abbiamo conoscenza della situazione che si sta creando sul bordo d’Europa, quali ricadute sul piano umanitario e sulle relazioni tra i vari Stati avvengano quando i confini vengono esternalizzati, cioè delegati ad altri, a sud, alla Libia in pieno caos istituzionale, oppure a est, con la Turchia, e non solo.

La seconda domanda: abbiamo consapevolezza, noi gente d’Italia, dell’urgenza che una crisi demografica senza precedenti ci impone, per cui abbiamo immediato bisogno di uomini e donne che possano ora, e non fra vent’anni, sostenere con il proprio contributo lavorativo e sociale la nostra sempre più fragile organizzazione socioeconomica (non solo pensioni, ma anche sanità, scuola, sicurezza, fino alla raccolta e allo smaltimento delle immondizie), considerando che provvedimenti strutturali, ancora di là da venire, chiedono comunque almeno vent’anni per portar frutto? Certamente a patto di creare a chi arriva condizioni di inserimento nel lavoro e nella società, per contrastare la percezione di insicurezza e paura dilaganti.

A margine, un’ultima domanda che riguarda il nostro agire quotidiano: tra quelli che hanno apprezzato il film “Io capitano”, qualcuno ha avvertito poi la curiosità, il bisogno, di andare a incontrare coloro che quell’esperienza l’hanno vissuta in prima persona, ospiti nelle case di accoglienza del nostro territorio o che possiamo incrociare per le strade dei nostri Paesi? La pur importante narrazione cinematografica rischia di esser troppo presto dimenticata, insieme ai mille stimoli cui siamo sottoposti. Forse, invece, i volti e le storie incontrate faccia a faccia possono produrre semi di reale cambiamento per una riflessione altra, per un diverso modo di affrontare la questione. (*direttore diocesano Migrantes)

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